lunedì 28 dicembre 2015

Poveri, curiosi, perditempo, girovaghi

Qualche giorno fa mi stavo informando su come era andato il ritiro di un gruppo delle medie, così due educatrici, per farmi uno scherzo, mi hanno mandato il seguente messaggio: “Ciao don! Il ritiro è andato malissimo...uno è caduto e  l'abbiamo dovuto portare all'ospedale e la mamma ha detto che ci vuole far causa...e gli altri erano ingestibili! È stato un disastro. Siamo stanchi e non vogliamo più fare catechismo così!!! Da gennaio dovrete cercare altri catechisti”.
Non vi nascondo che mi è venuto un colpo, immediatamente per il ragazzo che si era fatto male, subito dopo per cercare di capire e sostenere gli educatori in questo loro impegno. Una telefonata, ha presto svelato il tutto, si è trasformata invece in una comunicazione fruttuosa del bene emerso stando via con i ragazzi, di quanto di gustoso si possa cogliere attraverso loro.
Qualcuno potrebbe stupirsi del come mi sono fatto fregare così semplicemente, può essere, o forse perché nella mia esperienza è capitato di accompagnare educatori messi duramente alla prova dal confronto con i ragazzi. È in particolare a loro che voglio rivolgere questa Parola.

domenica 20 dicembre 2015

Non è solo un cappotto

Un giorno una ragazza in gamba della mia parrocchia si presenta da me per una questione di difficile decisione. Sua nonna le ha regalato dei soldi per comprarsi un cappotto, ma lei ce lo ha già e non ne ha bisogno. Così mi parla anche dei suoi stivaletti, che gli sono stati regalati e che ha scoperto solo dopo di essere stati prodotti sfruttando la manodopera di paesi in via di sviluppo.
Qualcuno potrebbe sorridere di fronte a tutto questo, dicendo che ci sono ben altri problemi più grandi da affrontare, potrebbe etichettare il tutto come questioni un po’ banali. Ognuno dica quello che vuole, spero che però tutti colgano l’impegno nella ricerca messo da questa giovane amica in campo.

lunedì 14 dicembre 2015

Il Gruppo-Corpo e la sua “personalità giuridica”

I miei studi di diritto mi hanno insegnato che una persona in quanto tale è titolare di diritti e doveri, studiando ho scoperto che anche altre attività, economiche e non solo, acquistano un essere “persona” in senso giuridico, ciò permette loro di non muoversi come semplici singoli, ma di far nascere una nuova realtà che possa essere anch’essa titolare di diritti e di doveri, quindi essere riconosciuta come esistente a tutti gli effetti con una propria personalità giuridica.
La mia esperienza accanto ai ragazzi mi ha insegnato che ogni persona ha una propria storia di vita, merita di essere incontrata e conosciuta, occorre coinvolgerla ascoltando la sua opinione riguardo le cose che la riguardano o altro che la interessi. In questi anni, stando alla scuola dei ragazzi (che sono attimi maestri se li si sa ascoltare) ho piacevolmente scoperto che non solo i singoli meritano questa attenzione, occorre impegno e coinvolgimento anche per le realtà che contribuiscono a formare con la loro presenza. Un gruppo infatti non è solo la somma dei propri membri, ma è la nascita di una realtà che ha una propria personalità, un pensiero, uno stile e molto altro; insomma ha una sua personalità.
All’inizio del nuovo anno pastorale, arrivato in una nuova realtà di parrocchie che camminano insieme, incontrando gli educatori, ci siamo messi a parlare dei ragazzi, dei vari cammini, delle forze a disposizione. Ho deciso, vista la situazione, di procedere ad unire due gruppi; i numeri lo permettevano, erano venuti a mancare gli educatori di uno dei due, avevano fato l’esperienza estiva insieme. Tutto sembrava semplice e lineare, noi adulti eravamo d’accordo e ci sembrava di aver fatto un buon lavoro; mancava però una cosa e lo scoprimmo presto proprio grazie ai ragazzi. C’eravamo infatti dimenticati qualcuno.

domenica 6 dicembre 2015

Il poco serve al tanto, il nulla per l’eterno

Gesù ha un passo da grande camminatore e non gira mai da solo. Un giorno, durante uno dei suo soliti viaggi per la Galilea, comincia ad affrontare la salita di quel monte (una collina in realtà) che per tante volte ha attraversato.
A un certo punto si ferma, si sente più solo del solito, si accorge di star parlando sempre con i soliti e che nessuno di nuovo propone nuove questioni. Si gira, così si accorge che quelli che fino a poco fa erano stati suoi compagni di viaggio, ora sono distanti, quasi all’orizzonte. Si rende conto che il proprio passo non è adatto per loro, ma solo per pochi sani e giovani che ora si trova attorno. Gli altri sono zoppi, storpi, ciechi, sordi, malati. Chi li accompagna arranca lungo quella salita semplice per quelli che erano rimasti al passo con Gesù, ma difficile per chi si era fatto carico di altri, immaginiamoci poi quanti non avevano nessuno che li aiutasse.

lunedì 30 novembre 2015

Schiavi o liberi

Tempo fa ho partecipato con alcuni ragazzi a un incontro con orientamento vocazionale, in esso veniva presentato in generale la necessità di doversi mettere in ascolto della volontà di Dio e come essa si possa confrontare con quanto desidero ognuno per sé.
Mi fece ricordare un dialogo avuto con un ragazzo, si era molto arrabbiato con la propria educatrice, durante un incontro che trattava del progetto di Dio sulla vita di ciascuno, aveva probabilmente eccessivamente calcato su questo senza prestare attenzione a chiarire il ruolo nostro nel realizzare il piano.
Questo ragazzo mi chiedeva: se devo ascoltare Dio e fare quanto mi chiede, cosa mi rimane da fare? Capisco la domanda, gli risposi che gli rimaneva da fare tutto, perché ogni cosa passa anche attraverso la nostra libera adesione a un progetto che si compie solo insieme.

domenica 22 novembre 2015

Distinguere tra chi è maleducato e chi invece è educato al male

Qualche giorno fa ho avuto un incontro interessante con un educatore della mia comunità, vuole molto bene ai giovani, eppure l’ho trovato in un momento in cui si lamentava, preoccupato e pessimista, della situazione dei giovani di oggi che vede peggiorata rispetto al passato. In particolare si riferiva, con tanto di esempi, alla mancanza del senso del limite e nel non saper riconosce e rispettare l’autorità dell’adulto.
Posso essere d’accordo con lui su questi ultimi due aspetti, ma non ne traggo una conseguenza necessariamente preoccupante; non voglio essere buonista e far finta di niente, ma neanche limitarmi al lamento: cosa posso fare? L’entrare in ottica propositiva, che conosce che sarebbe bello che i giovani fossero diversi, ma visto che sono così si impegna accanto a loro.

