lunedì 14 ottobre 2013

L’educazione è “cosa del cuore”

Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi. (don Bosco)
Sono stato provocato in questi giorni a riflettere sul perché della mia dedizione al servizio dei più giovani, cosa porta me e ogni educatore a prendersi cura di ragazzi che non scegliamo, ma che ci vengono affidati; perché continuare a volte nonostante le delusioni, i guai e i problemi che ne seguono: chi ce lo fa fare? Ho trovato solo una risposta: vale la pena continuare perché li amo, voglio il loro bene, mi stanno a cuore; questo precede il loro essere o meno vicini ad alcuni standard di vita umana e religiosa che la società o la mia testa prevedono. La nostra vocazione educativa di servizio al mistero scritto nella vita di ogni ragazzo mi chiede di non arrendermi se davanti al mio impegno rimangono indifferenti e occupati in altre cose.Mi capita spesso di confrontarmi con alcuni educatori che criticando un approccio troppo umano-pedagogico dei nostri gruppi del post cresima a favore di una maggiore annuncio esplicito, di una maggiore presenza di Gesù, dei suoi sacramenti, per evitare il rischio di livellarsi ad altri luoghi di animazione giovanile ma che di fede non ne hanno l’ombra. La prima reazione che mi viene è di essere contento di questi educatori, mi commuove il loro amore per Gesù e per la Parola, il desiderio di condividere questi doni grandi con i loro ragazzi, la voglia di spendersi e sudare, mi ritengo fortunato ad avere educatori come loro; mi permetto però di ricentrare il discorso, infatti di fronte alla loro richiesta di contenuti o tecniche per rendere più efficace ed efficiente il loro servizio, mi viene in mente di suggerir loro che come diceva don Bosco “l’educazione è una cosa del cuore, prima ama quello che i giovani amano, poi essi ameranno quello che ami tu”, l’educazione non è innanzitutto una strategia, né un contenuto, ma una “cosa del cuore”. Di fronte a queste parole trovo sempre tutti d’accordo eppure mi accorgo che oggi molti dicono di amare i giovani, ma in pochi sono veramente impegnati ad iniziare ad amare quello che i giovani amano per poi aiutarli ad amare il bello dell’altezza di vita e di valori a cui ci chiama il nostro Maestro.
Chi sa di essere amato, ama, e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani… i cuori si aprono e fanno conoscere i loro bisogni e palesano i loro difetti” (don Bosco)
L’amore chiede anzitutto la conoscenza dell’altro, senza avere capito i bisogni dei ragazzi non si può instaurare un dialogo educativo; non diamo per scontato, solo perché siamo educatori, di conoscere veramente ciò di cui hanno bisogno i nostri ragazzi. Mi ricordo qualche tempo fa di una animatrice in gamba che traendo frutto dalla sua esperienza di missione desiderava in particolare dedicarsi e organizzare qualcosa per quei ragazzi che frequentano i nostri oratori, ma senza una appartenenza particolare a gruppi o altre attività. Nel suo generoso slancio da cui nascevano proposte, idee, progetti, ho cercato senza raffreddarla troppo di suggerirle di custodire tutto quello che la muove, ma di partire da quello che amano e desiderano i ragazzi e non semplicemente da quanto di bello ci viene in mente a noi di fargli fare, casomai ripercorrendo belle esperienze passate, ma che non necessariamente hanno qualcosa da dire a loro; un invito a non partire in generale dai giovani, ma concretamente da quelli che si ha tra le mani, che vivono una certa età, abitano in un determinato paese, frequentano o meno una scuola… perché mi accorgo troppe volte, io per primo, di cadere in un annuncio che può essere bello ma che risulta poi lontano e per qualcuno non raggiungibile.
Se dovessi usare un esempio casalingo per descrivere l’opera dell’educatore, ricorrerei al cucinare; sì educare un ragazzo è un po’ come impegnarsi in cucina per preparare qualcosa di buono. In una bella cucina si hanno tra le mani tanti bei ingredienti e strumenti, si tratta però di saperli usare bene e nelle giuste dosi, il bravo educatore cerca questa sapienza ed inoltre sa di doversi vestire in modo speciale indossando un bel grembiule, sì perché anche chi educa come chi cucina deve mettere in conto di “sporcarsi” a contatto con la libertà dell’uomo, l’umanità che è materia prima per qualsiasi culinaria creazione. Non temete quindi di mettere mano e di rimanere un po’ appiccicati alla storia di tutti i giorni che i nostri ragazzi vivono, ai loro amori di adolescenti, alle emozioni esagerate, al desiderio di donarsi ma nella paura di esporsi,… in fin dei conti questa bella umanità non è poi così disprezzata da Dio che desidera partire dalla loro quotidianità per mostrarsi a loro vivente.
Concludendo non mi rimane che ripete a quanti forse si sono persi nelle mie parole non sempre sensate che: l’educazione non è una strategia, è rimasta ancor oggi una “cosa del cuore”.

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