lunedì 16 novembre 2015

Il viandante anonimo

Mi capita spesso soprattutto d’estate, nei pomeriggi di oratorio, di partecipare a discussioni infinite su cosa poter fare la sera. Che ci si trovi in un piccolo paesino o in una città, la cosa non è semplice da decidere, c’è sempre chi fa notare che si fanno sempre le stesse cose, c’è voglia di novità, di provare, di sperimentare. Una cosa che accomuna tanti adolescenti è che, se sai coinvolgerli, saltano su volentieri e con entusiasmo alle tante iniziative loro proposte. Si creano delle aspettative alte, questo dice la bellezza del desiderio con il quale cominciano, ma anche la grandezza della delusione nel caso il tutto non dovesse realizzarsi. In tanti ragazzi c’è una forte curiosità per tutto ciò che profuma di bello e di vero, e a chi non riesce a buttarsi a capofitto in una esperienza, serve la possibilità di essere messo nelle condizioni di affacciarsi al tutto anche un po’ di traverso.
Forse qualcuno potrebbe giudicarmi troppo ottimista, eppure credo che ne valga la pena, anche se a volte occorre rischiare nell’attesa e nella speranza che un ragazzo possa prendere una posizione; credo che un bel giorno all’improvviso ci stupiranno e ci staranno.
Come sperimentiamo la forza dei ragazzi nel buttarsi nelle imprese, capita anche di incontrarli nei momenti difficili della prova e della crisi, quando le speranze che li avevano sorretti sembrano vacillare. È un po' come è capitato ai due discepoli di Emmaus, tante speranze legate all'incontro con quel personaggio particolare di nome Gesù, tante certezza sorrette dai segni e dalle parole che ora risuonavano mute di fronte alla pietra rotolata davanti al suo sepolcro.
Capita, come educatori, di incontrare l'entusiasmo e a volte anche dopo poco la delusione dei giovani. A volte è l'esperienza stessa dell'essere adolescenti che li mette davanti a fatti non sempre chiari, a una vita non scontata. Del resto colui che ha fatto del bene finisce in croce. Perché nel mondo sembra che la violenza vinca sull'amore? Può venire veramente voglia di andarsene, di pensare che tutto è passeggero e prima o poi finisce; si torna così alla vita di prima, è stato bello ma quasi un sogno. A volte capita di far esperienze forti con i ragazzi, ma una volta finite si torna quelli di prima, si rimane addirittura senza parole da dirsi se non i soliti discorsi senza a volte senza senso.
Sarà così sempre? No. Come è capitato ai due di Emmaus, e a tanti altri fra i quali anche io, di incontrare quell'anonimo viandante che si avvicina al nostro camminare stanco e senza speranza, non cercato, ma capitato come per caso.
Questo viandante è Gesù. Lo è anche se non lo si riconosce, o se lo si chiama con un altro nome; è lui il compagno ignoto della vita di tanti nostri ragazzi. Essi cercano, desiderano, sognano; con il tempo trovano e realizzano proprio grazie a questo uomo che non conoscono e non ringraziano; a volte non sanno neanche che ci sia.
Nostro compito di educatori alla fede è svelare loro, che è Gesù quel viandante anonimo che ci sta accanto e ci accompagna nella ricerca di una vita bella, anche attraverso il limite e la poca voglia che può accompagnare il nostro camminare. Questo messaggio me lo ricordo risuonare nelle parole di san Giovanni Paolo II. In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E' Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna (XV GMG – Veglia di preghiera 19/8/2000, 5).
Che i nostri ragazzi non si rendano conto della presenza di Gesù accanto a loro è un falso problema, del resto è capitato anche ai due di Emmaus che con lui ci aveva passato a braccetto parecchio tempo; la vera questione è quella di un Dio che chiede la nostra collaborazione perché egli sia riconosciuto.  La faccenda non riguarda direttamente gli adolescenti, ma la comunità adulta di educatori che faticano a riconoscersi collaboratori di una impresa da Dio.
Invece di arrenderci e scoraggiarci, questo viandante anonimo, diventa una speranza anche per noi, la forza per andare avanti anche quando il cammino di fede degli adolescenti diventa difficile. Perché anche loro possano riconoscerlo, lo chiamino finalmente per nome e con entusiasmo riprendano il cammino della vita con un senso e un sapore diversi. Così, quello che hanno fatto fino ad ora, assume finalmente il proprio vero senso.
Tutto questa dinamica la chiamerei la pedagogia del sacramento, non volendomi riferire a uno dei sette doni che accompagnano lo scorrere della vita del cristiano, ma il constatare che Gesù lo incontriamo attraverso cose che si vedono, esse stesse allo stesso tempo ci rivelano un mistero che va oltre loro e che arriva fino a Dio. Quello che viviamo è il luogo ove troviamo tutto il necessario per poterlo incontrare, così questa diventa la via per la nostra felicità, per essere realizzati come persone, essere santi. Ma di questo parleremo un’altra volta.

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