Credo che quando si parla di questi argomenti sia importante
ricordarsi che la lingua italiano ha un vocabolario che ci permette di parlare
in modo sereno e normale di queste cose. Mi stupisce sempre vedere come la
parola caz.. (finitela voi) sia ampiamente usata, se invece durante una
discussione riguardo a queste tematiche uso la parola “pene” nasce un non so
che di senso di vergogna; la volgarità ha portato troppo spesso a far sì che si
faccia fatica a parlare in modo corretto, con termini che esistono, di un
argomento che di per sé è il più naturale e vicino a tutti noi. Occorre partire
da una riabilitazione linguistica per capire che si può parlare di certe cose
in modo serio e bello, che si può parlare di vagina, eiaculazione, clitoride,
orgasmo, masturbazione, rapporto sessuale, erezione, contraccezione, e via così
sempre per questo dover passare tutti i coli dell’arcobaleno o ridacchiarci
sopra.
Terminata questa introduzione linguistica che non reputo la
più importante ma necessaria per avere una base di termini così che
reciprocamente possiamo capire di cosa stiamo parlando, ritengo opportuno
chiarire che parlando di educazione sessuale questa sia diverso dall’educazione
alla matematica o a un’altra materia; introduco subito il punto di riferimento
nel quale mi muovo e che sarà al centro di questo contributo, non si tratta di
sola istruzione ma di un accompagnamento del desiderio; in più non un
accompagnamento per contenerlo, spezzarlo, diminuirlo, ma per andare fino in
fondo.
Quando si parla di sessualità non si può fare il passaggio
che porta ad identificarla con l’uso degli organi sessuali, infatti non è perché
le parti sessuali entrano in gioco che si è obbligati a definire ciò
sessualità; scusate la concretezza ma io posso, se voglio, ficcare il mio pene
in una porta, ma quel che faccio non è sessualità.
Parto presentando due tipi di approccio tipici di oggi, che
ritengo entrambi errati per poi fare la proposta.
Qualcuno imposta il discorso da un punto di vista “tecnico”,
questo porta a parlare di come funzionano le cose, a centrare il discorso su
temi del rischio per la salute, la gravidanza è messa quasi allo stesso livello
di una malattia che occorre prevenire (preservativo) o “curare”
(anticoncezionali) con vere e proprie medicine; semplificando, il rischio a cui
va incontro è quello di un riduzionismo pensando l’educazione come spiegazione
di come si usa il preservativo e la pillola; il sesso diventa qualcosa da cui
proteggersi ed entra la logica “Fate quel che volete, però proteggetevi” oppure
come diceva la madre di uno dei mie ragazzi nel suoi consigli “Sta attento a
non fare danni” che di fatto media il messaggio che una gravidanza con la
nascita del dono di una vita sia di fatto un danno; si trasmette l’idea che il
cuore della sessualità non è l’incontro, l’unione, la comunione, ma la
preservazione e la difesa, in questo contesto diventa difficile parlare di
amore.
Il secondo modo che ritengo errato di affrontare la
questione dell’educazione sessuale, pur provenendo a volte da schieramenti
opposti da cui proviene il primo, media un rischio simile: presentare la
sessualità come qualcosa di pericolo che va controllato e sottomesso ad altri
valori esterni alla persona non guardando tanto a quello che vivo ma piuttosto
da una condotta sociale che mi viene chiesta; così facendo ci mette da una
parte il desiderio e dall’altro la morale che viene quasi a fare da intralcio,
non pensata a partire da ciò che il desiderio in quanto tale esige, ma da un
qualcosa voluto da un “altro” a cui a volte si mette la “A” maiuscola; questo
secondo approccio lo chiamo “moralistico”.
Sarebbe forse troppo semplice limitarsi a indicare come
errati i due approcci sopra indicati, mi spingo pertanto oltre buttando lì una
proposta che cambia prospettiva. Quando si fa educazione sessuale occorre
affermare la bellezza del desiderio sessuale e proprio per questo compiere quel
cammino che ci porta a viverlo bene perché così sarà realizzato ciò che ci dice
della donna e dell’uomo. Provocatoriamente posso dire di essere favorevole alla
sessualità e all’esercizio del sesso, fino in fondo, pienamente, in modo vero,
valutandone, accettandone, scegliendone le conseguenze fino in fondo. Credo
opportuno affermare che la Chiesa non proibisce il sesso, come spesso pensa chi
la definisce come repressiva, anzi desidera per chi lo vive di andarci fino in
fondo, senza nascondersi dietro un preservativo o una pillola, senza
accontentarsi di una lieve sfregatura che procura un lieve piacere per poi
andarmene via come prima. Per assurdo si potrebbe dire che non è la Chiesa ad
essere contro al sesso, ma proprio quel pensiero che sbandierando il proposito
di volerlo liberare in realtà lo riduce a un puro consumo.
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