Mi trovavo in un sabato sera come tanti in oratorio a una
pizzata organizzata per un gruppo di ragazzi di terza media, terminata la cena
durante la quale ho potuto nuovamente meditare sulle capacità degli
adolescenti nel mangiare velocemente la pizza, solitamente si procede con una
serata organizzata con un po' di animazione. Ma così non
avvenne.
Per spiegarne il perché occorre andare alla precedente serata
passata insieme nella quale gli educatori aveva proposto e avviato la visione
di un film come programma per il dopo cena, si cercò di
arginare il solito uso dei cellulari fino a quando un ragazzo fece leggere ad
una educatrice una serie di messaggi scritti negli ultimi dieci minuti nei
quali si commentava negativamente l'organizzazione scelta dagli educatori. Il
film fu interrotto e invece di un dialogo cominciò una
contrapposizione che vedeva il crescere del malumore da una parte all'altra,
gli educatori si sentivano feriti nell'impegno e nel tempo speso a preparare il
tutto, i ragazzi che solitamente perdonano alla svelta già lo
avevano fatto per il film se non fosse stato per il "muso" piantato
dagli educatori. Non è mio interesse trovare la colpa da dare
a qualcuno, certo che a parer mio una maggiore responsabilità era
negli educatori sia perché adulti, sia perché fa
parte del loro ruolo gestire bene queste evenienze prendendo il tutto un po'
meno sul personale.
Quando si ha a che fare con adolescenti occorre una grande
elasticità e senso di adattamento, occorre imparare ad improvvisare e
avere sempre un piano alternativo. Di per sé lo
stop al film non era obbligato, non necessariamente e sempre occorre
trovare il riscontro da parte dei ragazzi riguardo a una proposta che reputiamo
utile per loro, si può tenere duro spiegando e mostrando il
senso del tutto, tante volte solo a posteriori i giovani riconoscono l'utilità di
quanto fatto, visto o sentito. In ogni caso anche lo stop del film poteva
andare bene, diventava occasione per lavorare su quanto piace ai ragazzi
dimostrando che teniamo in considerazione le loro opinioni, proseguendo però con
qualcosa proposto e gestito dagli adulti; purtroppo non si procedette così e semplicemente
li si invito ad autogestirsi, la cosa non funzionò, presi in mano la
cosa e attingendo all'esperienza di anni di animazione e da un po' di materiale
sempre presente per le necessità, riuscii a sistemare discretamente il
tutto coinvolgendo anche alcuni degli educatori più giovani.
Per tornare al motivo del numero strano che trovate a titolo di
questo intervento, prima di cominciare l'excursus di sopra, eravamo fermi a
quel sabato sera terminata la cena e senza animazione programmata, il motivo
spiegatomi faceva riferimento all'esperienza passata e voleva far sì che
fossero i ragazzi ad autogestirsi secondo i propri gusti. Immediatamente dentro
di me mi dissi che le cose non sarebbero per niente andate secondo questo
progetto, tanto che affermai che se fosse andata così avrei
scritto un articolo per rivedere i fondamenti della pedagogia dell'adolescenza,
chiaramente non ce ne fu bisogno perché i nostri ragazzi in certe cose
continuano a rimanere prevedibili. Fu comunque una esperienza interessante per
osservare come i ragazzi affrontano momenti insieme in modo informale è come
gli educatori si comportano in un contesto che non era solito secondo le
abitudini.
Nuovamente chi vinse furono i ragazzi, infatti alcuni educatori
si misero a giocare a carte fra di loro, la cosa venne notata dai ragazzi e non
riferita direttamente ma il giorno dopo da una loro mamma; gli adolescenti ci
tengono in considerazione più di quanto immaginiamo e ci ascoltano
più di quanto pensiamo, aspettano da noi delle proposte anche se
poi non è detto che facciamo quando vorremmo, aspettano comunque
sempre una nostra parola anche quando vogliono farsi i fatti propri, in questa
occasione essa è mancata e si è persa
un'occasione, come dissi però alla madre di prima, anche gli
educatori sbagliano e imparano pian piano dall'esperienza. In ogni caso la
serata è proceduta serena e in solidarietà tra
i ragazzi, per questo mi sono sentito di non intervenire e di stare a guardare
quello che è diventato una progressiva unione dei diversi gruppetti; il
segno determinante fu che in un salone abbastanza ampio per il numero che
eravamo, a un certo punto i ragazzi tutti vicini e anche sopra uno all'altro ne
occupavano meno di un terzo, con un occupazione di spazio pro-capite di appena
0,26 metri quadrati; ricavarlo è stato semplice, li ho contati, ho
misurato base e altezza di quello che era indicativamente il rettangolo occupato,
mentre lo facevo lo sguardo di alcuni di loro era un po’ stupito, trovata
l'area l'ho divisa per il numero dei presenti ed ecco fatto; qualcuno potrebbe
pensare che è una cosa un po' strana e gli do ragione così come
è stata colta come insignificante dai ragazzi, ma non ci hanno
badato più di tanto visto che gli adulti ne fanno di cose a loro vedere
irrilevanti.
La scommessa di vivere insieme una serata non organizzata ha
mostrato il forte desiderio di ricerca dell'altro che c'è tra
i ragazzi che si manifesta anche in questo stare attaccati corpo a corpo,
maschi e femmine, comunicando non solo con la voce ma anche con il fisico. Mi
stupì che nessuno aveva chiesto di mettere su la musica, i
cellulari erano quasi spariti, solo un gruppetto di pochi rimaneva per i fatti
propri insieme agli educatori giocatori di carte.
È proprio vero che è bello
stare insieme, questo cura tante ferite, i nostri ragazzi ne hanno bisogno non
tanto perché la vita è pericolosa, ma perché
l’adolescenza
a volte colpisce duramente, inoltre lo stare insieme in gruppo è
strumento prezioso per la trasmissione e la assimilazione dei valori. Mi viene
in mente il racconto della Trasfigurazione di Gesù. In quel tempo, Gesù prese
con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò
sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò
davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun
lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.
E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro
disse a Gesù: "Maestro, è
bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè
e una per Elia!". Non sapeva infatti che cosa dire, poiché
erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una
nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: "Questi è
il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!". E subito guardandosi
attorno, non videro più nessuno, se non Gesù
solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò
loro di non raccontare a nessuno ciò che
avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti.
Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però
che cosa volesse dire risuscitare dai morti. (Mc 9,2-10)
Ci sono alcune cose che si mostrano dentro l’intimità che un cammino fatto insieme può dare creare; si riceve la forza necessaria e i criteri di interpretazione delle paure e delle prove della vita, si danno e si ricevono nuovi significati che a volte sono difficili da descrivere. Noi ci scommettiamo che il cammino di fede fatto in gruppo possa portare all’incontro bello con Gesù; sali sul monte con Gesù come maestro forse considerato come una brava persona fermandosi solo all’aspetto della vita che lo rende un uomo speciale, e torni giù dal monto che invece accanto al Salvatore senza saperne ancora comprenderne totalmente il perché.
Ci sono alcune cose che si mostrano dentro l’intimità che un cammino fatto insieme può dare creare; si riceve la forza necessaria e i criteri di interpretazione delle paure e delle prove della vita, si danno e si ricevono nuovi significati che a volte sono difficili da descrivere. Noi ci scommettiamo che il cammino di fede fatto in gruppo possa portare all’incontro bello con Gesù; sali sul monte con Gesù come maestro forse considerato come una brava persona fermandosi solo all’aspetto della vita che lo rende un uomo speciale, e torni giù dal monto che invece accanto al Salvatore senza saperne ancora comprenderne totalmente il perché.
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