(liberamente tratto dall’introduzione di M. Quoist
“Parlami d’amore”)
Avevo quattordic’anni…
forse quindici... o più, o meno... non importa!
Volevo vivere
ed essere felice, piacere agli altri, ma non sapevo per che cosa vivere, né come
vivere o perché far quello che facevo.
Allora
provavo, cercavo, sperimentavo, rischiavo. Lo facevo fino in fondo,
accompagnato dalla paura e a volte dalla vergogna; quante brutte figure fatte,
quanti desideri mi sembravano veri e invece…
Non riuscivo
a stare calmo e fermo, era come se avessi una gran fame.
Ma non era il
cibo che il mio corpo cercava; mi trovai in compagni di tanti altri amici, con
loro consumavo e approfittavo di tutte le possibilità di piacere che trovavo a
volte anche a caso in posti e persone che mai avrei pensato di frequentare.
Non c’era
solo il mio corpo, c’era qualcosa di più, mi hanno insegnato a chiamarlo
spirito, intelligenza o chiamatelo come vi pare. La sensazione che mi dava era
quella della sete dopo una partita a calcio, per soddisfare questa sete
prendevo le prime cose che mi capitavano fra le mani, libri, immagini, parole
di uomini… e dentro la mia testa ci veniva solo un gran casino e mi chiedevo
chi avesse ragione e se ci fosse una cosa giusta, un bene e un male.
A volte mi
sembrava di riuscire a raggiungere un luogo dove non ero più limitato da quello
che sono e da quello che il mondo è, mi sembrava di capire qualcosa, ma poi
tornava il buio totale. Cosa mi rimaneva? Mah, forse il sogno, un amico mi
diceva solo un’illusione. Mi chiedevo: ma sognare la propria vita è ancora
vivere? Come continuare a vivere se non si sa per che cosa si vive e come
nutrire la propria vita?
Non lo so, so
solo che avevo fame e avevo sete.
La mia vita assomiglia
come quando prendo dalla testa il cappello di un amico e ce lo lanciamo fra di
noi mentre lui cerca di riprenderselo… ma anche lì dopo un po’ ti rompi.
I miei
genitori mi hanno dato una "morale", forse solo istruzioni per l'uso,
norme sfuocate che io non capivo e mi limitavo a rispettare; dicevano: bisogna
fare questo e non fare quest'altro, io domandavo perché, rispondevano: «Perché
è bene», oppure, «perché è male». Ma io non sapevo perché era bene e perché era
male. Mi veniva il dubbio che non lo sapessero neanche loro, soprattutto nei
momenti in cui diventavo testardo cercando di capire a tutti i costi e mi
sentivo rispondere «Perché è così». A volte poi ci mollavano e io capivo che
l’importante era vivere senza nulla di proibito, del resto quando uscivo di
casa mi dicevano solo di non fare dei danni, qualche danno l’ho però fatto.
Ho provato un
po’ di tutto, passato tanti posti ed esperienze, sono passato sopra a tanta
gente, mi sono divertito e ho raccolto i fiori del piacere. Non ho trovato la
felicità. Mi divertivo, ma presto tutto si scioglieva come fa la neve al sole e
io continuavo ad aver fame e sete.
Mi sono
chiesto se capitava così solo a me, credo di non essere poi così strano. E voi,
amici, provate ancora in cuor vostro il tormento della fame e della sete? Oppure
vi siete rassegnati alla svelta? Oppure avete deciso di rimanere nei posti
sicuri e protetti rinunciando alla vita vera che chiede anche di rischiare?
A volte mi
viene da pensare che siamo fatti un po’ strani e che la fame e la sete di
ricerca che abbiamo sono destinate a non trovare mai pace.
Io cercavo
qualcuno che mi aiutasse a mettere un po’ di ordine in tutto questo casino che
mi portavo dentro. Ho trovato un amico che mi diceva di smetterla di guardare
solo a me stesso e che era ora che guardassi oltre, ma non sapevo dove guardare
e per dove partire. Un altro mi disse di andare a Messa, di pregare, di leggere
la Bibbia… ci ho provato ma mi sembrava tutto tanto strano e duro da capire. Un
altro amico mi disse che secondo lui avevo bisogno di qualcuno che mi spiegasse
tante cose e che mi accompagnasse in questo cammino che non è da fare da solo,
aiutato da qualcuno che c’era già passato, mi invitò al suo gruppo in oratorio
che si incontrava per parlare di tate cose che centravano con la vita
parlandone insieme ad altri ragazzi e aiutati da degli educatori.
Sapete una
cosa? Decisi di andarci! E grazie a tutti loro oggi posso scrivervi queste
cose.
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