Alice ha 16 anni, nella sua camera c’è sempre un grande disordine, lei
sembra non preoccuparsene, ma la madre sì visto che spesso entra nella camera
per prendersene cura. Un pomeriggio, dopo l’ennesima uscita repentina della
figlia alle prese pochi istanti prima con la scelta della borsa con la quale
uscire di casa, la madre si reca in camera per sistemare i vestiti appena
stirati, come al solito si scontra con il disordina lasciato da Alice tra cui
spicca una borsa caduta a terra, nel raccoglierla la madre compie una scoperta
traumatica, nel contenuto caotico come la stanza si nota la presenza di cartine
e filtrini insieme a quello che sembra tabacco. Che reazioni potrà avere la
madre di Alice? Come interpretare il tutto?
Una cosa importante da chiarire è che oggi sono cambiate i motivi che
portano i ragazzi a far uso di sostanze psicoattive, se nel mondo immaginario
degli adulti si rende presente immediata l’immagine del drogato eroinomane che
si fa in vena isolato da tutto e da tutti (modello “Trainspotting”), diversa
invece è la realtà odierna che non solo ha visto il mutare dei tipi di sostanze
assunte, ma che incontra anche il cambiamento di motivazioni per il quale si
fa; questa prima nota serve affinché ci rendiamo conto che non è possibile
giudicare il comportamento degli adolescenti, in questo come in altri campi,
partendo solo dall’esperienza del nostro essere stati giovani.
Dicevo prima che oggi ci sono nuovi motivi che spingono verso questi
comportamenti, se una volta era predominante quello trasgressivo e di
contestazione, oggi ha lasciato il posto a ben altri motivi che girano
maggiormente intorno alla necessità legate alla socializzazione e al riuscire a
portare il peso di un mondo sempre pronto a giudicare la capacità o meno di
sopportare i riti generazionali di passaggio, che vedono necessario lasciare
pian piano la famiglia e rispecchiarsi nello sguardo più o meno accogliente dei
propri coetanei.
Dal punto di vista della prevenzione, è quindi necessario non
concentrarsi solo sull’informazione riguardo le sostanze, ma cogliere anche i
motivi e i bisogni che si rendono visibili in questa ricerca. Alla luce di
questo è necessario ritornare su quello che dicevamo prima e notare come oggi
al centro della vita dell’adolescente ci sta il gruppo dei pari, questo anche
per quanto riguarda l’argomento del perché far uso di sostanze; tante volte si
comincia infatti per gioco o alle feste, dietro presentazione della cosa in
modo del tutto innocuo da parte di un proprio amico, sperimentando come questo
aiuta a sentirsi maggiormente a proprio agio in mezzo agli altri (soprattutto
per quanto riguarda l’uso di sostanze prestazionali e ansiolitiche) dando
l’impressione di essere capaci di saper gestire meglio i rapporti con gli
altri, per poi scoprire che non è in realtà così, questo può portare al nascere
di comportamenti ripetitivi che portano a una dipendenza di fatto più
psicologica e sociale che non fisiologica.
Proprio per questa dimensione a volte strettamente sociale, è
necessario che l’approccio dei genitori e degli educatori, sappia avere
attenzione e occhi aperti per differenziare quello che potrebbe essere un
consumo (pur sempre sbagliato) finalizzato ad assistere l’adolescente nel
proprio duro cammino di integrazione sociale, da quei comportamenti che invece nascondono
un disagio più profondo e che chiedono un accompagnamento da parte di uno
specialista; semplificando, voglio dire che non tutti quelli che fanno uso di
sostanze lo fanno perché hanno dei problemi. È necessario quindi inquadrare il
tutto in uno sguardo più ampio che lascia da parte l’ansia specifica legata al
fenomeno, per allargare l’orizzonte all’insieme della vita e delle relazioni
costruite e alla capacità di portarle avanti.
Capisco che per un genitore o un educatore che si trova ad affrontare una
tale prospettiva venga naturale un sentimento di smarrimento disarmante, per
questo è necessario che ci si aiuti e ci si metta in rete: famiglia, scuola,
parrocchia, servizi del territorio; in ogni caso un consiglio sicuramente utile
per tranquillizzare o orientare meglio può venire da un colloquio con il
consultorio familiare o lo psicologo della scuola.
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