lunedì 16 novembre 2015

Il viandante anonimo

Mi capita spesso soprattutto d’estate, nei pomeriggi di oratorio, di partecipare a discussioni infinite su cosa poter fare la sera. Che ci si trovi in un piccolo paesino o in una città, la cosa non è semplice da decidere, c’è sempre chi fa notare che si fanno sempre le stesse cose, c’è voglia di novità, di provare, di sperimentare. Una cosa che accomuna tanti adolescenti è che, se sai coinvolgerli, saltano su volentieri e con entusiasmo alle tante iniziative loro proposte. Si creano delle aspettative alte, questo dice la bellezza del desiderio con il quale cominciano, ma anche la grandezza della delusione nel caso il tutto non dovesse realizzarsi. In tanti ragazzi c’è una forte curiosità per tutto ciò che profuma di bello e di vero, e a chi non riesce a buttarsi a capofitto in una esperienza, serve la possibilità di essere messo nelle condizioni di affacciarsi al tutto anche un po’ di traverso.

martedì 10 novembre 2015

Meravigliarsi

Sempre più spesso mi capita di incontrare giovani che riassumono lo stato della propria fede nello slogan “Dio sì, Chiesa no”. Senza generalizzare voglio parlarvi dell’incontro vissuto con uno di loro.
Alessandro è cresciuto in una famiglia credente, presente nella vita pastorale della parrocchia del luogo che è molto attiva, frequentando il gruppo scout. Pian piano ha lasciato tutto, i metodi usati per la trasmissione della fede non lo convincevano più, li sentiva pesanti, notava una sempre crescente distanza tra quanto predicato e quanto vissuto: non metteva in dubbio l’esistenza di Dio, ma la pratica così come gli era stata insegnata, insieme anche a un certo modo di far passare i valori come un qualcosa che imprigiona invece di essere liberante. Alessandro però non è cieco, non ha perso il gusto del vero. Un giorno passammo da una Casa della Carità, luogo dove suore e laici cercano di fare casa con persone svantaggiate e disabili. Mi disse: è in luoghi come questi che si dovrebbe fare catechismo; qui porterei tranquillamente i miei amici che come me hanno lasciato la parrocchia e forse capiremmo meglio di cosa si tratta quando si parla di Dio.

lunedì 2 novembre 2015

Le tante famiglie in cui abita un ragazzo

Qualche tempo fa è venuta da me una madre angosciata a causa del figlio che aveva cominciato a girare con brutte compagnie, uno di questi era di un anno più grande, bocciato e fumava; il tutto lo dico un po’ sorridendo dentro di me, non volendo sminuire le preoccupazioni evidenti e il malessere della madre, ma pensando a quanti stereotipi ci tengono prigionieri. Il mio consiglio a questa madre è stato di invitare a pranzo proprio questo amico per conoscerlo meglio, lei ha strabuzzato gli occhi considerando che non solo vietava (inutilmente) a suo figlio di incontrarlo, ma addirittura erano in atto strategie di pedinamento dalla parte dei genitori alle quali si affiancavano quelle di fuga da parte del figlio. Dentro di me continuavo a sorridere, non delle persone coinvolte ma pensando a quanto troppo spesso il nostro impegno educativo con gli adolescenti rischia di invischiarsi in soluzioni tragicomiche che non portano da nessuna parte e fanno perdere tempo ed energie preziose impiegabili in altri modi. La situazione concreta che mi trovavo davanti era realmente fonte di disagio per tutti; le difficoltà reali non venivano tanto dalle frequentazioni del figlio e dai pericoli poco reali ad esse connessi, ma la sofferenza era causata da come si erano strutturate le relazioni e le strategie di azione. Il tutto si è concluso con una “sconfitta”, di una sola battaglia e non dell’intera guerra, io non sono riuscito a comunicare adeguatamente lo svelamento dei meccanismi di male che si erano instaurati sotto a tutto, la madre da parte sua non riuscì a fare un passo oltre i propri timori o almeno tentare di uscire dalla situazione invischiata nella quale ora ci si trovava.

lunedì 26 ottobre 2015

Di anno in anno senza stancarsi

Mi trovo all’inizio di un nuovo anno pastorale, riprendono le attività, mi trovo da quest’anno in alcune parrocchie nuove. Riunisco intorno a me i catechisti, ormai educatori, del gruppo che l’anno precedente ha “fatto la Cresima”. Da tutti sorge la domanda: quanti saranno? Si sa che in questo momento della vita dei nostri ragazzi, sono tante le domande che urgono, tanti gli inviti che si accumulano nel cuore, alcuni di essi portano lontano o da altre parti rispetto ai gruppi che si trovano in parrocchia. La stessa Cresima segna la fine del cammino di iniziazione cristiana e richiederebbe un nuovo inizio maggiormente consapevole nel rapporto con Dio, la cosa non è però scontata e tante cose riguardo a questo argomento vengono rimesse in discussione in una fede, non più basata su quello che altri mi dicevano di crede, ma su quello che a fatica ora i ragazzi riescono a capire e interiorizzare.

lunedì 19 ottobre 2015

La bellezza salverà il mondo

La bellezza è un tema di cui si parla poco, qualcuno direbbe che le riviste e la televisione non fanno altro che trattarne, in realtà neanche loro ne parlano, ma cercano piuttosto di aggregare le persone intorno a modelli scelti secondo i propri fini. Esempio stupido: se produco calze, non posso produrne un numero infinito, avrò un certo assortimento e ogni anno ne manderò fuori alcune nuove, sapendo che ognuno ha i propri gusti, dovrò convincere la gente che le calze che ho appena lanciato sul mercato sono belle e rendono belli, quindi cercherò di orientare la ricerca di bellezza perché venga saziata dalle calze che offro. Questo non è parlare di bellezza, ma è restringerne l’ambito, non è aiutare a farla fiorire, ma piegarla. Il mio discorso però non vuole essere contro nessuno, ma rimettere al centro un argomento delicato per la vita dei nostri ragazzi.

lunedì 12 ottobre 2015

Il dono delle lingue: linguaggi nuovi

Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: "Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? (At 2,5-7).
Qualche tempo fa ho incontrato un giovane appena maggiorenne, da ragazzo aveva frequentato il catechismo, ma arrivato alla quinta elementare aveva lasciato tutto, ora per via di dover fare da padrino a suo cugino stava frequentando il corso per adulti di preparazione alla Cresima, un gruppetto che mette insieme persone che desiderano ricevere questo sacramento.
Era un po’ che non lo vedevo, anche se non ci si era persi del tutto, in un paese come il nostro non è semplice cancellare le proprie tracce. Gli chiesi come stava, tra una cosa e l’altra arrivammo a parlare anche della preparazione alla Cresima, non lo vedevo molto convinto; arrivai a scoprire che la questione riguardava il fatto che capiva poco di quello che gli veniva detto.

lunedì 5 ottobre 2015

Carissimi genitori: se non voi, chi per voi?

