martedì 29 aprile 2014

È bello ciò che è bello o è bello ciò che piace?

Il Signore replicò a Samuele: "Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l'ho scartato, perché non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore". (1Sam 16, 7)
Un pomeriggio ero a sedere nei campi dell’oratorio con un ragazzo, facevamo due chiacchiere mentre guardavamo alcuni che facevano una partita a calcio, come spesso capita la discussione naturalmente si sposta pian piano da un livello leggero a uno più profondo, tanto che arriva a dire che l’unica cosa che gli piace di se stesso è la voce. Le gambe sono troppo pelose, il fisico troppo magro, niente pettorali, i capelli discutibili, il carattere troppo altalenante e così via; non importa che abbia un bel gruppo di amici che lo stima, che gli dicano che ha tante ragazze che stravedono per lui, che se la cava più che discretamente a calcio, che qualcuno lo soprannomina Justin (dal famoso Bieber cantante)… tutto questo non importa, lui si percepisce non adeguato.
Pochi giorni dopo mi è capitato di incontrare un ragazzo che era da un po’ che non vedevo, sapevo che aveva sofferto tanto per quello che considerava un difetto fisico insuperabile, visto il tempo passato e una maggiore serenità visibile sul suo volo, provai insieme a tante altre chiacchiere a riprendere in mano la questione. Con mia grande gioia, incontrai un ragazzo che aveva raggiunto un proprio equilibrio e anch’egli lo riconosceva, per questo riuscì a parlarmi di due anni della vita che ha vissuto in modo difficile; proprio a causa del suo aspetto non riusciva a sopportare lo sguardo degli altri, sempre gli veniva da pensare che dentro di loro ridessero di lui o gli dessero del poverino. Mi raccontò di un anno intero passato nella fatica di alzarsi per affrontare di nuovo a scuola la compagnia dei suoi coetanei, di come desiderasse solo tornare a casa perché solo lì si sentiva guardato senza essere giudicato. Il tempo e le cure hanno cambiare questo ragazzo, ora più sicuro di sé riconosce l’assurdità del tutto, ma non nasconde che il suo dolore era vero; si sente vicino a quanti come lui possono passare la stessa cosa e porta dentro il desiderio di aiutarli affinché altri non si trovino nelle sue stesse condizioni.
Queste sono solo due storie, non pensate che siano ragazzi strani, sono normali, come a loro potrebbe capitare ad altri; qua trattiamo un argomento molto rilevante e delicato per la vita di un adolescente, anche se in vari gradi un po’ tutti prima o poi ci passano.
Quanto mai risulta oggi vero nella vita degli adolescenti il detto: “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”; sempre più il giudizio che hanno di se stessi non si radica su una realistica interpretazione della realtà, ma piuttosto su un giudizio fatto secondo criteri strettamente personali.
Come educatori, su questo e su altri aspetti, potremmo stare a discutere sulla parzialità o erroneità di queste posizioni assunte, questo servirebbe a noi ma non ai ragazzi i quali sono spesso mal disposti o a volte impossibilitati a cambiare il proprio modo di rispecchiarsi anche se messi di fronte alla realtà, anche perché la loro sofferenza è vera. Come adulti, se cerchiamo il loro bene, occorre che accettiamo la sfida di ragionare con la loro testa e dal di dentro, non dal di fuori, lavorare considerando rilevanti i loro criteri almeno perché lo sono per loro.
Non è semplice parlare di cosa voglia dire non piacere, la bruttezza non è considerata un valore né qualcosa da pubblicizzare, non attira e non fa notizia, diventa occasione di emarginazione e discriminazione, è infatti la bellezza ad occupare i primi posti in tutti i campi, non si vuole trovare una colpa ma di certo non è colpa della bellezza in sé ma di come vien usata e spesso strumentalizzata.
Se c’è un momento della vita nel quale il corpo è incontrollabile è proprio quello dell’adolescenza, ho visto ragazzi che nel giro di poco si sono allungati o allargati; altri rimanere fermi e per loro troppo bassi, altri hanno dovuto iniziare una guerra contro i brufoli che crescevano o un corpo non più aggraziato come prima e che mostrava il crescere delle rotondità non sempre gradite; altri maturavano i lineamenti adulti camminando verso una graziosità e un equilibrio dei lineamenti, ma ahimè senza esserne convinti; la vergogna diventa spesso compagna delle giornate di questi giovani.
Proprio perché l’idea che ognuno si fa di sé, o di quello che gli altri pensano, diventa il riferimento oggettivo unico per il giudizio del proprio aspetto, risultano inutili i tentativi di convincere un adolescente del contrario; l’unico modo per sopportare tutto è il far nascere quei vari atteggiamenti che per noi mondo adulto sono tanto strani, questi modi di fare hanno lo scopo di esorcizzare la paura e la vergogna percepita per un determinato aspetto.
Nella nostra azione educativa occorre prestare attenzione soprattutto ai commenti che facciamo, infatti il corpo percepito come uno sconosciuto da parte degli adolescenti assume un volto anche attraverso le considerazioni di chi lo circonda; in seguito occorre impegnarsi nella gestione della paura che a volte accompagna il cammino di crescita cercando di mantenerla in un ambito sano senza scoraggiarsi troppo; occorre poi prendere sul serio tutto quello che vediamo accadere sui corpi dei nostri ragazzi e nella gestione che ne viene fatta sapendo che ci sono motivi che guidano il tutto, inoltre questo può aiutare a far sì che il ragazzo si sento preso sul serio.

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