Sempre più spesso mi capita di incontrare giovani che
riassumono lo stato della propria fede nello slogan “Dio sì, Chiesa no”. Senza
generalizzare voglio parlarvi dell’incontro vissuto con uno di loro.
Alessandro è cresciuto in una famiglia credente, presente
nella vita pastorale della parrocchia del luogo che è molto attiva,
frequentando il gruppo scout. Pian piano ha lasciato tutto, i metodi usati per
la trasmissione della fede non lo convincevano più, li sentiva pesanti, notava
una sempre crescente distanza tra quanto predicato e quanto vissuto: non
metteva in dubbio l’esistenza di Dio, ma la pratica così come gli era stata
insegnata, insieme anche a un certo modo di far passare i valori come un qualcosa
che imprigiona invece di essere liberante. Alessandro però non è cieco, non ha
perso il gusto del vero. Un giorno passammo da una Casa della Carità, luogo
dove suore e laici cercano di fare casa con persone svantaggiate e disabili. Mi
disse: è in luoghi come questi che si dovrebbe fare catechismo; qui porterei
tranquillamente i miei amici che come me hanno lasciato la parrocchia e forse
capiremmo meglio di cosa si tratta quando si parla di Dio.
Vi garantisco che non è stata una conversione, questo nostro
amico ha continuato a pensarla come prima e a rimproverare alla comunità
cristiana le cose di prima. La novità è stato l’incontro con un volto della
Chiesa capace di stupirlo, di chiamare in causa la propria vita leggendola con
una luce diversa.
Come mai la cosa può essere così difficile? Il messaggio di
Gesù ha forse perso attrazione? Credo di no, il Vangelo mantiene tutt’ora la
propria potenza nel cambiare la vita, ma senza una comunità capace di
trasmetterlo esso rimane libro chiuso alla vita di tanti. Ecco allora che al
centro di tutto viene posta la comunità cristiana e mi chiedo: dov’è finita la
capacità della Chiesa di meravigliare?
In quel tempo, mentre
Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola.
Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del
pranzo. Allora il Signore gli disse:
«Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno
è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha
forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro,
ed ecco, per voi tutto sarà puro». (Lc 11,37-41)
Come Chiesa corriamo il rischio, come il fariseo, di
chiuderci dentro automatismi e modi di fare, abitudini che quando vengono da
qualcuno cambiante sembra di perdere tutto. Abbiamo bisogno di vivere
l’esperienza fatta dal fariseo; l’incontro con Gesù restituisce a questo uomo
il senso di meraviglia, egli è autenticamente alla ricerca di Dio ma rinchiuso
nei soliti modi di fare, trova nel comportamento di Gesù la capacità di
reinterrogarsi sulla propria vita. Dal chiedersi il perché di un comportamento
anomalo secondo il solito, nasce la meraviglia che porta ad aprirsi al fatto
che forse può esserci altro, riceve così da Gesù la cura e la direzione giusta
da prendere.
Come lui, ne abbiamo bisogno anche noi, credo che tanti
giovani ci accusino giustamente, di aver perso la capacità di meravigliarli e
di meravigliare il mondo, con il saper porre gesti capaci di interrogare la
vita e di rimetterla in movimento.
La grande sete di interiorità e spiritualità che emerge dai
ragazzi, spesso indirizzata e vissuta un po’ a caso, ci chiede di ripartire non
dalla cura per l’esterno ma per l’interno. Ti capita un ragazzo che non viene a
messa, tu chiedigli il perché prima di dirgli di venire a messa, non chiediamo
di adattarsi a certe forme di vita, ma di dare significato alla vita. Incontri
un ragazzo violento, chiedigli il perché prima di richiamarlo a un
comportamento più “normale”. Incontri un adolescente che fa uso di droga,
dialoga sul perché prima di fargli la ramanzina sul pericolo del suo
comportamento. Ci stupiamo di fronte a tanti ragazzi che lasciano dopo la
Cresima, chiediamoci il perché prima di lamentarci e di accusarli di essere
superficiali.
Come Chiesa ed educatori occorre che riscopriamo uno sguardo
di meraviglia nei confronti delle nuove generazione, ci stimolano e ci invitano
a un cammino nuovo, capace di suscitare meraviglia in tutti coloro che si
avvicinano.
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