Avere a che fare con un adolescente non è facile per nessuno, soprattutto per un genitore che ci abita insieme e che inevitabilmente vive ancora del legame con il bambino di una volta e la fatica a stare dietro al ragazzo di oggi. Le impostazioni famigliari sono veramente molto diverse, tante quanto sono le persone.
Capita spesso di incontrare genitori che si sentono in colpa, chiedendosi cosa hanno fatto di sbagliato, in seguito a certe scelte dei propri figli. Vedo due macro rischi in questo: non si considera che il figlio di oggi non è opera solo del loro contributo, ma anche dell'apporto della cultura nella quale sono cresciuti e delle scelte che diventando grandi hanno fatto proprie; secondo, si rischia di rimanere prigionieri del passato rimpiangendolo, invece di essere autori del presente, facendosi carico della situazione attuale e rinnovando il proprio impegno educativo.

martedì 29 settembre 2015

Educatori rimorchi o motrici?

Durante un incontro di educatori in oratorio, venne presentato un progetto che avrebbe dovuto coinvolgere i ragazzi trasversalmente, indipendentemente dai gruppi di appartenenza. Necessario era il ruolo degli educatori per accompagnare la cosa, pertanto prima di procedere ci cercò di verificare la loro disponibilità. Il tutto risultò interessante per verificare se la proposta fatta venisse portata avanti e sentita come propria anche se non rivolta solo ai propri ragazzi; in gioco c'era la capacità del gruppo educatori si sentirsi tale e di percepire il proprio servizio, se pur rivolto a gruppi specifici, come parte di una famiglia più grande che era la parrocchia.
Da parte dei più emerse una risposta fraintendibile che suonava così: ci stiamo  nella misura in cui ci stanno i nostri ragazzi. La cosa contiene sicuramente uno stimolo positivo perché fa emergere subito la disponibilità e il desiderio di accompagnare i propri ragazzi stando lì dove decidono di andare, di mettersi in ascolto di quanto desiderano facendosene carico; nonostante questo la cosa pur essendo bella non sembrava pienamente soddisfacente.

martedì 22 settembre 2015

Perdonare, che fatica

Un giorno mi è capitato di incontrare una ragazza che non viveva momenti facili in famiglia, scoprii poi che era una cosa che si trascinava ormai da anni e non coinvolgeva solo lei. Rimproverava alla madre scelte sbagliate e uno stile di vita di cattivo esempio nel quale cercava di coinvolgere le proprie figlie. Questa ragazza desiderava in modo forte, e le mancava, un punto di riferimento in sua madre, ma ormai ci aveva mollato. La convivenza era diventata impossibile, non si rivolgevano più la parola e faceva di tutto per stare fuori di casa, diceva di aspettare i diciotto anni per potersene andare. Ripeteva: non posso perdonare mia madre, ho provato a farlo ma non ce l’ho fatta.
Mi è già capitato di scrivere su temi simili. Il desiderio di riprendere in mano la questione è dovuto al fatto di incontrare sempre più ragazzi buoni, ma che sperimentano la fatica di perdonare. Nasce in loro una sorta di rancore nascosto che cova dentro, che a volte si scatena in gesti eclatanti che scandalizzano l’opinione pubblica, ma che anche se dovessero restare dentro rovinano la gioia e la bellezza che è propria della loro età.

lunedì 14 settembre 2015

Occorre testimoniare con la vita

(Tratto dal discorso di papa Francesco durante la visita dei vescovi del Portogallo – 07/09/2015)

Miei amati fratelli, non può non preoccupare tutti noi questa fuga della gioventù, che avviene proprio nell’età in cui le è dato prendere in mano le redini della sua vita. Chiediamoci: la gioventù va via, perché decide così? Decide così, perché non le interessa l’offerta ricevuta? Non le interessa l’offerta, perché non dà risposta ai problemi e agli interrogativi che oggi la preoccupano? O non sarà semplicemente perché da tempo il vestito della Prima Comunione ha smesso di servirle e lo ha cambiato? È possibile che la comunità cristiana insista a farglielo indossare? Il suo Amico di allora, Gesù, è a sua volta cresciuto, ha preso la vita nelle sue mani, con qualche incomprensione con i suoi genitori (cfr. Lc 2, 48-52), e ha abbracciato i disegni del Cielo su di Lui, portandoli a compimento con l’abbandono completo nelle mani del Padre (cfr. Lc 23, 46). Ricordo che, in un momento di crisi e di esitazione che coinvolse i suoi amici e seguaci e che portò molti di loro a disertare, Gesù chiese ai dodici apostoli: «Forse anche voi volete andarvene?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6, 67-69). La proposta di Gesù li aveva convinti; oggi la nostra proposta di Gesù non convince. Penso che nei testi preparati per i successivi anni di catechesi, la figura e la vita di Gesù siano ben presentate; forse più difficile è diventato incontrarlo nella testimonianza di vita del catechista e della comunità intera che lo invia e lo sostiene, fondata sulle parole di Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Che Lui ci sia, non ci sono dubbi; ma dov’è che lo nascondiamo? Perché se la proposta è Gesù Cristo crocifisso e redivivo nel catechista e nella comunità, se Gesù si mette in cammino con il giovane e parla al suo cuore, quest’ultimo sicuramente s’infiamma (cfr. Lc 22, 15 e 32).

venerdì 11 settembre 2015

La pastorale e il mondo dei giovani di oggi

Tanti parlano dei giovani, gli esperti compaiono ad ogni angolo delle diverse strade percorse dagli adolescenti, non tutti lo fanno correttamente. Quando mi viene chiesto di dire qualcosa riguardo le giovani generazioni, per me non viene prima il parlare o lo scrive, ma il voler bene ai ragazzi, la sorgente è quella. Questo mi aiuta tanto, a differenza di altri profeti di sventura, dall’astenermi nel giudicarli; preferisco impegnare le mie forze nel cercare di capirli.
Non può esistere pastorale giovanile, o altra disciplina che tratti dell’educazione dei giovani, che prescinda da un impegno di conoscenza reale e amante del mondo degli adolescenti. Risulta quindi non sensato un approccio fatto di “sapienti” che si definiscono tali solo perché hanno studiato sui libri, serve certamente ma così si approfondisce il passato e non il presente; oppure come coloro che si basano unicamente sulla propria esperienza di quando erano giovani, senza che la vita dei ragazzi di oggi li tocchi più di tanto.

