lunedì 2 novembre 2015

Le tante famiglie in cui abita un ragazzo

Qualche tempo fa è venuta da me una madre angosciata a causa del figlio che aveva cominciato a girare con brutte compagnie, uno di questi era di un anno più grande, bocciato e fumava; il tutto lo dico un po’ sorridendo dentro di me, non volendo sminuire le preoccupazioni evidenti e il malessere della madre, ma pensando a quanti stereotipi ci tengono prigionieri. Il mio consiglio a questa madre è stato di invitare a pranzo proprio questo amico per conoscerlo meglio, lei ha strabuzzato gli occhi considerando che non solo vietava (inutilmente) a suo figlio di incontrarlo, ma addirittura erano in atto strategie di pedinamento dalla parte dei genitori alle quali si affiancavano quelle di fuga da parte del figlio. Dentro di me continuavo a sorridere, non delle persone coinvolte ma pensando a quanto troppo spesso il nostro impegno educativo con gli adolescenti rischia di invischiarsi in soluzioni tragicomiche che non portano da nessuna parte e fanno perdere tempo ed energie preziose impiegabili in altri modi. La situazione concreta che mi trovavo davanti era realmente fonte di disagio per tutti; le difficoltà reali non venivano tanto dalle frequentazioni del figlio e dai pericoli poco reali ad esse connessi, ma la sofferenza era causata da come si erano strutturate le relazioni e le strategie di azione. Il tutto si è concluso con una “sconfitta”, di una sola battaglia e non dell’intera guerra, io non sono riuscito a comunicare adeguatamente lo svelamento dei meccanismi di male che si erano instaurati sotto a tutto, la madre da parte sua non riuscì a fare un passo oltre i propri timori o almeno tentare di uscire dalla situazione invischiata nella quale ora ci si trovava.
Quando ci si trova di fronte ad alcune situazioni di difficoltà dei ragazzi ci viene da esclamare: “cosa ho fatto di male, dove ho sbagliato!”; è già bello che ci si metta in discussione, occorre però mettere in conto che a volte la risposta è semplice: non hai fatto niente di male e non hai sbagliato niente. Quindi? Capita che certi comportamenti vengano assunti da quegli ambiti sociali nei quali i giovani vivono, occorre sapere quali essi siano e cercare di rimanere informati riguardo ad essi, almeno per capirli anche se questo non in automatico ci porterà a comprendere gli adolescenti.
Il passo decisivo per maturare questa conoscenza è ascoltare i ragazzi dopo che si è riusciti con il discorso ad entrare nel loro mondo. Lo so che non è semplice, vi dico subito che non basta chiedere come sia andata a scuola o all’allenamento, occorre conoscere le dinamiche che capitano nei luoghi frequentati dai giovani e in base alla conoscenza che abbiamo del ragazzo tirare fuori quelle che più possono stimolare; questo sforzo tanti educatori non sono disposti a farlo, così si trova un alibi nel dire che gli adolescenti parlano poco, quindi indirettamente scarichiamo la colpa di tutto su di loro. Qua non ho tempo e spazio per approfondire il tutto, ma basterebbe essere realmente interessati anche a cose che come adulti giudichiamo poco importi, ma che per i ragazzi sono tutt’altro che banali: risvolti, posizione di un piercing, un certo taglio di capelli, i brufoli e così via. Occorre veramente cercare di capire, troppo spesso incontro gente che pensa già di saperla lunga e si saltano le domande fondamentali; capita che un ragazzo beva troppo e io già mi faccio i miei viaggi mentali dando interpretazioni al suo disagio esistenziale, mentre occorre cominciare con il sedersi insieme, guardarsi in faccia e chiedergli, non a interrogatorio, ma distribuendoli in un discorso: perché bevi? Con chi lo fai? Ti piace? Ogni quanto?... Insomma occorre veramente cercare prima di tutto di capire! Invece noi, come capitato alla madre dell’esempio riportato sopra, consideriamo in partenza lo stato di adolescenza come pericoloso. Per evitare di essere frainteso sottolineo chiaramente che cercare di comprendere le loro ragioni non vuol dire dar loro ragione; fatto quanto sopra suggerito rende anche il mio disaccordo con le posizioni assunte da un ragazzo, come una opinione autorevole e avremo maggiori possibilità di ascolto da parte loro quando daremo un consiglio sensato.
