lunedì 20 luglio 2015

Poche scuse e vai

Ho incontrato un ragazzo il quale, qualunque cosa gli venisse chiesta, prontamente ripsondeva con una risposta che può essere riassunto così: “con calma”. I giovani sono molto entusiasti e saltano su con altrettanta buona volontà se sai coinvolgerli, sfiderebbero rischi e incognite. Eppure a tutti noi sarà capitato di scoprire che stranamente, in alcuni momenti di fronte ad alcune proposte, viene loro stranamente la “voglia di studiare”. Con questa espressione, riassumo in un unico ironico termine, le tante volte che capita di rivolgersi ad adolescenti per chiedere loro aiuto o per proporre esperienze formative, e poi sentirsi rispondere avanzando scuse varie chiaramente orientate ad evitare l’impegno. La cosa ai giorni nostri sembra aver contagiato anche il mondo adulto, ma non entro nel merito limitandomi a trattare dell’orizzonte giovanile.

domenica 12 luglio 2015

Domande di vita

I giovani hanno tante domande dentro e se hai la pazienza di stare lì ad ascoltare le tirano fuori. Spesso sono domande fatte seguendo la passione del momento o nate da una ricerca che ancora non è ben organizzata. A volte anche solo per curiosità o per desiderio di sapere certe cose. In ogni modo credo che ogni domanda meriti il tentativo di una risposta, essa però non sempre deve seguire i criteri secondo i quali è stata fatta; cioè il nostro aiuto non può limitarsi ad essere passionale, disorganizzato, curioso, intellettuale o così via, occorre che sia parte di un cammino che stimola a tirare fuori la ricerca vera, una risposta che metta in cammino, che faccia fare esperienza.
Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". Costui rispose: " Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso ". Gli disse: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai". Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è mio prossimo?". Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?". Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così" (Lc 10,25-37).

domenica 5 luglio 2015

Giairo: semplicemente padre

Mi capita spesso di incontrare genitori di figli adolescenti che mi vengo a chiedere aiuto, o semplicemente per condividere, la loro sofferenza nei confronti del rapporto con i figli. Conosco anche tanti educatori parrocchiali tristi per l’abbandono da parte dei ragazzi delle attività pensate per loro. Capita spesso a quanti sono chinati verso le giovani generazioni, di sperimentare momenti di lutto, non tanto legati alla morte di qualcuno, ma al trovarsi inermi di fronte a certe situazioni. Ti svegli una mattina e lui: non vuole più andare a scuola, scopri nei suoi vestiti roba non legale, ti chiamano i carabinieri per andare in caserma, non esce più di casa, rimane incinta, dimagrisce troppo,
Tante sono le storie di sofferenza incontrate in questi anni. La prima cosa che faccia è ascoltarle, poi ringrazio perché il solo fatto di essere lì a parlarne vuol dire non averci mollato, mostra il desiderio di rimanere fedeli al proprio compito fino alla fine, questo non è poco e non è scontato. Quante volte incontro ragazzi soli, non perché senza nessuno, ma perché chi c’è ha deciso per vari motivi di non occuparsi più di loro, abdicando al compito che la natura, la società o Dio ha affidato loro. Ecco il vero lutto, non tanto le difficoltà elencate sopra, ma l’abbandono degli adulti del proprio ruolo educativo; nasce così una nuova classe sociale di orfani, quelli del nuovo secolo da poco iniziato, quelli della società scientificamente avanzata e ricca, ma incapace di prendersi cura di loro fino  in fondo.