martedì 1 settembre 2015

Gravissimum Educationis

In questo anno 2015 festeggiamo i cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II; per tanti di noi potrebbe essere solo un ricordo del passato o parte della storia studiata o letta da qualche parte, io stesso non ero ancora nato. Chi lo ha vissuto narra la bellezza e le speranze legate al movimento che vi era cresciuto intorno e che lo aveva accompagnato, tutt’ora si ritiene che esso vada riscoperto, qualcuno arriva a dire che sia stato addirittura tradito nei suoi intenti.
Qui desidero riportare alla luce un documento mai giunto alla mia conoscenza e credo abbastanza dimenticato nel panorama della Chiesa: Gravissimum Educationis (GE). È facile intuire, anche per coloro che di latino non ne azzeccano una come me, che si tratta di un documento che ha voluto mettere al centro il tema dell’educazione. Ne ripercorreremo insieme solo alcune parti iniziali (proemio e n° 1) per coglierne la lungimiranza e i suggerimenti tutt’ora validi; lasciamo a quanti lo desiderassero di continuarne ulteriormente l’interessante lettura.

martedì 25 agosto 2015

Ritratto dell’adolescente italiano di oggi - 3

Narciso nasce e prende corpo in famiglia: nel corso degli ultimi anni le madri e i padri hanno modificato le idee guida e i sistemi di rappresentazione della funzione genitoriale.
Le mamme e i papà degli ultimi anni hanno smesso di pensare che proprio figlio sia un piccolo “selvaggio” da educare, molto esposto alla tentazione degli istinti.
Non pensano più che il bambino nasca all’ombra del peccato originale, che lo condiziona nella scelta di atteggiamenti antisociali, e che dovrebbe abbandonare questa natura accettando di privilegiare la cultura e la civiltà.
Non pensano più che il loro bambino sia tendenzialmente colpevole e che debba essere riscattato dall’educazione, cioè dalle regole e dai valori.
Non pensano che sarà loro compito fare da tramite fra i valori della società e la sua mente.
Non pensano che dovranno sottometterlo, anche con la minaccia e la somministrazione di castighi, al rispetto della loro autorità, in quanto rappresentanti all’interno della famiglia dello Stato e della divinità.

domenica 23 agosto 2015

Ritratto dell’adolescente italiano di oggi - 2

Gli adolescenti di oggi, dediti al culto del proprio sé, pensano di doversi dedicare allo sviluppo della loro bellezza, non solo fisica, ma psichica, sociale, espressiva, come una missione che ha diritto di precedenza su tutte le altre.
In quanto molto concentrati su di sé, è difficile inserire nella loro vita novità percepite come esterne o estranee al proprio cammino  di sviluppo; anche parlando di cammino di fede la questione è rilevante in quanto essa può essere attraente e trovare spazio nel momento in cui acquisisca una qualche valenza centrale per il proprio sviluppo, altrimenti tante altre cose avranno precedenza su di essa. Lo fanno senza malizia e senza pregiudizi, semplicemente non capiscono come la dimensione della fede possa servire alla propria crescita. In questo come comunità dobbiamo sentirci molto provocatiti, dando per scontato che essa abbia qualcosa da dire alla ricerca di bellezza di ogni uomo, la questione diventa allora la nostra difficoltà a dare ragione della fede che è in noi e nel renderla significativa. Cerchiamo di farlo, invece di rimanere fermi a lamentarci e chiederci perché sempre più giovani lasciano la vita delle nostre comunità.

giovedì 20 agosto 2015

Ritratto dell’adolescente italiano di oggi - 1

Qui di seguito propongo una scelta antologica di brani e una sintesi di alcune parti di un’opera[1] che ritengo determinante per comprendere i cambiamenti intervenuti nel modo in cui i giovani concepiscono se stessi e il proprio cammino di sviluppo; la trattazione presenta una propria organicità, vista l'ampiezza procederò con una pubblicazione divisa in parti. Al libro che ha il grande pregio di presentare la lettura dei fatti senza entrare in giudizi di sorta, mi permetto di aggiungere mie considerazioni riportate in corsivo con il desiderio di non fermarsi solo al dato di fatto, evidente e non bypassabile, ma di suggerire una riflessione di cammino per noi che con i giovani abbiamo a che fare tutti i giorni. Tengo inoltre a chiarire, per evitare fraintendimenti nati nel confronto con altri, che quanto riporterò non è per dire che a me va bene così, ma che occorre partire da una situazione che in tanti casi “è così” e che così spiega certi comportamenti; resta che tanto si può fare, non solo per i giovani, ma anche per noi, considerando che della situazione attuale non se ne può dare tutta e solo la colpa a loro.

lunedì 3 agosto 2015

Perché il male

Un giorno a una ragazza della parrocchia morì la madre dopo un lungo travaglio in seguito a un tumore. La cosa colpì tutti, giustamente anche gli amici di questa adolescente che si posero la domanda dove fosse Dio in quel momento. Loro che fino ad ora era stati tra i classici “bravi ragazzi” da oratorio, ora si chiedevano perché dovesse succedere questo. In situazioni particolari come questa, dove è coinvolta molto anche l’emozione e il dolore grande del momento, occorre una delicatezza grande; serve più stare ad ascoltare che dare risposte che rischiano di non servire né alla vita né alla testa.

lunedì 20 luglio 2015

Poche scuse e vai

Ho incontrato un ragazzo il quale, qualunque cosa gli venisse chiesta, prontamente ripsondeva con una risposta che può essere riassunto così: “con calma”. I giovani sono molto entusiasti e saltano su con altrettanta buona volontà se sai coinvolgerli, sfiderebbero rischi e incognite. Eppure a tutti noi sarà capitato di scoprire che stranamente, in alcuni momenti di fronte ad alcune proposte, viene loro stranamente la “voglia di studiare”. Con questa espressione, riassumo in un unico ironico termine, le tante volte che capita di rivolgersi ad adolescenti per chiedere loro aiuto o per proporre esperienze formative, e poi sentirsi rispondere avanzando scuse varie chiaramente orientate ad evitare l’impegno. La cosa ai giorni nostri sembra aver contagiato anche il mondo adulto, ma non entro nel merito limitandomi a trattare dell’orizzonte giovanile.

