giovedì 14 maggio 2015

Cosa fare? Il possibile nasce dall’incontro tra attuale e ideale

Ho partecipato a un incontro durante il quale si dovevano prendere decisioni, in ambito ecclesiale, riguardo all’investimento di una somma di denaro cospicua al fine di garantirne un uso per sostenere fini educativi.
Il progetto prevedeva un investimento in una attività che permettesse una rendita, così che i frutti ottenuti potessero essere utilizzati per i fini previsti, in particolare a sostegno di attività dei giovani. Leonardo, uno dei convocati, espresse i propri dubbi riguardo ad un investimento del genere che riteneva evangelicamente non opportuno in quanto i soldi di proprietà della Chiesa andavano usati con una logica diversa da quella del semplice reinvestimento stile finanziario classico, non è la redditività ma l’uso evangelico il fine da raggiungere; quello in oggetto appariva essere un impiego che non ci differenzia da altre attività che lo fanno per lavoro.
Leonardo suggerì di impiegarli per intervenire a servizio dei più poveri in una logica di condivisione. Una comunità, che si trova tra le mani una grossa donazione che fa passare il bilancio da passivo a fortemente attivo, può limitarsi a gestire i soldi oppure si deve sentire ora che lei è ricca chiamata a condividere con chi rimane povero e in difficoltà come lo era lei stessa prima?
La cosa lascio un po’ spiazzati tutti gli altri convenuti, del resto capita sempre quando la nostra umanità si incontra (o si scontra) con il Vangelo.
In situazioni come questa ci si trova un po’ in uno stallo: da una parte l’ideale con tutta lo slancio e la gioia del bene, dall’altra il reale che si porta dietro il limite e il peccato presente nel nostro essere umani. Si rischiava di lasciarsi senza una direzione verso la quale convergere insieme, il rischio poteva essere anche quello del far perdurare una situazione di contrapposizione e non di comunione. Quindi?
Mancava un passaggio determinate, tante volte assente anche in alcuni nostri incontri o relazioni, dove ci si lascia più divisi che concordi sul cosa fare. Giustamente durante il confronto era stato affermato l’ideale che ci deve guidare, esso però non è sempre percorribile, ci sono limiti oggettivi (leggi, volontà del donante, mercato finanziario…) e limiti personali (cammino di fede, peccato personale, coscienza in formazione…), questi influisco sulla scelta. L’ideale rimane, però siamo nella condizione di dover decidere ora, così come siamo; nel cammino verso l’ideale partiamo da un attuale nostro che deve realizzare un possibile: cercare oggi, così come siamo, qualcosa da fare tenendo presente l’ideale e facendo il meglio che si può.
Sinteticamente: da una parte siamo fatti così (attuale), dall’altra c’è quello a cui siamo chiamati (ideale), Dio ci chiede di fare il possibile, il meglio che possiamo, che si avvicinerà più o meno a uno dei due estremi secondo tanti fattori, alcuni dei quali non dipendono da noi in quanto imposti da strutture a noi esterne, ma altri che dipendono da noi e sui quali abbiamo il dovere di lavorare, anche se a volte ciò può richiedere molto tempo.
Tutto questo ha grosse ricadute in ambito educativo con i giovani, li si può trovare ricchi di sogni ma bloccati da maturità e capacità che devono ancora arrivare, oppure ricchi di doni ma poveri di speranza. Occorre evitare da una parte l’idealismo e dall’altro l’appiattimento allo status quo.
La santità è la misura alta della vocazione di ogni persona, rappresenta anche il riferimento del cammino dei nostri ragazzi; essa non coincide con la perfezione o l’assenza di cadute, ma con capacita di mettersi in gioco al meglio che si può. Quindi, occorrerà mettere in contatto le ricche ricerche con la vita concreta di ognuno, sapendo indicare lì e non nell’ideale la via della propria realizzazione; servirà aiutare a rimettere in gioco i propri doni mostrando fino dove possono arrivare, evitando che ci si limiti a mirare in basso.
C’è una via di santità e di felicità per ogni giovane, essa è scritta nei propri sogni e limiti, insomma nella vita così come mi è stata data, che non è sempre come mi piacerebbe fosse, ma sicuramente capace di fare più di quanto mi aspetto.
Ecco segnato uno dei compiti educativi centrali per la crescita verso una maturità realizzata: mantenere vivi gli ideali, aiutare a scoprire e accettare la propria vita, il tutto cercando l’incontro possibile tra di essi in una santità concreta e alla portata di ciascuno.
Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente da me e per la straordinaria grandezza delle rivelazioni. Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: "Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte. (2Cor 12,6-10)

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