Sintesi primo incontro di don
Alessandro Manenti durante il corso vicariale di formazione per educatori, 13
gennaio 2015, Guastalla (RE)
Quando parliamo di cammini formativi troviamo due protagonisti
principali: l’educatore e l’educando; il rapporto, che pur può
crescere in affetto e amicizia, ha in sé una dimensione di asimmetria, infatti
il primo interprete dovrebbe avere qualcosa da dire in più
e da consegnare; questo di più per noi educatori alla fede è
il Vangelo.
In questa opera educativa non ci troviamo di fronte ad un
contenitore vuoto, ogni ragazzo possiede dei contenuti di vita, degli insiemi di
interessi, non è scontato che tutto questo entri in automatico a contatto
con i contenuti di fede rischiando così in atteggiamento simile a quello che
Gesù
nei vangeli attribuisce a certi capi del popolo, essi parlano bene e insegnano
la legge di Dio, ma la loro vita ne è molto distante; occorre quindi far sì
che il contenuto della fede entri come elemento di salvezza del contenuto di
vita dell’adolescente. In poche parole si tratta di trovare un
contatto tra fede e vita.
L'educazione non si fa con innanzitutto con i contenuti, prima occorre
cercare di accendere un desiderio dentro la persona perché
solo così
nasce l’interesse
per essi e la volontà di averli; non parliamo di un dinamismo generico, ma di una
questione che riguarda l’esistenza, una faccenda di vita o di morte; si tratta di
mettere in movimento, far venire l’acquolina in bocca, il voler star
meglio e parlare in modo speranzoso del futuro.
Il desiderio in quanto tale diventa strumento di riferimento, è
qualcosa che non inventiamo noi ma ce lo troviamo dentro come qualità
che ogni persona possiede ancora prima del desiderare singole cose; eppure non è
automatico che presentando i nostri contenuti ai ragazzi nasca in loro una
attrazione verso essi, il rischio quindi è che se anche annunciati non vengano
presi in considerazione; in più un ulteriore ostacolo che viene proprio
dalla nostra natura, è che noi da soli così come siamo riusciamo a desiderare a
livello solo umano, anche perché in modo naturale non si riesce a
desiderare qualcosa che vi vada oltre.
Il vivere di tutti i giorni di un mondo che ormai fa senza Dio,
insegna a modelli che fanno a meno di lui, è pertanto necessario molto di più
nella nostra cultura rispetto ad altre maggiormente aperte dal divino,
riattivare una facoltà desiderativa perché il messaggio cristiano possa essere
percepito come necessario per la vita, come qualcosa che centra con la vita.
Leggendo la Parola di Dio, spicca in tanti passaggi la sua novità,
in particolare certe cose dette da Gesù a noi non sarebbero mai venute in
mente se dovevamo partire dai nostri ragionamenti e da come vediamo il mondo.
La famosa “legge del taglione” rappresenta un punto importante del
cammino fatto dall’uomo per mitigare la violenza e l’escalation della
vendetta, eppure di fronte ad essa arriva Gesù con una logica nuova ampiamente indicata nel
capitolo quinto del Vangelo di Matteo, ne riportiamo per esemplificazione
alcune versetti. Avete inteso che fu
detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di
non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà
uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli
anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu
lascia anche il mantello. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma
io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano,
affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo
sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,
38-40.43-45).
Il cambiamento è evidente, così come lo è
il cammino di educazione necessario per far propria questa dimensione. Il
desiderare la giustizia è una cosa che appartiene all’intera umanità, però
arriva a un certo punto Gesù che rovescia un po’
le cose; succede così che di fronte ad alcune sue Parole vado in crisi, va in
stallo il modo di pensare fino ad ora portato avanti e può
venere anche voglia di lascare tutto come del resto è capitato anche a
Gesù.
Molti dei suoi discepoli, dopo aver
ascoltato, dissero: "Questa parola è
dura! Chi può ascoltarla?".
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: "Volete andarvene
anche voi?". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu
hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che
tu sei il Santo di Dio" (Gv 6, 60.66-69).
Fino ad ora è stato affermato l’importanza
del desiderio presente in ognuno che ci dice che i giovani di oggi vanno
considerati tutt’altro come deboli ed egoisti, ma non possiamo fermarci lì,
c’è
un orizzonte più alto verso il quale da solo non può maturare. I nostri
ragazzi capita che si fermino troppo presto accontentandosi di desideri piccoli
così
che la domanda di senso in essi contenuta si restringe fino quasi a non
riuscire più ad emergere, ma dentro persiste. Altre volte c’è
la paura di essere fregati nell’esporsi troppo, quindi abbasso la mira
e punto su a strumenti che mi possano fare da scudo e investo molto sul
virtuale, con il rischio poi di prendere delle fregatura.
Occorre creare degli spazi perché quelle domande si possano dire, il
dialogo, in particolare fatto negli incontri che settimanalmente tante
parrocchie mettono in campo per gli adolescenti, rappresentano un utile
strumento per riuscire a farlo, per trovare il coraggio di andarci fino in
fondo. Gli incontri con i ragazzi non hanno il primo scopo di dare delle
risposte, ma molto di più quello di tenere vive le domande, non si devono cercare
risposte ma accendere delle domande, delle ricerche, degli spiragli; e se servono
risposte esse devono lasciare insoddisfatti, affamati. Se si torna a casa
contenti e sfamati è perché abbiamo risposto alle ricerche
piccole, a quelle superficiali, e questo rischia di soffocare il rimanere delle
ricerca vera.
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