sabato 3 gennaio 2015

Il gruppo di amici e il tempo libero: cosa ripensare i cammini educativi

Oggi i ragazzi vengono cresciuti fin da piccoli spinti per realizzarsi nel successo, che sia quello scolastico, sportivo, relazionale o così via poca differenza fa; questo chiede di investire su dimensioni che diano visibilità e una posizione che permetta agli altri di notarlo, ci si rispecchia infatti nel riconoscimento dato dagli altri. Forse detta così può suonarci male, ma come adulti siamo di fatto noi i primi autori di questo modo con cui gira il mondo e delle istanze a cui i ragazzi sono esposti ancora prima dell’adolescenza e che contribuisco a renderla così com’è.
Noi puntiamo su sport, scuola, immagine, soldi, fama; i ragazzi alla fine dei conti preferiscono perseguire il tutto attraverso quella che diventa una vera e propria nuova famiglia sociale: quella del gruppo di amici, dei propri coetanei scelti autonomamente.

Scuola, per i greci “scholè”, significava tempo libero; per i Romani “ludus” cioè gioco; oggi non è più così, forse è il termine obbligo (visto anche il triste “obbligo scolastico”) che lo rappresenta meglio. Lo sport, la musica e altre attività hanno poi preso il significato di “tempo libero”, ma non è più così, sono sempre di più i ragazzi che finito l’allenamento vengono in oratorio a continuare lo stesso sport finalmente come vogliono loro e non come dice l’allenatore. Oggi il “tempo libero” lo si vive con il proprio gruppo informale, a far cosa, non è poi così importante, ciò che conta è essere insieme, questo lo vedo in prima persona nei tanti momenti formativi o di festa che organizzo in oratorio e nei diversi gruppi formativi.
Da quanto detto si può ricavare che non sempre i luoghi e i momenti pensati per i giovani sono capaci di sostenere il processo di separazione e di crescita, a volte neanche di intercettare il loro desiderio di socializzazione; cominciano così ad andare in crisi vocazionale e di frequenza quei luoghi fino ad ora pensati per loro, compresi anche gli oratori e i cammini classici come strumenti per creare alleanze sostenute da indicazione etiche condivise in un cammino.
Oggi il compito di occupare il tempo libero, di dare identità e soluzione al problema della noia e della solitudine (questioni molto sentite dai nostri ragazzi) è attribuito al tempo trascorso nel gruppo spontaneo creatosi al di là del desiderio dei genitori, della frequentazione della stessa classe o dell’allenamento o di altri gruppi strutturali frequentati quali anche quelli parrocchiali. Rischiando di ripetermi desidero sottolineare che quanto detto spiega come siano messe in crisi le istituzioni educative parrocchiali che tanto si fanno ancora carico di proporre iniziative di animazione e formazione per i più giovani.
Ciò che è di aiuto nel processo di maturazione e di separazione dalla famiglia, è anche possibile fonte di problemi in ambito educativo; il forte potere e legame che si instaura nel gruppo spontaneo di coetanei, nel caso vengano scelti, favorisce l’attuarsi possibile di comportamenti a rischio. Questo aspetto è spesso fonte di preoccupazione e tensione per i genitori, i quali desiderano giustamente essere informati delle cose che accadono e delle frequentazioni instaurate, quando questo non capita scattano meccanismi di controllo che portano solitamente a una “guerriglia” domestica che arriva fino a sfociare in pedinamenti da una parte e fughe dall’altra. Un modo sano per gestire il tutto dovrebbe essere quello, non semplice, della contrattazione; dico non semplice perché entrambi gli interlocutori sono chiamati a rinunciare a una parte del proprio progetto ideale per accogliere come valida, o almeno possibile, quella dell’altro.
Per quanto riguarda l’ambito famigliare credo interessante, come suggerito da Gustavo Pietropolli Charmet, una riscoperta delle figure dei nonni. Il gruppo dei coetanei compie l’inevitabile inizio graduale di allontanamento dalla famiglia, offrire un altro luogo e una diversa relazione per integrare questo cammino può essere di aiuto. Il ritrovarsi a mangiare a casa dei nonni, casomai di domenica, riunendo così le diverse generazioni, aiuta da una parte il ragazzo nella separazione dall’ambito della famiglia di origine e dall’altro il mantenersi del legame stesso. Manca però qualcuno, ricordo come per un giovane ci sia una doppia appartenenza famigliare, c’è quella d’origine ma anche quella sociale composta da quel gruppo ristretto di coetanei con cui si è scelto di condivide la propria crescita; l’ideale sarebbe che la famiglia riunita in una veste nuova intorno ai nonni, si aprisse anche alla famiglia sociale dei coetanei, si realizzerebbe così un ideale incontro e sintesi tra le diverse relazioni che creano appartenenza in un adolescente, con la possibilità di incontrarsi, conoscersi e contrattare sui nuovi riferimenti morali.
Dal punto di vista del ripensare le proposte della parrocchia, alla luce di quanto detto fino ad ora, occorre puntare lavorando molto sul creare amicizia fra i ragazzi; il cercare coesione solo intorno a certi valori ha perso di mordente come perno per tenere uniti i giovani e permetter loro così di far proprie certe dimensioni della fede. Da sempre, e forse mai come oggi, l’amicizia può diventare il canale attraverso il quale riuscire ad arrivare al cuore dei ragazzi, correggendo le storture del mondo e proponendo loro l’alternativa possibile della bella notizia di Gesù. Questo comporta certamente il mettere in conto anche dei rischi derivanti da un criterio di appartenenza non governabile da noi e diverso in ogni persona, un ripensamento dei gruppi con una divisione non necessariamente per età ma per scelta reciproca, camminando non con pochi grandi gruppi ma capillarmente con tanti e piccoli, insieme a tanti altri sviluppi meriterebbero una riflessione molto più approfondita che non questo mio semplice “lancio di un sasso” che ha lo scopo solo di muovere le acque. 

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