lunedì 14 settembre 2015

Occorre testimoniare con la vita

(Tratto dal discorso di papa Francesco durante la visita dei vescovi del Portogallo – 07/09/2015)

Miei amati fratelli, non può non preoccupare tutti noi questa fuga della gioventù, che avviene proprio nell’età in cui le è dato prendere in mano le redini della sua vita. Chiediamoci: la gioventù va via, perché decide così? Decide così, perché non le interessa l’offerta ricevuta? Non le interessa l’offerta, perché non dà risposta ai problemi e agli interrogativi che oggi la preoccupano? O non sarà semplicemente perché da tempo il vestito della Prima Comunione ha smesso di servirle e lo ha cambiato? È possibile che la comunità cristiana insista a farglielo indossare? Il suo Amico di allora, Gesù, è a sua volta cresciuto, ha preso la vita nelle sue mani, con qualche incomprensione con i suoi genitori (cfr. Lc 2, 48-52), e ha abbracciato i disegni del Cielo su di Lui, portandoli a compimento con l’abbandono completo nelle mani del Padre (cfr. Lc 23, 46). Ricordo che, in un momento di crisi e di esitazione che coinvolse i suoi amici e seguaci e che portò molti di loro a disertare, Gesù chiese ai dodici apostoli: «Forse anche voi volete andarvene?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6, 67-69). La proposta di Gesù li aveva convinti; oggi la nostra proposta di Gesù non convince. Penso che nei testi preparati per i successivi anni di catechesi, la figura e la vita di Gesù siano ben presentate; forse più difficile è diventato incontrarlo nella testimonianza di vita del catechista e della comunità intera che lo invia e lo sostiene, fondata sulle parole di Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Che Lui ci sia, non ci sono dubbi; ma dov’è che lo nascondiamo? Perché se la proposta è Gesù Cristo crocifisso e redivivo nel catechista e nella comunità, se Gesù si mette in cammino con il giovane e parla al suo cuore, quest’ultimo sicuramente s’infiamma (cfr. Lc 22, 15 e 32).
Gesù cammina con il giovane... Purtroppo il pensiero dominante attuale, che vede l’essere umano come apprendista-creatore di se stesso e totalmente ebbro di libertà, ha difficoltà ad accettare il concetto di vocazione, nel senso alto di una chiamata che giunge alla persona dal Creatore del suo stesso essere e della sua stessa vita. La verità, però, è che Dio, nel crearci, indubbiamente liberi nell’esistenza, predispose in un certo senso la nostra essenza, pensandola e dotandola delle capacità richieste, per una missione concreta al servizio dell’umanità che Egli ama. E ci ama troppo per abbandonarci al caso e alla mancanza di bene. Pertanto la nostra felicità dipende pienamente dal nostro saper individuare e seguire la chiamata a tale missione. Questa libertà predisposta dal più profondo del nostro essere per un bene determinato, il mondo la definisce una contraddizione e, nel suo calcolo delle probabilità, non vede per noi alcuna possibilità di andare a finire nel posto esatto che un Essere infinito ci avrebbe attribuito. Ma il mondo si inganna perché Egli «ha guardato l’umiltà della sua serva e in lei ha fatto grandi cose». Queste parole traducono la certezza di una giovane benedetta, ma che vedeva la stessa misericordia che Dio rivolgeva a lei estendersi «di generazione in generazione su quelli che lo temono» (cfr. Lc 1, 48-50).
E non c’è alcun motivo perché una persona, chiunque essa sia, si autoescluda da questo tenero sguardo di Dio sulla sua umile creatura. «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49, 15). Gesù cammina con il giovane... Al catechista e a tutta la comunità viene chiesto di passare dal modello scolastico a quello catecumenale: non solo conoscenze cerebrali, ma anche incontro personale con Gesù Cristo, vissuto in una dinamica vocazionale secondo la quale Dio chiama e l’essere umano risponde. «Il Signore dal seno materno mi ha chiamato... mi ha plasmato suo servo... per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele, — poiché ero stato stimato dal Signore e Dio era stato la mia forza» (Is 49, 1 e 5). La Chiesa in Portogallo ha bisogno di giovani capaci di dare una risposta a Dio che li chiama, per tornare ad avere famiglie cristiane stabili e feconde, per tornare ad avere consacrati e consacrate che scambino tutto per il tesoro del Regno di Dio, per tornare ad avere sacerdoti immolati con Cristo per i loro fratelli e le loro sorelle. Abbiamo tanti giovani disoccupati mentre il Regno dei Cieli scarseggia di operai e di servitori... Dio non può volere questo. Che cosa sta succedendo allora? «Perché nessuno ci ha presi a giornata» (Mt 20, 7).
Dobbiamo dare una dimensione vocazionale a un percorso catechetico globale che possa ricoprire le varie età dell’essere umano, di modo che tutte siano una risposta al buon Dio che chiama: ancora nel seno della madre, ha chiamato alla vita e il nostro essere si è affacciato alla vita; e una volta terminata la sua tappa terrena, dovrà rispondere con tutto il suo essere a questa chiamata: «Servo buono e fedele... prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt 25, 21).

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