lunedì 9 marzo 2015

Siamo prigionieri di una età che non sappiamo vivere

Sappiamo infatti che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mia ragione, servo la legge di Dio, con la mia carne invece la legge del peccato. (Rm 7-14-25)

Sappiamo infatti che dentro di noi c’è una Legge che viene da Dio, dal suo Spirito, mentre io sono fatto di istinti e spesso mi vendo diventando schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti non faccio quello che voglio, ma quello che non so sbagliato. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge che viene da Dio è buona proprio perché mi rendo conto di fare diversamente da quanto dovrei; quindi non sono più io a farlo, perché io vorrei fare la cosa giusta, ma il peccato che abita in me mi guida a farlo. Io mi rendo conto che in me, cioè nei miei istinti, non trova posto il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità farlo; infatti capita che non faccio il bene che voglio, mentre faccio il male che non voglio. Quindi, visto che faccio quello che non voglio, non sono io a farlo, ma il peccato che c’è dentro di me. Se così stanno le cose mi rendo conto come funzionano le cose: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti dentro di me dico sì con la mia ragione al bene che mi suggerisce Dio, ma poi del metterlo in pratica nei miei istinti trovo suggerimenti diversi, questi si scontrano contro il bene scelto dalla mia ragione e così mi trovo schiavo venduto al peccato che è nei miei istinti. Che disastro! Cosa posso fare, chi può aiutarmi ad essere libero dai miei istinti? È utile chiedere aiuto a Dio che riesce a far sì che il bene sia più forte del male, arrivare a lui per mezzo di Gesù! In conclusione, con la mia ragione, servo il bene che viene da Dio, con i miei istinti invece il male che viene dal peccato.

Il tentativo appena fatto non vuole essere una nuova traduzione della Parola di Dio, non ne sono minimamente all’altezza, vuole essere il tentativo di interpretarla il più semplicemente possibile rimanendo fedeli al testo, perché possa parlare di quello che ci passa dentro anche accentando il rischio di semplificare un po’ troppo il messaggio contenuto.
Dico grazie a san Paolo, perché in questo brano della sua lettera che scrive alla comunità cristiana di Roma, ci aiuta a capire quello che in modo forte possono sperimentare tanti ragazzi nella loro vita, di essere prigionieri di una vita che non riescono a gestire sempre secondo i desideri belli del loro cuore e di ciò non riescono a darsi una spiegazione.
Ogni persona porta dentro di sé un’impronta indelebile di bene, di desiderio di verità, di essere bello; questa esperienza che percepiamo molto chiaramente in tanti momenti della vita non viene a caso, è l’impronta di Dio dentro di noi; tanto chiaramente percepiamo anche quanto questo sia lontano da quello che ci capita di vivere tutti i giorni, ci sentiamo prigionieri, perché ci scopriamo schiavi dei nostri istinti che non riusciamo a controllare in modo ragionevole.
Questo porta un po’ di confusione dentro di noi, non si capisce cosa succede, capita di trattare male gli amici e i genitori sapendo di voler loro bene, capita di prendere in giro gli altri e approfittare dei più deboli mentre quando ho un po’ di tempo di solito faccio il volontario aiutandoli…; perché mi capita di non riuscire a fare il bene che voglio mentre riesco così bene a fare il male che non voglio?
Quando ci penso con calma, l’accorgermi che un certo comportamento era sbagliato e che non avrei dovuto farlo, mi dice che ho dentro di me una regola che mi aiuta a capire il bene e il male, io non l’ascolto e faccio diversamente, in quel momento è l’istinto che mi guida, ma io sono molto più del mio istinto, c’è molto di più dentro di me. Capita spesso così di sentire che desidero fare il bene ma di non riuscirci sempre: ecco adesso ho capito perché non faccio il bene che voglio mentre faccio il male che non voglio. Ed è colpa del peccato che è dentro di me, ma io non voglio fare il male, occorre che combatta contro di esso perché non mi appartiene: io sono bene, non accetto di vendermi al male, non lascerò che l’abbia vinta su di me, desidero essere libero e non schiavo, guidare io i miei istinti in modo ragionevole e non essere loro schiavo.
In Gesù ho la risposta e l’aiuto in questa lotta, perché lui ha combattuto la stessa battaglia e l’ha vinta e ha dato la possibilità così a tutti noi di poter fare altrettanto; nelle sue parole, nei suoi gesti, nelle sue lotte, troviamo la via per una vita ragionevole.
Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza  (Dante A., Inferno, C. XXVI, vv. 119-120).

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