domenica 12 luglio 2015

Domande di vita

I giovani hanno tante domande dentro e se hai la pazienza di stare lì ad ascoltare le tirano fuori. Spesso sono domande fatte seguendo la passione del momento o nate da una ricerca che ancora non è ben organizzata. A volte anche solo per curiosità o per desiderio di sapere certe cose. In ogni modo credo che ogni domanda meriti il tentativo di una risposta, essa però non sempre deve seguire i criteri secondo i quali è stata fatta; cioè il nostro aiuto non può limitarsi ad essere passionale, disorganizzato, curioso, intellettuale o così via, occorre che sia parte di un cammino che stimola a tirare fuori la ricerca vera, una risposta che metta in cammino, che faccia fare esperienza.
Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". Costui rispose: " Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso ". Gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai". Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è mio prossimo?". Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?". Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così" (Lc 10,25-37).

domenica 5 luglio 2015

Giairo: semplicemente padre

Mi capita spesso di incontrare genitori di figli adolescenti che mi vengo a chiedere aiuto, o semplicemente per condividere, la loro sofferenza nei confronti del rapporto con i figli. Conosco anche tanti educatori parrocchiali tristi per l’abbandono da parte dei ragazzi delle attività pensate per loro. Capita spesso a quanti sono chinati verso le giovani generazioni, di sperimentare momenti di lutto, non tanto legati alla morte di qualcuno, ma al trovarsi inermi di fronte a certe situazioni. Ti svegli una mattina e lui: non vuole più andare a scuola, scopri nei suoi vestiti roba non legale, ti chiamano i carabinieri per andare in caserma, non esce più di casa, rimane incinta, dimagrisce troppo,
Tante sono le storie di sofferenza incontrate in questi anni. La prima cosa che faccia è ascoltarle, poi ringrazio perché il solo fatto di essere lì a parlarne vuol dire non averci mollato, mostra il desiderio di rimanere fedeli al proprio compito fino alla fine, questo non è poco e non è scontato. Quante volte incontro ragazzi soli, non perché senza nessuno, ma perché chi c’è ha deciso per vari motivi di non occuparsi più di loro, abdicando al compito che la natura, la società o Dio ha affidato loro. Ecco il vero lutto, non tanto le difficoltà elencate sopra, ma l’abbandono degli adulti del proprio ruolo educativo; nasce così una nuova classe sociale di orfani, quelli del nuovo secolo da poco iniziato, quelli della società scientificamente avanzata e ricca, ma incapace di prendersi cura di loro fino  in fondo.

domenica 28 giugno 2015

Portare frutto

C’è una parabola di Gesù nel Vangelo di Marco che credo sia solidale e faccia bene ai tanti impegnati in attività educative con i ragazzi.
In quel tempo, Gesù diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura» (Mc4,26-29).
Mi capita spesso di incontrare persone che si lamentano dei figli, o dei ragazzi in generale, perché non vedono in loro i risultati che tanto impegno e preparazione degli adulti hanno cercato di procurare. Si chiedono dove hanno sbagliato, a volte si sentono colpevoli, altre volte danno la colpa ad altri. C’è involontariamente il rischio di considerare il frutto come qualcosa di automatico. Ahimè spesso non è così; capita quindi di andare in crisi, o prendersela con gli adolescenti oppure abbandonare tutto. Il seme piantato può essere il migliore al mondo e piantato in modo tecnicamente corretto, ma questo non porta in automatico che cresca da per sé; lo fa se trova terra buona, però non sempre la vita, l’umanità che ci troviamo tra le mani rispecchia l’ideale prefissatoci concedendo il nutrimento necessario.

domenica 21 giugno 2015

La pecorella smarrita

Eravamo durante una giornata intensa di campo estivo, i ragazzi erano divisi in gruppi con età mista tra elementari e medie, alcuni animatori giovani si prendevano cura di loro impegnandosi nel servizio di animazione. Desidero raccontarvi di uno di giovani animatori.
Si chiama Gianluca, ha 15 anni, è alla sua prima esperienza nell’assistenza ai ragazzi. Un giorno gli viene data la responsabilità del gruppetto dei più piccoli delle elementari, occorre portarli a provare le taglie per trovare la maglia più adatto per loro. Sono poche rampe di scale che separano il locale a questo adibito da dove si trova con tutto il suo gruppo. Parte con sette bambini, li conta bene a modo, controlla chi sono e parte. Non siamo in caserma, i bambini sono soldati e lui non è un istruttore. Nel pur breve tatto occorre tenere gli occhi bene aperti e non mancano le situazioni per intervenire così da evitare problemi.

sabato 13 giugno 2015

Promosso!

Carissimo Luca, oggi sono proprio contento per te. Ti ho incontrato seduto sul divano in oratorio, occhi stanchi, sbadigliavi, qualcuno si sarà chiesto cosa tu avessi fatto la notte prima, non sapendo che ben altra era la sfida che avevi combattuto e vinto. Non ti curare di loro, anche Gesù è stato scambiato per un mangione e un beone, frainteso nel suo impegno, ma le sue opere e parole sono ancora splendenti oggi.
Era qualche tempo che ci si vedeva poco, chiedendo ai tuoi amici mi dicevano ridacchiando che eri a casa a studiare, accompagnando il tutto con un movimento della mano che i maschi lettori possono immaginare, ma tu a loro hai detto la verità anche se non sempre ti hanno preso sul serio. Non ti curare di loro, anche Gesù non è stato sempre preso sul serio e a volte lasciato solo dai propri amici proprio nel momento in cui aveva più bisogno, ma lui è rimasto fedele e ha continuato a voler loro bene.

giovedì 4 giugno 2015

Il sistema preventivo

Sono passati duecento anni dalla nascita di san Giovanni Bosco, eppure i suoi insegnamenti e la sua profetica vicinanza al mondo giovanile, continuano a essere tutt’ora validi; forse solo oggi, alla luce dell’evoluzione della moderna pedagogia, ci si rende conto dell’innovazione portata avanti dal cuore di questo grande santo, che pian piano diventa un vero e proprio pensiero sull’educazione delle giovani generazioni.
Don Bosco si rende presto conto che il metodo “repressivo”, impostato sul punire quando si scopre la violazione, non giunge al vero centro del problema, esso infatti mira a castigare ma non a educare, a limitare il male invece che a invitare al bene. Ecco perché occorre un cambiamento completo, una vera e propria conversione che chiede una trasformazione di testa e di cuore in chi si approccia al compito dell’educazione: mettere al centro l’anticipare così da evitare che si possa compiere il male. Da qui nasce il sistema preventivo.

