È la storia di un ragazzo di diciassette anni che ha
cominciato a suo modo a frequentare le attività della parrocchia, lo chiamo
Tommaso perché mi ricorda il famoso apostolo di cui parlano i Vangeli, il
nostro amico mancò l’appuntamento della Cresima fatto in seconda media dai suoi
amici, il discepolo del Vangelo mancò il primo incontro che ebbero gli altri
con Gesù risorto; narra infatti l’evangelista Giovanni. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne
Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma
egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il
dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non
crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro
anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse:
«Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie
mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo
ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse:
«Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto
crederanno!» (Gv 20, 24-29).
Sono due gli aspetti che colgo volentieri da
quanto accaduto in seguito a questa scoperta.
I suoi educatori erano all’oscuro del tutto, pensavano che
come di abitudine anche il nostro Tommaso fosse “a posto” con i sacramenti,
quando scoprirono che così non era comparirono reazioni diverse tra di loro:
uno venne da me preoccupato per sapere cosa si potesse fare quasi fosse
successo chissà cosa, un altro aveva già previsto di inserirlo in un gruppo per
la preparazione, un altro propose di invitare il Vescovo per l’evento… insomma
l’affetto per questo ragazzo li aveva portati a preoccuparsi e progettare il
tutto, ma Tommaso cosa voleva? Non se lo chiesero fino a quando lui, un po’
stizzito da tutto quello che i suoi bravi educatori stavano elaborando,
comunicò che la Cresima non la voleva fare! Sconcerto generale, insistenze
continue, presagi catastrofici al riguardo nacquero nella mente di alcuni.
Personalmente ero contento, non tanto che non volesse farla, ma del fatto che
aveva preso una posizione perché su di essa si poteva lavorare; dopo un breve
colloquio emerse che non se la sentiva perché non era pronto a fare questo
passo, ciò mostro un grande senso di rispetto per il sacramento in sé e per il
proprio cammino personale. Mi edificò il suo atteggiamento e mi fece pensare
che a volte sono i ragazzi ad essere profondi mentre noi adulti rischiamo di
essere un po’ superficiali, sicuramente quando progettiamo e pensiamo sulla
vita degli altri senza coinvolgerli o almeno chiedendo loro che cosa ne
pensano, poi anche quando partiamo dalla parte sbagliata nel fare le cose cioè
dal cosa fare mentre sarebbe meglio partire dal perché farlo, perché è successo
questo, come stanno tutti coloro che sono coinvolti.
Cosa fare allora? Questo è il secondo aspetto di cui volevo
trattare. Chiaramente il rispetto del cammino del singolo non ci deve
spaventare nel comunicargli il bello che sogniamo e speriamo per lui insieme al
progetto di Dio. Occorreva accettare la posizione assunto da Tommaso, ma
chiedendosi: siamo sicuri che abbia compreso quello a cui dice di no? Per
assurdo non è la risposta che dovrebbe preoccuparci, ma che la possa prendere
liberamente e coscientemente, questo ci chiede come educatori di impegnarci
perché sia adeguatamente informato sulla cosa, ne conosca le conseguenze e cosa
essa richieda, insieme al valore che mantiene all’interno del cammino
cristiano. Il nostro impegno di educatori è far sì che la sua coscienza sia
messa in grado di decidere. In effetti emerse che Tommaso non sapeva
interamente a cosa stava dicendo di no, insieme a questo ci si accorse che
anche il perché prendeva la decisione occorreva che si confrontasse con la
logica del Vangelo che è diversa da quella a cui siamo abituati; per risolvere
la prima questione era necessario spiegargli meglio di cosa si trattava, per la
seconda arrivò provvidenzialmente una domenica il testo del Vangelo di Giovanni
sopra riportato che aiuto a ragionare in tal senso.
Nel brano che narra il mancato incontro avvenuto tra
l’apostolo e Gesù si coglie come quest’ultimo
sappia entrare nella vita delle persone superando le chiusure e le resistenze
che spesso mettiamo nel nostro incontro con lui, non è l’essere pronti che apre
all’incontro ma il desiderio di Gesù, la sua amicizia insieme al desiderio
della nostra ricerca. Capisco che il nostro Tommaso non si sentisse pronto per
la Cresima, ma non comprendeva come la cosa di per sé non costituisse un
ostacolo insuperabile, se c’era da parte sua il desiderio di incontrare Gesù
lui avrebbe sicuramente colmato quanto mancava e illuminato la vita così da
riuscire a comprendere meglio il tutto. Gesù supera e colpa i nostri timori se
trova aperte le porte del nostro cuore, se facciamo questo passiamo dalla paura
alla gioia di accogliere il Signore, così come viene narrato nel versetti che
precedono il testo citato.
Inoltre occorreva aiutare il nostro Tommaso a capire che la
fede ha proprio il compito di colmare alcuni dei dubbi che ci portiamo
umanamente dietro, noi siamo abituati dalla logica di questo mondo a scegliere
solo quando siamo sicuri e con le spalle coperte, la logica del Vangelo e della
fede prevede invece sempre un margine di rischio e di affidamento che può
essere colmato solo fidandosi della parola di Gesù. Il nostro Tommaso come
quello del Vangelo era legato ancora molto al “vedere per credere”, mentre la
beatitudine promessa da Gesù e che indica la via per noi è quella del: “beati
quelli che pur non avendo visto crederanno”. Occorreva quindi aiutare il nostro
amico ad entrare in questa logica che è quella giusta per decidere secondo
quanto suggerito dal Signore stesso.
Ora credo che il cammino sia impostato correttamente e
dobbiamo esserne contenti a prescindere dalla risposta che nascerà alla fine di
un cammino che è comunque in movimento e costruzione; vedremo, ma al momento io
sono sereno e contento.
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