giovedì 20 agosto 2015

Ritratto dell’adolescente italiano di oggi - 1

Qui di seguito propongo una scelta antologica di brani e una sintesi di alcune parti di un’opera[1] che ritengo determinante per comprendere i cambiamenti intervenuti nel modo in cui i giovani concepiscono se stessi e il proprio cammino di sviluppo; la trattazione presenta una propria organicità, vista l'ampiezza procederò con una pubblicazione divisa in parti. Al libro che ha il grande pregio di presentare la lettura dei fatti senza entrare in giudizi di sorta, mi permetto di aggiungere mie considerazioni riportate in corsivo con il desiderio di non fermarsi solo al dato di fatto, evidente e non bypassabile, ma di suggerire una riflessione di cammino per noi che con i giovani abbiamo a che fare tutti i giorni. Tengo inoltre a chiarire, per evitare fraintendimenti nati nel confronto con altri, che quanto riporterò non è per dire che a me va bene così, ma che occorre partire da una situazione che in tanti casi “è così” e che così spiega certi comportamenti; resta che tanto si può fare, non solo per i giovani, ma anche per noi, considerando che della situazione attuale non se ne può dare tutta e solo la colpa a loro.

Uno dei cambiamenti che maggiormente caratterizza le nuove generazioni e mette alla prova le nostri “abitudini” in campo educativo è la convinzione che il proprio sé sia molto più importante dell’altro; essi aspirano al successo, ovvero al riconoscimento del loro intrinseco valore, della loro unicità e individualità. Questo porta al nascere e crescere di un fenomeno che chiameremo “narcisismo” e che ci porta a chiamare l’adolescente di oggi, Narciso.
La prospettiva presentata nel testo risulta un cambiamento non da poco, soprattutto in un’ottica cristiana dove l’altro è riconosciuto come fratello, dove il servizio e l’amore (caritas/agape) danno lo stile al processo di maturazione della vita di fede. Non può sfuggirci il richiamo di Gesù ad amare Dio (che è altro da me) con tutto se stessi, aggiungendo inoltre di amare il prossimo come se fosse un altro me stesso. Tutto questo viene messo molto in crisi e trova faticosa accoglienza nella vita dei nostri ragazzi, si tratta di una vera e propria conversione quella che siamo chiamati a proporre loro, una vita nuova che il mondo non può dare e che può venire solo da un cammino di amicizia con Dio nella fede, cioè fidandosi.
C’è il desiderio di amare, ma è un desiderio che rimane piccolo e concentrato su di sé, che spinge a preservarsi. Occorre convertire ed educare questo desiderio facendo sperimentare la bellezza del donarsi ad un altro, cominciando da esperienze che possono andare dall’animazione, a piccoli servizi, tutte esperienze guidate e nelle quali si chiede ai ragazzi di fidarsi, infatti esse non appaiono immediatamente appetibili, solo successivamente si avrà un riscontro in merito.

 È stato quasi del tutto abbandonato il modello educativo della colpa e del castigo. Esso poteva avere senso (e lo ha avuto e lo ha ancora) se si conserva una rappresentazione del figlio come tentato da istanze naturali che possono essere tenute a bada solo da una buona dose di valori etici e morali.
Nel frattempo sono sopraggiunte:
       la crisi dellautorità del padre,
       linserimento massiccio delle donne madri nel mondo del lavoro,
       la famiglia è diventata mononucleare,
       il matrimonio e la nascita del figlio sono stati differiti,
       il numero delle nascite è drasticamente diminuito, i figli sono quasi sempre unici e quindi preziosi come tutto ciò che è raro,
       le figlie femmine hanno conquistato le pari opportunità
       infine è  successo veramente di tutto in pochi anni, dalla crisi del sacro alla globalizzazione, dallavvento della società «liquida» alla crisi della politica.
In questo contesto in travolgente trasformazione, all’insaputa di tutti, ha preso piede la cultura del narcisismo: conviene cercare di capirne le strategie e i progetti, poiché il futuro della nostra società è nelle mani di Narciso.
Ha senso ritornare al modello della colpa/castigo o ha più senso trovare un’altra strada? Nel panorama educativo, anche a livello di ricerca si trova un po’ di tutto, io sono convito che questo modello non abbia perso del tutto la sua funzione, ma sia opportuno integrarlo con una dimensione maggiormente relazionale. Ci troviamo pertanto davanti a due modelli: possiamo aiutare il ragazzo ad essere cosciente alle proprie azioni colpendo il comportamento condannandolo, a questo di solito è legata una minaccia operata dalla vita o di una forza esterna, il rischio è di cadere nel ricatto affettivo facendo sentire l'altro in colpa; oppure non ci si ferma al comportamento oggettivo ma si chiede il senso del comportamento, il perché, viene offerta la possibilità di una nuova relazione per percorrere insieme una strada migliore, non strade alternative, ma la stessa strada percorsa in maniera diversa, con una migliore coscienza di sé stessi.
Ci viene chiesto una abbondante dose di empatia e l’attenzione a correggere le etichette che mettiamo ai nostri ragazzi e che condizionano i nostri interventi. Un intervento che non si ferma al comportamento oggettivo ma se ne chiede il senso, si può costruire coscienza se si riesce a leggere il motivo, il perché (es.: visto che cerchi qualcosa sei tu o qualcosa di te che ti porta a fare questa cosa? Secondo te il tuo comportamento dà quello che tu cerchi oppure no?). Da qua viene offerta la possibilità di una nuova relazione per percorrere insieme una strada migliore, non strade alternative, ma la stessa strada percorsa in maniera diversa, con una migliore coscienza di sé stessi.


[1] Charmet G. P.,Fragile e Spavaldo, ed. Laterza, 2010.

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