giovedì 28 maggio 2015

La croce: cristianamente adulti

Avvicinandosi l’estate, è arrivato il momento di aprire le iscrizioni al Grest (centro estivo offerto dall’oratorio). In questi anni i partecipanti sono aumentati a tal punto che, per vari motivi, si è deciso di mettere le iscrizioni a numero chiuso. Questo ha fatto sì che il primo giorno di iscrizione si creasse una fila lunghissima di quanti volevano iscrivere dei ragazzi.
Certamente le cose potevano essere organizzate meglio da parte nostra, ma quanto ha rattristato me ed altri, sono stati esempi di poca civiltà e maleducazione da parte degli adulti in fila. È capitato di veder rimanere fuori dei bambini di mamme che attendevano onestamente il loro turno, perché altre più “furbe” passavano le iscrizioni alle amiche nei primi posti. A causa della inciviltà di alcune persone ci hanno anche rimesso coloro che avevano realmente bisogno.
Questo evento ci ha mostrato che la poca attenzione dimostrata rappresenta purtroppo un modo di fare consueto oggi, esso ci tenta al pensare solo al proprio interesse, giustificando così la prepotenza e l’oppressione sopra i più deboli e gli ultimi. Credo sia emersa una foto ingrandita della realtà del mondo nel quale viviamo, che si riflette poi anche in altre situazioni, e che tanto condiziona anche la crescita dei più giovani.

giovedì 21 maggio 2015

Regole o libertà? Tutto si compie nell’amore

Durante un incontro nel quale parlavamo del nostro oratorio, del comportamento dei ragazzi e di uno stile comune di conduzione da parte degli animatori, uno di loro intervenne dicendo che la cosa non era possibile perché occorre elasticità. Più volte sulla cosa eravamo già tornati, credo infatti si apra una tensione ineludibile che chieda equilibrio.
Io personalmente risolvo dicendo che sono d'accordo con entrambi, non per motivi diplomatici, ma perché credo che occorra lasciarci guidare non solo dal buon senso ma anche dalla pedagogia che emerge dalla Scrittura e dall’opera di Gesù.
Regole e norme sono necessarie, ma è necessaria anche una sana capacità di mettere al centro la persona e non la legge. Dal punto di vista del cammino di maturazione personale capita quotidianamente di verificare come non sempre riusciamo ad essere come dovremmo, c'è un ideale che rappresentano per noi il riferimento, ma c'è anche il come siamo messi ora, il che comporta sempre vicinanza e distanza dall'ideale.

giovedì 14 maggio 2015

Cosa fare? Il possibile nasce dall’incontro tra attuale e ideale

Ho partecipato a un incontro durante il quale si dovevano prendere decisioni, in ambito ecclesiale, riguardo all’investimento di una somma di denaro cospicua al fine di garantirne un uso per sostenere fini educativi.
Il progetto prevedeva un investimento in una attività che permettesse una rendita, così che i frutti ottenuti potessero essere utilizzati per i fini previsti, in particolare a sostegno di attività dei giovani. Leonardo, uno dei convocati, espresse i propri dubbi riguardo ad un investimento del genere che riteneva evangelicamente non opportuno in quanto i soldi di proprietà della Chiesa andavano usati con una logica diversa da quella del semplice reinvestimento stile finanziario classico, non è la redditività ma l’uso evangelico il fine da raggiungere; quello in oggetto appariva essere un impiego che non ci differenzia da altre attività che lo fanno per lavoro.

venerdì 8 maggio 2015

Sana autocritica: occorre saper ricominciare

Arriva sempre il momento nella vita di chiunque abbia a che fare con adolescenti, di impegnarsi in una verifica e in una autocritica, sia perché i ragazzi sono molto bravi nel saperti provocare da tutti i punti di vista, sia perché capita umanamente e normalmente di sbagliarsi.
Capitò una sera di trovarmi molto arrabbiato, certamente il tutto partì in seguito all’occasione in cui avevo beccato alcuni ragazzi a rubare delle lattine in oratorio, ma non è questo che mi rovinò la giornata, fu piuttosto l’essermi accorto di non aver saputo gestire la cosa adeguatamente: ho alzato la voce, ho usato le parole sbagliate, ho cominciato a sparare sentenze passando dall’oggettivo al personale… insomma ho fatto l’opposto di quello che tanto scrivo in questo blog.

venerdì 1 maggio 2015

Il mio amico Tommaso

È la storia di un ragazzo di diciassette anni che ha cominciato a suo modo a frequentare le attività della parrocchia, lo chiamo Tommaso perché mi ricorda il famoso apostolo di cui parlano i Vangeli, il nostro amico mancò l’appuntamento della Cresima fatto in seconda media dai suoi amici, il discepolo del Vangelo mancò il primo incontro che ebbero gli altri con Gesù risorto; narra infatti l’evangelista Giovanni. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!» (Gv 20, 24-29).

giovedì 23 aprile 2015

Chi la fa se l'aspetti

Durante una settimana di vita comunitaria, uno dei ragazzi assecondando il suo carattere decise di aprire le danze agli scherzi, chiaramente capitò che oltre alle donne, ad essere al centro delle sue attenzioni, furono anche gli educatori presenti compreso io stesso; niente di grave, materassi spariti, sveglie nascoste regolate a orari mattinieri impervi e altro ancora. Imparò una sera al momento di andare a letto che l'inoltrarsi in quel terreno portava anche a un grosso rischio, quello della ritorsione, chi si appresta a fare scherzi si espone a subirne altrettanti. La permalosità era alle porte, ad essa siamo esposti tutti, giovani e meno, anche se spesso gli adolescenti più sono spinti ad esporsi in questo campo meno sono disposti ad assoggettarsi al rischio che ne deriva.

mercoledì 15 aprile 2015

Ho sete

Ho conosciuto una ragazza di diciassette anni che come spesso accade a quell’età, soprattutto se ben curata e truccata, ne dimostra di più, è una che piace alla gente e sicuramente al ramo maschile; da qualche tempo ha scoperto il mondo dei locali di lusso, delle discoteche da VIP, che frequenta orami abitualmente in compagnia di uomini più grandi di lei. La cosa non è chiaramente gradita ai genitori i quali faticano a capirne il motivo e vorrebbero che uscisse con ragazzi più vicini come età alla sua, ma a lei quel mondo piace, gente sofisticata, cene pagate, discussioni profonde. Le piace essere ricercata e al centro dell’attenzione, e l’esserlo per gente anche più grande di lei la gratifica e la fa sentire importante cosa che non accadeva quando se ne stava con quelli della sua età, non vedeva niente di strano nell’uscire con persone che senza volerlo erano state “stregate” dal suo fascino. Erano diversi quelli con cui usciva, parlando con lei si capiva che non sentiva la necessità al momento di sceglierne uno in particolare, non era un fidanzato quello che cercava, lei stava bene così e basta e attendeva nuovamente il fine settimana per immergersi in questo suo mondo del quale sembrava non poter più fare a meno, nel quel sembrava non tanto cercare un “altro” ma sé stessa.

mercoledì 8 aprile 2015

Perché dovrei fare quello che mi dite?

