venerdì 6 marzo 2015

0,26 mq

Mi trovavo in un sabato sera come tanti in oratorio a una pizzata organizzata per un gruppo di ragazzi di terza media, terminata la cena durante la quale ho potuto nuovamente meditare sulle capacità degli adolescenti nel mangiare velocemente la pizza, solitamente si procede con una serata organizzata con un po' di animazione. Ma così non avvenne.
Per spiegarne il perché occorre andare alla precedente serata passata insieme nella quale gli educatori aveva proposto e avviato la visione di un film come programma per il dopo cena, si cercò di arginare il solito uso dei cellulari fino a quando un ragazzo fece leggere ad una educatrice una serie di messaggi scritti negli ultimi dieci minuti nei quali si commentava negativamente l'organizzazione scelta dagli educatori. Il film fu interrotto e invece di un dialogo cominciò una contrapposizione che vedeva il crescere del malumore da una parte all'altra, gli educatori si sentivano feriti nell'impegno e nel tempo speso a preparare il tutto, i ragazzi che solitamente perdonano alla svelta già lo avevano fatto per il film se non fosse stato per il "muso" piantato dagli educatori. Non è mio interesse trovare la colpa da dare a qualcuno, certo che a parer mio una maggiore responsabilità era negli educatori sia perché adulti, sia perché fa parte del loro ruolo gestire bene queste evenienze prendendo il tutto un po' meno sul personale.
Quando si ha a che fare con adolescenti occorre una grande elasticità e senso di adattamento, occorre imparare ad improvvisare e avere sempre un piano alternativo. Di per sé lo stop al film non era obbligato, non necessariamente e sempre occorre trovare il riscontro da parte dei ragazzi riguardo a una proposta che reputiamo utile per loro, si può tenere duro spiegando e mostrando il senso del tutto, tante volte solo a posteriori i giovani riconoscono l'utilità di quanto fatto, visto o sentito. In ogni caso anche lo stop del film poteva andare bene, diventava occasione per lavorare su quanto piace ai ragazzi dimostrando che teniamo in considerazione le loro opinioni, proseguendo però con qualcosa proposto e gestito dagli adulti; purtroppo non si procedette così e semplicemente li si invito ad autogestirsi, la cosa non funzionò, presi in mano la cosa e attingendo all'esperienza di anni di animazione e da un po' di materiale sempre presente per le necessità, riuscii a sistemare discretamente il tutto coinvolgendo anche alcuni degli educatori più giovani.
Per tornare al motivo del numero strano che trovate a titolo di questo intervento, prima di cominciare l'excursus di sopra, eravamo fermi a quel sabato sera terminata la cena e senza animazione programmata, il motivo spiegatomi faceva riferimento all'esperienza passata e voleva far sì che fossero i ragazzi ad autogestirsi secondo i propri gusti. Immediatamente dentro di me mi dissi che le cose non sarebbero per niente andate secondo questo progetto, tanto che affermai che se fosse andata così avrei scritto un articolo per rivedere i fondamenti della pedagogia dell'adolescenza, chiaramente non ce ne fu bisogno perché i nostri ragazzi in certe cose continuano a rimanere prevedibili. Fu comunque una esperienza interessante per osservare come i ragazzi affrontano momenti insieme in modo informale è come gli educatori si comportano in un contesto che non era solito secondo le abitudini.
Nuovamente chi vinse furono i ragazzi, infatti alcuni educatori si misero a giocare a carte fra di loro, la cosa venne notata dai ragazzi e non riferita direttamente ma il giorno dopo da una loro mamma; gli adolescenti ci tengono in considerazione più di quanto immaginiamo e ci ascoltano più di quanto pensiamo, aspettano da noi delle proposte anche se poi non è detto che facciamo quando vorremmo, aspettano comunque sempre una nostra parola anche quando vogliono farsi i fatti propri, in questa occasione essa è mancata e si è persa un'occasione, come dissi però alla madre di prima, anche gli educatori sbagliano e imparano pian piano dall'esperienza. In ogni caso la serata è proceduta serena e in solidarietà tra i ragazzi, per questo mi sono sentito di non intervenire e di stare a guardare quello che è diventato una progressiva unione dei diversi gruppetti; il segno determinante fu che in un salone abbastanza ampio per il numero che eravamo, a un certo punto i ragazzi tutti vicini e anche sopra uno all'altro ne occupavano meno di un terzo, con un occupazione di spazio pro-capite di appena 0,26 metri quadrati; ricavarlo è stato semplice, li ho contati, ho misurato base e altezza di quello che era indicativamente il rettangolo occupato, mentre lo facevo lo sguardo di alcuni di loro era un po stupito, trovata l'area l'ho divisa per il numero dei presenti ed ecco fatto; qualcuno potrebbe pensare che è una cosa un po' strana e gli do ragione così come è stata colta come insignificante dai ragazzi, ma non ci hanno badato più di tanto visto che gli adulti ne fanno di cose a loro vedere irrilevanti.
La scommessa di vivere insieme una serata non organizzata ha mostrato il forte desiderio di ricerca dell'altro che c'è tra i ragazzi che si manifesta anche in questo stare attaccati corpo a corpo, maschi e femmine, comunicando non solo con la voce ma anche con il fisico. Mi stupì che nessuno aveva chiesto di mettere su la musica, i cellulari erano quasi spariti, solo un gruppetto di pochi rimaneva per i fatti propri insieme agli educatori giocatori di carte.
È proprio vero che è bello stare insieme, questo cura tante ferite, i nostri ragazzi ne hanno bisogno non tanto perché la vita è pericolosa, ma perché ladolescenza a volte colpisce duramente, inoltre lo stare insieme in gruppo è strumento prezioso per la trasmissione e la assimilazione dei valori. Mi viene in mente il racconto della Trasfigurazione di Gesù. In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè, che discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a Gesù: "Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia!". Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: "Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!". E subito guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti. (Mc 9,2-10)
Ci sono alcune cose che si mostrano dentro lintimità che un cammino fatto insieme può dare creare; si riceve la forza necessaria e i criteri di interpretazione delle paure e delle prove della vita, si danno e si ricevono nuovi significati che a volte sono difficili da descrivere. Noi ci scommettiamo che il cammino di fede fatto in gruppo possa portare allincontro bello con Gesù; sali sul monte con Gesù come maestro forse considerato come una brava persona fermandosi solo allaspetto della vita che lo rende un uomo speciale, e torni giù dal monto che invece accanto al Salvatore senza saperne ancora comprenderne totalmente il perché.

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