mercoledì 27 novembre 2013

Educazione sessuale è accompagnarne il desiderio

Credo che quando si parla di questi argomenti sia importante ricordarsi che la lingua italiano ha un vocabolario che ci permette di parlare in modo sereno e normale di queste cose. Mi stupisce sempre vedere come la parola caz.. (finitela voi) sia ampiamente usata, se invece durante una discussione riguardo a queste tematiche uso la parola “pene” nasce un non so che di senso di vergogna; la volgarità ha portato troppo spesso a far sì che si faccia fatica a parlare in modo corretto, con termini che esistono, di un argomento che di per sé è il più naturale e vicino a tutti noi. Occorre partire da una riabilitazione linguistica per capire che si può parlare di certe cose in modo serio e bello, che si può parlare di vagina, eiaculazione, clitoride, orgasmo, masturbazione, rapporto sessuale, erezione, contraccezione, e via così sempre per questo dover passare tutti i coli dell’arcobaleno o ridacchiarci sopra.
Terminata questa introduzione linguistica che non reputo la più importante ma necessaria per avere una base di termini così che reciprocamente possiamo capire di cosa stiamo parlando, ritengo opportuno chiarire che parlando di educazione sessuale questa sia diverso dall’educazione alla matematica o a un’altra materia; introduco subito il punto di riferimento nel quale mi muovo e che sarà al centro di questo contributo, non si tratta di sola istruzione ma di un accompagnamento del desiderio; in più non un accompagnamento per contenerlo, spezzarlo, diminuirlo, ma per andare fino in fondo.
Quando si parla di sessualità non si può fare il passaggio che porta ad identificarla con l’uso degli organi sessuali, infatti non è perché le parti sessuali entrano in gioco che si è obbligati a definire ciò sessualità; scusate la concretezza ma io posso, se voglio, ficcare il mio pene in una porta, ma quel che faccio non è sessualità.
Parto presentando due tipi di approccio tipici di oggi, che ritengo entrambi errati per poi fare la proposta.
Qualcuno imposta il discorso da un punto di vista “tecnico”, questo porta a parlare di come funzionano le cose, a centrare il discorso su temi del rischio per la salute, la gravidanza è messa quasi allo stesso livello di una malattia che occorre prevenire (preservativo) o “curare” (anticoncezionali) con vere e proprie medicine; semplificando, il rischio a cui va incontro è quello di un riduzionismo pensando l’educazione come spiegazione di come si usa il preservativo e la pillola; il sesso diventa qualcosa da cui proteggersi ed entra la logica “Fate quel che volete, però proteggetevi” oppure come diceva la madre di uno dei mie ragazzi nel suoi consigli “Sta attento a non fare danni” che di fatto media il messaggio che una gravidanza con la nascita del dono di una vita sia di fatto un danno; si trasmette l’idea che il cuore della sessualità non è l’incontro, l’unione, la comunione, ma la preservazione e la difesa, in questo contesto diventa difficile parlare di amore.
Il secondo modo che ritengo errato di affrontare la questione dell’educazione sessuale, pur provenendo a volte da schieramenti opposti da cui proviene il primo, media un rischio simile: presentare la sessualità come qualcosa di pericolo che va controllato e sottomesso ad altri valori esterni alla persona non guardando tanto a quello che vivo ma piuttosto da una condotta sociale che mi viene chiesta; così facendo ci mette da una parte il desiderio e dall’altro la morale che viene quasi a fare da intralcio, non pensata a partire da ciò che il desiderio in quanto tale esige, ma da un qualcosa voluto da un “altro” a cui a volte si mette la “A” maiuscola; questo secondo approccio lo chiamo “moralistico”.
Sarebbe forse troppo semplice limitarsi a indicare come errati i due approcci sopra indicati, mi spingo pertanto oltre buttando lì una proposta che cambia prospettiva. Quando si fa educazione sessuale occorre affermare la bellezza del desiderio sessuale e proprio per questo compiere quel cammino che ci porta a viverlo bene perché così sarà realizzato ciò che ci dice della donna e dell’uomo. Provocatoriamente posso dire di essere favorevole alla sessualità e all’esercizio del sesso, fino in fondo, pienamente, in modo vero, valutandone, accettandone, scegliendone le conseguenze fino in fondo. Credo opportuno affermare che la Chiesa non proibisce il sesso, come spesso pensa chi la definisce come repressiva, anzi desidera per chi lo vive di andarci fino in fondo, senza nascondersi dietro un preservativo o una pillola, senza accontentarsi di una lieve sfregatura che procura un lieve piacere per poi andarmene via come prima. Per assurdo si potrebbe dire che non è la Chiesa ad essere contro al sesso, ma proprio quel pensiero che sbandierando il proposito di volerlo liberare in realtà lo riduce a un puro consumo.

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