lunedì 28 dicembre 2015

Poveri, curiosi, perditempo, girovaghi

Qualche giorno fa mi stavo informando su come era andato il ritiro di un gruppo delle medie, così due educatrici, per farmi uno scherzo, mi hanno mandato il seguente messaggio: “Ciao don! Il ritiro è andato malissimo...uno è caduto e  l'abbiamo dovuto portare all'ospedale e la mamma ha detto che ci vuole far causa...e gli altri erano ingestibili! È stato un disastro. Siamo stanchi e non vogliamo più fare catechismo così!!! Da gennaio dovrete cercare altri catechisti”.
Non vi nascondo che mi è venuto un colpo, immediatamente per il ragazzo che si era fatto male, subito dopo per cercare di capire e sostenere gli educatori in questo loro impegno. Una telefonata, ha presto svelato il tutto, si è trasformata invece in una comunicazione fruttuosa del bene emerso stando via con i ragazzi, di quanto di gustoso si possa cogliere attraverso loro.
Qualcuno potrebbe stupirsi del come mi sono fatto fregare così semplicemente, può essere, o forse perché nella mia esperienza è capitato di accompagnare educatori messi duramente alla prova dal confronto con i ragazzi. È in particolare a loro che voglio rivolgere questa Parola.
In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse. (Mc 3,7-12)
Mi sono scoperto sorpreso incontrando questa marea di gente che si riversa verso Gesù, formata un po’ da ogni genere di persone, sicuramente pochi ricchi o persone importanti; penso tanti poveri, curiosi, perditempo, girovaghi… e tra questi addirittura spiriti impuri. Immagino la faccia dei discepoli e la loro contrarietà, del resto è capitato anche che cercassero di tenerne lontano qualcuno dal proprio maestro; eppure è questa l’umanità che si deve aspettare di incontrare chi si mette al servizio dietro a Gesù, stando con lui si incontra soprattutto chi di lui ha bisogno. Tu educatore cristiano, se veramente segui il maestro, non puoi aspettarti di evitare questi anomali amici di viaggio.
Gesù nel Vangelo ci mostra la sua battaglia e vittoria contro il male del mondo e dell’uomo, ci invita a non averne paura; la paura è terribile nemica per un educatore perché porta a guardare l’altro con sospetto, mette sulle difensive, fa odiare la vita dell’altro, chiude alla comunione e porta alla sopraffazione. Non siamo noi ma è Gesù che vince le tenebre del cuore dell’uomo e risponde alle tensione dei nostri ragazzi. Lui stesso ci invita a non aver paura del male ma a prenderlo con una certa ironia, mi ricordo del santo Curato d’Ars che si divertiva a prendere in giro il demonio che veniva a tormentarlo durante la notte schernendolo perché poverino non aveva cose più importanti che dare fastidio a un semplice prete di campagna, o san Francesco d’Assisi che a un discepolo tentato dal demonio suggerì di vincere la tentazione dicendo al demonio quando si fosse di nuovo presento “Apri la tua bocca che ci voglio cagare dentro”.
Capita che anche nei nostri gruppi di ragazzi arrivi un po’ di tutto, credo sia giusto nella misura in cui siamo aperti al mondo, cercando di creare ponti con esso. Capita quindi di venire a contatto con una umanità molto variegata, fatta anche di perditempo di passaggio o chi di motivazioni non ne ha un granché. Il tutto ci chiede, come fa Gesù, di lottare contro il male che possiamo cogliere fuori e dentro i giovani. Non però una accoglienza supina, sono infatti gli spiriti immondi che cadono ai piedi di Gesù e non viceversa. Non c’è chiesto di farci mettere i piedi in testa, ma di combattere una battaglia dove noi siamo i vincitori; qua entra di mezzo in modo forte la nostra fede, la vittoria è certa perché Gesù ha già vinto e se è lui che continua a lavorare con noi viviamo di questa certezza, guai invece se facessimo da soli, sarebbe dietro l’angolo la sconfitta.
Un aspetto comune nel nostro mondo è il fatto che il male faccia più rumore del bene, un albero abbattuto più di una foresta che cresce. Agli occhi di Dio noi e i nostri ragazzi non siamo identificati per il male che facciamo, ma per il bene a cui siamo chiamati, troppe volte siamo invece portati a identificare gli altri nel male che fanno, in giudizi che dall’oggettivo passano al soggettivo creando pregiudizi, noi non siamo i nostri peccati siamo molto meglio del male che facciamo. Questo ci chiede una grande trasformazione dello sguardo; forse sarò un illuso ma voglio continuare a vedere questa marea di gente un po’ insolita nel loro lato bello, senza per questo nascondermi quello negativo, ma preferendo in ogni caso dare fiducia.

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