domenica 22 novembre 2015

Distinguere tra chi è maleducato e chi invece è educato al male

Qualche giorno fa ho avuto un incontro interessante con un educatore della mia comunità, vuole molto bene ai giovani, eppure l’ho trovato in un momento in cui si lamentava, preoccupato e pessimista, della situazione dei giovani di oggi che vede peggiorata rispetto al passato. In particolare si riferiva, con tanto di esempi, alla mancanza del senso del limite e nel non saper riconosce e rispettare l’autorità dell’adulto.
Posso essere d’accordo con lui su questi ultimi due aspetti, ma non ne traggo una conseguenza necessariamente preoccupante; non voglio essere buonista e far finta di niente, ma neanche limitarmi al lamento: cosa posso fare? L’entrare in ottica propositiva, che conosce che sarebbe bello che i giovani fossero diversi, ma visto che sono così si impegna accanto a loro.
In che modo? Innanzitutto non facendo pesare su di essi responsabilità di altri. Giustamente questo
mio amico educatore, durante il suo racconto, evidenziò come la situazione giovanile attuale è determinata anche dalla condizione sociale mutata rispetto al passato, in particolare in riferimento alla situazione di fragilità della stabilità di rapporti che si vivono all’interno di famiglie sempre più ferite e divise. Qua si tratta di lavorare con gli adulti nell’immediato, mentre con i giovani far sì che comincino fin da ora a lavora e confrontarsi con le dinamiche di un futuro rapporto di coppia. Occorre perciò guardare con molta misericordia, tutti quei ragazzi che trovano la fonte del proprio disagio, in una società in difficoltà a farsi carico di loro e nell’aiutarli a trovare equilibrio, nelle tante tensioni che in loro trovano vita. Non li si può rimproverare per questo; come dicevo prima, senza far finta di niente, bisogna occuparsi di loro sapendo che sono così, non per loro colpa; questo apre prospettive nuove che vogliono chiamare in causa proprio la loro responsabilità nel poter dare, scegliendola, una svolta alla propria vita.
Nell’oratorio dove presto servizio si è maturata la decisione di procedere a una chiusura temporanea, si sono infatti notati comportamenti non adeguati all’ambiente educativo, questo ha creando un clima giudicato non opportuno, anche se è da riconoscere che i casi specifici di ragazzi difficili sono limitati, ma capaci di influenzare il proprio gruppetto di riferimento.
Le questioni si riferivano a: maleducazione, clima di presa in giro nei confronti degli adulti, atteggiamenti di sfida che passano anche attraverso cose apparentemente poco importanti, clima omertoso, cattivo uso degli oggetti messi a loro disposizione, rifiuti spesso abbandonati e così via. Un giovane ha riconosciuto come non ci fosse niente di particolarmente grave, del resto questo era il modo con cui abitualmente lui si comportava anche a scuola; a questa abitudine noi non vogliamo chiaramente adeguarci, pur riconoscendo che a volte siamo alternativa a un mondo che media ben altri modi di fare, nel quale i ragazzi crescono, dal quale imparano certi modi di fare.
La chiusura aveva in sé il desiderio di dare un segnale non specificatamente punitivo, ma per cercare di attuare un meccanismo preventivo dando la possibilità di lavorare con i ragazzi, convocandoli, e per esprimere a tutti il disagio che si viveva; il vero desiderio era quello di dare l'opportunità di ricreare legami in modo nuovo.
Non è la prima volta che affrontiamo situazioni del genere, questo ci dice che ciclicamente la questione si ripresenta, non tanto per la cattiveria dei ragazzi o la nostra incapacità, ma semplicemente per il fatto che l’oratorio è un organismo in se aperto, dove c’è chi va e nuovi che arrivano con i quali occorre ricominciare da capo, altri che crescono e migliorano o peggiorano anche a secondo dell’età delicata che vivono. Da questo punto di vista la famiglia si differenzia da altri ambiti educativi, in essa i figli crescono e prima o poi maturano certi atteggiamenti; in altri luoghi, come quelli parrocchiali, il ciclo non si conclude mai, essendoci sempre nuovi ragazzi a prendere il posto di quelli ormai cresciuti.
Credo che la sapienza di chi educa sia di condannare atteggiamenti oggettivamente cattivi, essi rimangono tali sempre, infatti un errore è sempre un errore, il male rimane sempre male; occorre però discernere gli interventi per capire di fronte a che tipo di ragazzi ci troviamo, se si tratta di ragazzi maleducati, cioè che scelgono liberamente e chiaramente un porsi in modo insolente come modo di vivere, distinguendoli da chi è stato educato al male, tanto che non riesce neanche fino in fondo a capire perché non accettiamo alcuni suoi comportamenti che per lui sono naturali.
Occorre distinguere tra chi è maleducato e chi invece è educato al male casomai anche controvoglia.
Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. (Mt 18,15-18)
Questo brano di Vangelo credo ci aiuti, molto umanamente, a darci uno stile su come affrontare comportamenti giudicati scorretti messi in atto dai nostri ragazzi. Una cosa bella è l’evidente gradualità richiesta. Il desiderio iniziale deve portare a un confronto personale, rappresenta la via migliore per rispettare il giovane nella sua unicità, così da comprendere anche motivazioni particolari o eventuali crisi che possano aver condizionato il tutto. Viene mostrato come questo impegno sia animato anche da una ricerca di fraternità, che si realizza in modo pieno proprio nell’ascolto reciproco che dovrebbe nascere, non tutte le cose vanno sempre come desideriamo, capita così spesso di dover riaffrontare il problema con lo stesso ragazzo. Occorre farsi aiutare, chiedere consiglio alla comunità della quale si fa parte o a qualcuno che ci possa essere di aiuto; occorre cercare di fare rete anche coinvolgendo altre persone di riferimento proprie della vita di quel giovane, discutere e confrontarsi per cercare di fare nell’intervento educativo il meglio che possiamo. Capita che il tutto possa non funzionare, del resto anche il fallimento è parte del processo educativo come una possibilità che può avvenire. Infine può giungere il momento nel quale, nella misura in cui il comportamento ha una rilevanza pubblica, occorre che se ne prenda anche apertamente posizione in quanto la responsabilità educativa ha una visione più ampia che non si esaurisce nel singolo. Questo può portare fino a decisioni che prevedano anche interventi forti, ma necessari, per il bene del giovane e delle altre persone coinvolte nella sua rete di relazione.

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