lunedì 21 ottobre 2013

L’educatore secondo Benedetto XVI

Il Discorso è riportato in parte e fa riferimento all'incontro con i ragazzi e i giovanissimi dell’AC in p.za S.Pietro, sabato 30 ottobre 2010

Direi che essere educatori significa avere una gioia nel cuore e comunicarla a tutti per rendere bella e buona la vita; significa offrire ragioni e traguardi per il cammino della vita… “Cristiani si diventa, non si nasce” (Tertulliano, Apologetico, 18,4). La vita cristiana ha una profonda dimensione propriamente educativa. Nel Vangelo di Marco si racconta di un GESÙ EDUCATORE: “Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnar loro molte cose…prese i cinque pani e i due pesci […] spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro” (Mc, 6, 34-41). […] Gesù non scorge una folla anonima, bensì persone […]. Gesù vede in loro un popolo che soffre per la mancanza di una guida autorevole o è disorientato da maestri inaffidabili. […].L’insegnamento del Maestro trova compimento nel dono della sua esistenza: Gesù è la parola che illumina e il pane che nutre, è l’amore che educa e forma al dono della propria vita. Non mancano, certo, nel Vangelo altri episodi in cui Gesù mostra il suo volto di educatore. Anche nel racconto dei due discepoli di Emmaus, ad esempio, Gesù è il Maestro che apre la mente dei discepoli e scalda loro il cuore spiegando “in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24,27). Nel libro del Siracide, Dio appare come educatore attraverso la mediazione degli uomini, specialmente nella relazione fra maestro e discepolo […]. Nell’opera dell’insegnamento egli genera il giovane discepolo, aiutandolo a diventare adulto, capace di giudicare e di scegliere.

Direi che essere educatori significa offrire la bellezza della persona di Gesù e far innamorare di Lui, del suo stile di vita, della sua libertà, del suo grande amore pieno di fiducia in Dio Padre. Significa soprattutto tenere sempre alta la meta di ogni esistenza verso quel “di più” che ci viene da Dio. Questo esige una conoscenza personale di Gesù, un contatto personale, quotidiano, amorevole con Lui nella preghiera, nella meditazione sullaParola di Dio, nella fedeltà ai Sacramenti, all’Eucaristia, alla Confessione; esige di comunicare la gioia di essere nella Chiesa, di avere amici con cui condividere non solo le difficoltà, ma anche le bellezze e le sorprese della vita di fede.
Voi sapete bene che non siete padroni dei ragazzi, ma servitori della loro gioia a nome di Gesù, guide verso di Lui. Avete ricevuto il mandato dalla Chiesa per questo compito […].
Voi siete dei buoni educatori se sapete coinvolgere tutti per il bene dei più giovani. Non potete essere autosufficienti, ma dovete far sentire l’urgenza dell’educazione delle giovani generazioni a tutti i livelli. Senza la presenza della famiglia, ad esempio, rischiate di costruire sulla sabbia; senza una collaborazione con la scuola non si forma un’intelligenza profonda della fede; senza un coinvolgimento dei vari operatori del tempo libero e della comunicazione la vostra opera paziente rischia di non essere efficace, di non incidere sulla vita quotidiana […].

La vostra presenza qui, stamattina , dice non solo a me, ma a tutti che è possibile educare, che è faticoso ma bello dare entusiasmo ai ragazzi e ai giovanissimi. Abbiate il coraggio, vorrei dire l’audacia di non lasciare nessun ambiente privo di Gesù, della sua tenerezza che fate sperimentare a tutti, anche ai più bisognosi e abbandonati, con la vostra missione di educatori.

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