Quando si è bambini i modelli di
riferimento è naturale che siano le mamme e dei papà, sono infatti loro che
concretamente iniziano alla vita attraverso l’insegnamento di regole e la
trasmissione di verità e valori, sono così le guide per i figli e vengono da
loro presi come specchio della propria crescita.
La cosa però non dura per sempre, infatti quando arriva l’adolescenza le
cose cambiano, nasce un po’ di crisi dentro il contesto familiare ormai
abituato ai propri riferimenti, ma con buona pace dei genitori è giusto che sia
così; solo se l’adolescente prende le distanza dalle verità e dai valori
insegnati può ritrovarli veramente suoi e nel contempo lasciare spazio perché
possano crescere propri ideali. Qualcuno potrebbe suggerire il perché non
tentare di tenere insieme le due tensioni, ahimè questo non è possibile non
perché sia giusto o sbagliato, ma per una necessità molto contingente: non c’è
abbastanza spazio per tutto, all’adolescente serve abbastanza disponibilità di
tutto per far sì che la propria vita si allarghi alla vita degli altri ragazzi
nell’incontro con il mondo.
Nasce così una nuova ricerca, non sempre buona anche se inevitabile, di
nuovi modelli di riferimento, di nuovi idoli; anche nella Bibbia succede una
cosa del genere, quasi come se fosse un momento necessario per la vita di
crescita anche di un intero popolo.
Leggiamo nel libro dell’Esodo: 1 Il popolo, vedendo che Mosè tardava a
scendere dalla montagna, si affollò intorno ad Aronne e gli disse: «Facci un
dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l'uomo che ci ha fatti
uscire dal paese d'Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto». 2
Aronne rispose loro: «Togliete i pendenti d'oro che hanno agli orecchi le
vostre mogli e le vostre figlie e portateli a me». 3 Tutto il
popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. 4
Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne
un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui
che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!». (Es 32,1-4)
Israele è stato liberato dalla prigionia della dipendenza del Faraone,
ha sperimentato che Dio è padre e ha cura di lui, che ascolta le sue richieste,
che interviene in sua difesa e fissa una alleanza relazionale fatta anche di
regole all’interno delle quali uno è aiutato a scoprire la propria identità e
quella dell’altro. Inizia così un viaggio di libertà e di emancipazione alla
ricerca della promessa e della felicità che sente viva dentro di sé, in questo
cammino di scoperta di essere un popolo figlio di un Dio che è Padre, si trova
presto ad affrontare la necessità di una libertà tutt’altro che scontata tanto
da farsi un idolo.
Può sembrare strano ma questi idoli per i ragazzi diventano veri compagni
di viaggio e punti di riferimento, è come se fossero veri e propri amici, è
inutile stare qua a dire che è bene o male, dovremmo invece impegnarci a farne
la conoscenza come se fossero gli amici che mi porto a casa e dei quali mi
informo; sì penso sarebbe meglio così piuttosto che diventare i nemici contro i
quali intraprendere crociate. In molti casi rappresenta una tappa passeggera a
volte caratterizzata da sbandate che ahimè possono lasciare anche cicatrici, ma
solo quando il tutto dovesse diventare solo una zavorra che ostacola il viaggio
vivendolo quasi come l’ingresso in una specie di “setta” assumendo una
posizione passiva, qua sì credo necessario intervenire come del resto farà
anche Mosè nei confronti di Israele; risvegliare il cammino a diventare grandi,
spesso accompagnato da timori che possono far guardare indietro con nostalgia a
come si stava meglio prima, ma indietro non si può tornare a meno che non si
voglia tornare ad essere schiavi invece che figli.
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