Chiunque ha a che fare con i ragazzi sa che c’è un momento nel cammino di educazione nel quale con l’età arriva la “critica” alle decisioni, alle norme, ai percorsi che gli adulti propongono ai più giovani; chi di noi non si è mai scontrato con il muso di un quindicenne che a denti stretti ti dice: ma scusa, perché dovrei fare quello che mi dite?
È giusto che arrivi questo momento nel quale si gioca anche la decisione di essere o meno onesti nella vita, di rispettare le regole e le condotte civile richieste dalla società e dal vivere insieme,  se guadagnare onestamente attraverso il lavoro oppure praticare altre strade che sembrano più semplici; in oratorio ho ragazzi che non studiano e non lavorano, altri che hanno trovato risposte troppo semplici alle domande di senso della vita, non è tutta colpa loro eppure è così.
Perché far fatica quando c’è qualcuno che la fa per me? Rubare lo fanno tutti, chi sono io il più fesso? Se ti aiuto cosa mi dai in cambio? Far sesso è la cosa più naturale del mondo poi io non sono micca un prete! Queste e tante altre frasi ritornano regolarmente nei dialoghi che ho con tanti ragazzi, già il fatto che pongano il tutto come una domanda, se pur posta come sfida, credo sia uno spiraglio nel quale come educatori credo occorra che guardiamo.

lunedì 30 marzo 2015

Partire da ciò che c’è per renderlo migliore: formare la coscienza

Sintesi secondo incontro di don Alessandro Manenti durante il corso vicariale di formazione per educatori, 20 gennaio 2015, Guastalla (RE)

Il cammino che siamo invitati a fare con i ragazzi tenendo presente la loro vita, non è però da confondere come una ricerca indirizzata verso un umanesimo perfetto che basta a se stesso, per compiere il cammino occorre una illuminazione che avviene dentro di me, ma che non sono io a darmi; questo vuol dire che non basta conoscere i meccanismi del cuore umano, occorre anche inoltrarsi nel campo della novità portata da Gesù. Essa non è una questione di regole morali, non è un precetto, non è qualcosa di esterno, ma agisce dall'interno di noi stessi, è grazia dentro di noi, è una legge interiore che per se stessa introduce una nuova sensibilità nel cristiano; così nasce la consapevolezza che c’è la possibilità di avere un altro modo di fare le cose rispetto a quello a cui ero abituato crescendo nel mondo. Non si tratta solo di comportamenti nuovi, ma di un nuovo modo di vedere le cose.

venerdì 20 marzo 2015

Uomo nuovo in Cristo: di che novità si tratta?

Sintesi primo incontro di don Alessandro Manenti durante il corso vicariale di formazione per educatori, 13 gennaio 2015, Guastalla (RE)

Quando parliamo di cammini formativi troviamo due protagonisti principali: leducatore e leducando; il rapporto, che pur può crescere in affetto e amicizia, ha in sé una dimensione di asimmetria, infatti il primo interprete dovrebbe avere qualcosa da dire in più e da consegnare; questo di più per noi educatori alla fede è il Vangelo.
In questa opera educativa non ci troviamo di fronte ad un contenitore vuoto, ogni ragazzo possiede  dei contenuti di vita, degli insiemi di interessi, non è scontato che tutto questo entri in automatico a contatto con i contenuti di fede rischiando così in atteggiamento simile a quello che Gesù nei vangeli attribuisce a certi capi del popolo, essi parlano bene e insegnano la legge di Dio, ma la loro vita ne è molto distante; occorre quindi far sì che il contenuto della fede entri come elemento di salvezza del contenuto di vita delladolescente. In poche parole si tratta di trovare un contatto tra fede e vita.
L'educazione non si fa con innanzitutto con i contenuti, prima occorre cercare di accendere un desiderio dentro la persona perché solo così nasce linteresse per essi e la volontà di averli; non parliamo di un dinamismo generico, ma di una questione che riguarda lesistenza, una faccenda di vita o di morte; si tratta di mettere in movimento, far venire lacquolina in bocca, il voler star meglio e parlare in modo speranzoso del futuro.

martedì 17 marzo 2015

La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita - (Forrest Gump, 1994)

I nostri ragazzi non sono belli fuori e vuoti dentro, è troppo rischiosa una impostazione educativa che li considera come dei contenitori vuoti; ogni ragazzo ha contenuti di vita, desideri belli anche se a volte faticosamente coltivati o troppo presto recisi. Occorre una formazione intelligente, ossia capace di guardare dentro e oltre la superficie, altrimenti saremo noi i superficiali e ci tornerà indietro questo epiteto con il quale troppo alla svelta apostrofiamo gli adolescenti. Ogni giovane è un dono ricevuto del quale occorre stupirci per gustarne la bellezza e la bontà in ogni suo aspetto; spesso dentro hanno molto più sapore del di fuori e contengono ciascuno doni diversi.

lunedì 9 marzo 2015

Siamo prigionieri di una età che non sappiamo vivere

Sappiamo infatti che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mia ragione, servo la legge di Dio, con la mia carne invece la legge del peccato. (Rm 7-14-25)

venerdì 6 marzo 2015

0,26 mq

Mi trovavo in un sabato sera come tanti in oratorio a una pizzata organizzata per un gruppo di ragazzi di terza media, terminata la cena durante la quale ho potuto nuovamente meditare sulle capacità degli adolescenti nel mangiare velocemente la pizza, solitamente si procede con una serata organizzata con un po' di animazione. Ma così non avvenne.
Per spiegarne il perché occorre andare alla precedente serata passata insieme nella quale gli educatori aveva proposto e avviato la visione di un film come programma per il dopo cena, si cercò di arginare il solito uso dei cellulari fino a quando un ragazzo fece leggere ad una educatrice una serie di messaggi scritti negli ultimi dieci minuti nei quali si commentava negativamente l'organizzazione scelta dagli educatori. Il film fu interrotto e invece di un dialogo cominciò una contrapposizione che vedeva il crescere del malumore da una parte all'altra, gli educatori si sentivano feriti nell'impegno e nel tempo speso a preparare il tutto, i ragazzi che solitamente perdonano alla svelta già lo avevano fatto per il film se non fosse stato per il "muso" piantato dagli educatori. Non è mio interesse trovare la colpa da dare a qualcuno, certo che a parer mio una maggiore responsabilità era negli educatori sia perché adulti, sia perché fa parte del loro ruolo gestire bene queste evenienze prendendo il tutto un po' meno sul personale.

