Mi capita spesso soprattutto d’estate, nei pomeriggi di
oratorio, di partecipare a discussioni infinite su cosa poter fare la sera. Che
ci si trovi in un piccolo paesino o in una città, la cosa non è semplice da
decidere, c’è sempre chi fa notare che si fanno sempre le stesse cose, c’è
voglia di novità, di provare, di sperimentare. Una cosa che accomuna tanti
adolescenti è che, se sai coinvolgerli, saltano su volentieri e con entusiasmo
alle tante iniziative loro proposte. Si creano delle aspettative alte, questo
dice la bellezza del desiderio con il quale cominciano, ma anche la grandezza
della delusione nel caso il tutto non dovesse realizzarsi. In tanti ragazzi c’è
una forte curiosità per tutto ciò che profuma di bello e di vero, e a chi non
riesce a buttarsi a capofitto in una esperienza, serve la possibilità di essere
messo nelle condizioni di affacciarsi al tutto anche un po’ di traverso.
Forse qualcuno potrebbe giudicarmi troppo ottimista, eppure
credo che ne valga la pena, anche se a volte occorre rischiare nell’attesa e
nella speranza che un ragazzo possa prendere una posizione; credo che un bel
giorno all’improvviso ci stupiranno e ci staranno.
Come sperimentiamo la forza dei ragazzi nel buttarsi nelle
imprese, capita anche di incontrarli nei momenti difficili della prova e della
crisi, quando le speranze che li avevano sorretti sembrano vacillare. È un po'
come è capitato ai due discepoli di Emmaus, tante speranze legate all'incontro
con quel personaggio particolare di nome Gesù, tante certezza sorrette dai
segni e dalle parole che ora risuonavano mute di fronte alla pietra rotolata
davanti al suo sepolcro.
Capita, come educatori, di incontrare l'entusiasmo e a volte
anche dopo poco la delusione dei giovani. A volte è l'esperienza stessa
dell'essere adolescenti che li mette davanti a fatti non sempre chiari, a una
vita non scontata. Del resto colui che ha fatto del bene finisce in croce.
Perché nel mondo sembra che la violenza vinca sull'amore? Può venire veramente
voglia di andarsene, di pensare che tutto è passeggero e prima o poi finisce;
si torna così alla vita di prima, è stato bello ma quasi un sogno. A volte
capita di far esperienze forti con i ragazzi, ma una volta finite si torna
quelli di prima, si rimane addirittura senza parole da dirsi se non i soliti
discorsi senza a volte senza senso.
Sarà così sempre? No. Come è capitato ai due di Emmaus, e a
tanti altri fra i quali anche io, di incontrare quell'anonimo viandante che si
avvicina al nostro camminare stanco e senza speranza, non cercato, ma capitato
come per caso.
Questo viandante è Gesù. Lo è anche se non lo si riconosce,
o se lo si chiama con un altro nome; è lui il compagno ignoto della vita di
tanti nostri ragazzi. Essi cercano, desiderano, sognano; con il tempo trovano e
realizzano proprio grazie a questo uomo che non conoscono e non ringraziano; a
volte non sanno neanche che ci sia.
Nostro compito di educatori alla fede è svelare loro, che è
Gesù quel viandante anonimo che ci sta accanto e ci accompagna nella ricerca di
una vita bella, anche attraverso il limite e la poca voglia che può
accompagnare il nostro camminare. Questo messaggio me lo ricordo risuonare
nelle parole di san Giovanni Paolo II. In
realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta
quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi
attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette
di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che
rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che
altri vorrebbero soffocare. E' Gesù che suscita in voi il desiderio di fare
della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il
rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi
con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola
più umana e fraterna (XV GMG –
Veglia di preghiera 19/8/2000, 5).
Che i nostri ragazzi non si rendano conto della presenza di
Gesù accanto a loro è un falso problema, del resto è capitato anche ai due di
Emmaus che con lui ci aveva passato a braccetto parecchio tempo; la vera
questione è quella di un Dio che chiede la nostra collaborazione perché egli
sia riconosciuto. La faccenda non
riguarda direttamente gli adolescenti, ma la comunità adulta di educatori che
faticano a riconoscersi collaboratori di una impresa da Dio.
Invece di arrenderci e scoraggiarci, questo viandante
anonimo, diventa una speranza anche per noi, la forza per andare avanti anche
quando il cammino di fede degli adolescenti diventa difficile. Perché anche
loro possano riconoscerlo, lo chiamino finalmente per nome e con entusiasmo
riprendano il cammino della vita con un senso e un sapore diversi. Così, quello
che hanno fatto fino ad ora, assume finalmente il proprio vero senso.
Tutto questa dinamica la chiamerei la pedagogia del
sacramento, non volendomi riferire a uno dei sette doni che accompagnano lo
scorrere della vita del cristiano, ma il constatare che Gesù lo incontriamo
attraverso cose che si vedono, esse stesse allo stesso tempo ci rivelano un
mistero che va oltre loro e che arriva fino a Dio. Quello che viviamo è il
luogo ove troviamo tutto il necessario per poterlo incontrare, così questa
diventa la via per la nostra felicità, per essere realizzati come persone,
essere santi. Ma di questo parleremo un’altra volta.
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