Altro passo è quello di dare l’adeguato riconoscimento alla nuova famiglia nella quale vive un giovane e che si affianca a quella naturale, parliamo del gruppo spontaneo di amici del quale, non esageriamo l’importanza, definendolo come una vera famiglia sociale. All’interno di essa viene dettato il nuovo codice morale di riferimento che si affianca o si sostituisce a quello fino ad ora consegnato in altri contesti; non solo ma anche dal punto di vista affettivo ricopre quel posto che da piccoli aveva la famiglia naturale, vi si trova aiuto e consolazione. Mi permetto qua una piccola divagazione, questa nuova famiglia sociale è molto influenzata dai modelli presentati dalla moda del momento, molto esposta alla pubblicità e alle logiche messe in campo da esperti di marketing, siamo noi mondo adulto responsabili di questo e non i ragazzi, occorre che ce la prendiamo con le persone giuste e che questo mondo fatto da noi si assuma una maggiore responsabilità educativa, anche perché poi lamentarsi non servirà a niente.
Non accetto che certi mass-media spettacolarizzino in modo acritico certi comportamenti, pubblicizzino certi modi di vivere, per poi prendersela con le famiglie e con i ragazzi riferendosi alla situazione di disagio dei giovani; è una cosa scorretta. Continuando a sostenere un vivere dove sono importanti il successo, la bellezza e la visibilità, tutti obiettivi non semplici da raggiungere, capita che i giovani sentano il bisogno di essere  aiutati da qualche sostanza e da alcuni gesti o segni particolari. Volendo comunque correggere la direzione presa da questa mia divagazione, credo sia da riconoscere una responsabilità che ci vede tutti solidali nel determinare i comportamenti a rischio dei nostri ragazzi: famiglia, scuola, sport, parrocchia, economia e mondo dello svago.
Quindi: invitate gli amici dei vostri figli a pranzo, informatevi sui contesti e le dinamiche dei luoghi (reali e virtuali) frequentati dai ragazzi, siate curiosi al punto giusto, riconoscete le ragioni degli adolescenti senza che questo obblighi a dar loro ragione, cercate di dare un “nome” e un perché alle difficoltà che si vivono, mettete in conto qualche sconfitta ma non date la guerra per persa, prima di farvi viaggi mentali e interpretazioni chiedete il perché di certi comportamenti visto che non lo sapete, siate di pungolo e stimolo perché chiunque si occupa di giovani sia attendo ad adottare uno stile educativo.
Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé".
Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: "Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano". Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre". (Mc 3, 20-21.31-35)
Arriva il momento anche per Gesù di formare una nuova famiglia, non più quella di appartenenza, ma quella radunata intorno a lui con un progetto comune: fare la volontà di Dio. Ci sono delle ricerche capaci di creare legami capaci di prendere il posto che fino ad allora era stato occupato dalla famiglia di provenienza, di essere più forti addirittura di bisogni essenziali quali la fame tanto è bello stare insieme.
Prezioso per noi educatori alla fede è aiutare i ragazzi ad incontrare una comunità unita e riunita dalla volontà di mettere in pratica l’insegnamento di Gesù. Come comunità cristiana che spesso si lamenta dell’assenza dei più giovani al proprio interno, piuttosto che prendercela con loro e con il mondo, occorre che facciamo una verifica su questo.
Un aspetto importante risulta la presenza di altri coetanei, più numerosi sono meglio è, con i quali fare “folla” capace di far sentire a casa e vincere quella solitudine che fin dalla Genesi, Dio stesso non vede come buona per le persone.
Una folla che diventa famiglia, comunità, luogo in cui crescere. Una identità creata non da mode passeggere, ma dal cercare di vivere insieme la Parola. È una strada percorribile, occorre che ci crediamo e come educatori abbiamo il coraggio di proporla ai nostri ragazzi.

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