martedì 10 novembre 2015

Meravigliarsi

Sempre più spesso mi capita di incontrare giovani che riassumono lo stato della propria fede nello slogan “Dio sì, Chiesa no”. Senza generalizzare voglio parlarvi dell’incontro vissuto con uno di loro.
Alessandro è cresciuto in una famiglia credente, presente nella vita pastorale della parrocchia del luogo che è molto attiva, frequentando il gruppo scout. Pian piano ha lasciato tutto, i metodi usati per la trasmissione della fede non lo convincevano più, li sentiva pesanti, notava una sempre crescente distanza tra quanto predicato e quanto vissuto: non metteva in dubbio l’esistenza di Dio, ma la pratica così come gli era stata insegnata, insieme anche a un certo modo di far passare i valori come un qualcosa che imprigiona invece di essere liberante. Alessandro però non è cieco, non ha perso il gusto del vero. Un giorno passammo da una Casa della Carità, luogo dove suore e laici cercano di fare casa con persone svantaggiate e disabili. Mi disse: è in luoghi come questi che si dovrebbe fare catechismo; qui porterei tranquillamente i miei amici che come me hanno lasciato la parrocchia e forse capiremmo meglio di cosa si tratta quando si parla di Dio.
Vi garantisco che non è stata una conversione, questo nostro amico ha continuato a pensarla come prima e a rimproverare alla comunità cristiana le cose di prima. La novità è stato l’incontro con un volto della Chiesa capace di stupirlo, di chiamare in causa la propria vita leggendola con una luce diversa.
Come mai la cosa può essere così difficile? Il messaggio di Gesù ha forse perso attrazione? Credo di no, il Vangelo mantiene tutt’ora la propria potenza nel cambiare la vita, ma senza una comunità capace di trasmetterlo esso rimane libro chiuso alla vita di tanti. Ecco allora che al centro di tutto viene posta la comunità cristiana e mi chiedo: dov’è finita la capacità della Chiesa di meravigliare?
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.  Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro». (Lc 11,37-41)
Come Chiesa corriamo il rischio, come il fariseo, di chiuderci dentro automatismi e modi di fare, abitudini che quando vengono da qualcuno cambiante sembra di perdere tutto. Abbiamo bisogno di vivere l’esperienza fatta dal fariseo; l’incontro con Gesù restituisce a questo uomo il senso di meraviglia, egli è autenticamente alla ricerca di Dio ma rinchiuso nei soliti modi di fare, trova nel comportamento di Gesù la capacità di reinterrogarsi sulla propria vita. Dal chiedersi il perché di un comportamento anomalo secondo il solito, nasce la meraviglia che porta ad aprirsi al fatto che forse può esserci altro, riceve così da Gesù la cura e la direzione giusta da prendere.
Come lui, ne abbiamo bisogno anche noi, credo che tanti giovani ci accusino giustamente, di aver perso la capacità di meravigliarli e di meravigliare il mondo, con il saper porre gesti capaci di interrogare la vita e di rimetterla in movimento.
La grande sete di interiorità e spiritualità che emerge dai ragazzi, spesso indirizzata e vissuta un po’ a caso, ci chiede di ripartire non dalla cura per l’esterno ma per l’interno. Ti capita un ragazzo che non viene a messa, tu chiedigli il perché prima di dirgli di venire a messa, non chiediamo di adattarsi a certe forme di vita, ma di dare significato alla vita. Incontri un ragazzo violento, chiedigli il perché prima di richiamarlo a un comportamento più “normale”. Incontri un adolescente che fa uso di droga, dialoga sul perché prima di fargli la ramanzina sul pericolo del suo comportamento. Ci stupiamo di fronte a tanti ragazzi che lasciano dopo la Cresima, chiediamoci il perché prima di lamentarci e di accusarli di essere superficiali.
Come Chiesa ed educatori occorre che riscopriamo uno sguardo di meraviglia nei confronti delle nuove generazione, ci stimolano e ci invitano a un cammino nuovo, capace di suscitare meraviglia in tutti coloro che si avvicinano.

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