In
questo momento sto preparando due gruppi alla
Cresima, da tante parti mi arrivano le preoccupazioni riguardo al fatto che in tanti lasceranno il cammino intrapreso fino ad ora, alcune statistiche dicono che rappresentano i tre quarti dei ragazzi. Non che io non sia dispiaciuto, ma credo sia da cogliere come un dato fisiologico, non perché mi sia arreso, ma perché fa parte di un cammino a volte anche necessario per poter rileggere e integrare i contenuti della fede in un’ottica personale, rispetto a quanto fino ad ora si è spesso ricevuto per tradizione.
Cresima, da tante parti mi arrivano le preoccupazioni riguardo al fatto che in tanti lasceranno il cammino intrapreso fino ad ora, alcune statistiche dicono che rappresentano i tre quarti dei ragazzi. Non che io non sia dispiaciuto, ma credo sia da cogliere come un dato fisiologico, non perché mi sia arreso, ma perché fa parte di un cammino a volte anche necessario per poter rileggere e integrare i contenuti della fede in un’ottica personale, rispetto a quanto fino ad ora si è spesso ricevuto per tradizione.
La
vera preoccupazione dovrebbe essere un’altra, che ci interpella sia su quelli
che rimangono, ma soprattutto su quelli che lasciano. Ovunque siano, qual è il
messaggio che si portano dietro riguardo Dio e la comunità? Perché se seminiamo
bene, questa è la migliore eredità che possiamo lasciare loro, nonché il
necessario da cui attingere per trovare la casa del Padre, qualcosa di molto
diverso da un pacchetto di norme che vengono da Dio e che la Chiesa vigila
perché vengano rispettate, altrimenti non fa una grande differenza quando il
cammino si dovesse interrompere.