lunedì 23 febbraio 2015

Gioco di sguardi – Amare il nemico

Poco tempo fa in oratorio due ragazzi appartenenti a gruppi diversi sono arrivati ai ferri corti, il tutto basato su sguardi reciproci insistenti interpretati come sfida e affermazione della propria superiorità sull’altro, come se con quelle occhiate uno dicesse all’altro che non valeva niente ed era un poveretto. Da quanto raccolto successivamente, compresi che la cosa si trascinava avanti da tempo senza che succedesse niente di particolare se non questo scambio di sguardi; il tutto arrivo però a maturazione e si passo nel giro di poco a uno dei due che letteralmente scoppio dicendone di cotte e di crude all’altro con cose anche non del tutto sensate che andarono oltre al tutto e mostrarono quanto grossa era montata la cosa dentro di lui, l’altro ascoltò senza reagire per poi andarsene dando un pugno al muro e ottenendo in cambio la rottura di alcune dita con conseguente ingessatura.

mercoledì 4 febbraio 2015

Giovani costruttori del Regno

Qualche giorno fa sono venuti a trovarmi due ragazzi che questa estate, insieme al proprio gruppo parrocchiale, erano stati a fare una esperienza estiva presso la comunità di Taizè; qui è un po’ difficile riassumere a quanti non conoscono tale realtà di cosa si tratti precisamente, è possibile trovare tante cose su internet, resta comunque una esperienza entusiasmante per tanti giovani che vengono da tutto il mondo e che lì si ritrovano. Il motivo del nostro incontrarci era il loro desiderio di tornare in questo luogo, se non fosse stato per la scuola sarebbero partiti immediatamente, perché tornati a casa non erano più riusciti a vivere quelle dimensioni che là tanto avevano apprezzato e che tornati a casa non riuscivano a riprodurre. Solo la, dicevano, era possibile sentirsi felici come si erano sentiti allora; sola là riuscivano a trovare il tempo e la voglia di pregare e di far silenzio; solo là si sentivano liberi di essere così come sono senza bisogno di preoccuparsi troppo dell’opinione degli altri. Chiedevano cosa ne pensassi e desideravano aiuto per sapere come poter realizzare il tutto anche tecnicamente: trasporto, iscrizione, costo, ecc.

venerdì 30 gennaio 2015

Con chi devo fare l’amore?

Un giorno una ragazza sedicenne entrò nel mio studio e in modo molto diretto mi chiese: conosco due ragazzi, voglio che mi dica con quale dei due devo fare l’amore. Il tutto non si esaurì in queste poche parole e diede ulteriori chiarimenti riguardo questa sua richiesta, disse che conoscendosi sapeva che non sarebbe mai arrivata vergine al matrimonio, allora voleva decidere con chi sarebbe accaduto senza lasciare che il tutto andasse sull’onda del momento e dell’emozione. La scelta era fra due, uno era il suo ragazzo che la attraeva molto fisicamente ma con il quale le cose ultimamente sembravano cambiate, l’altro era un suo amico con il quale si sentiva in sintonia per via dell’ascolto profondo che le regalava quando si incontravano e della simpatia che ne era nata. Quindi?

Ero contento che fosse venuta, è un desiderio bello fare l’amore
Dio non è contro il fare l’amore così come mi sembrava avesse capito un giovane che mi chiedeva se marito e moglie dopo aver fatto sesso dovevano confessarsi
Una ricerca bella che chiamava in causa tutto il suo essere donna, quindi le chiesi cosa altro c’era di bello che la muoveva, che la spingeva, che cercava?
Ma proprio perché era qualcosa di bello, andava messo in contatto con tutto il resto e andava educato (in questa fase umanamente)
Occorre essere onesti con sé stessi: tu vuoi fare l’amore o fare sesso, certamente fare l’amore per me presuppone un cammino ben più ampio, lei comprese; mi chiarì che lei intendeva invece fare sesso.
Ci tenni a chiarire che la sua richiesta non avrebbe trovato in me risposta, non ero lì per dirle cosa fare; avrei solo risposto alla domanda “piccola” che si portava dentro, sarebbe andata a casa forse rassicurata, ma non era quello che mi interessava.

mercoledì 7 gennaio 2015

Non abituiamoci alle stelle comete con la gobba all’ingiù

Nel mio paese come in tanti altri, avvicinandosi le festività natalizie, i centri e le vie del paese vengono addobbati con diverse forme illuminate, tra di esse spicca la stella cometa che ricorda quella che ha guidato i Re Magi alla culla di Gesù. Quest’anno il nostro comune ha cambiato il fornitore di queste illuminazioni ed è capitato qualcosa che mi ha fatto prima sorridere e poi pensare. Le luminarie sono state montate usando fili con lampadine, nel predisporre le stelle comete non è stata prevista la struttura rigida per la coda ma solo per gli estremi, cosicché la forza di gravità ha fatto sì che la forma della gobba sia all’ingiù invece che all’insù come indicherebbe il suo cammino di discesa dal cielo verso la terra.

sabato 3 gennaio 2015

Il gruppo di amici e il tempo libero: cosa ripensare i cammini educativi

Oggi i ragazzi vengono cresciuti fin da piccoli spinti per realizzarsi nel successo, che sia quello scolastico, sportivo, relazionale o così via poca differenza fa; questo chiede di investire su dimensioni che diano visibilità e una posizione che permetta agli altri di notarlo, ci si rispecchia infatti nel riconoscimento dato dagli altri. Forse detta così può suonarci male, ma come adulti siamo di fatto noi i primi autori di questo modo con cui gira il mondo e delle istanze a cui i ragazzi sono esposti ancora prima dell’adolescenza e che contribuisco a renderla così com’è.
Noi puntiamo su sport, scuola, immagine, soldi, fama; i ragazzi alla fine dei conti preferiscono perseguire il tutto attraverso quella che diventa una vera e propria nuova famiglia sociale: quella del gruppo di amici, dei propri coetanei scelti autonomamente.