“Perché tutto ciò che piace è peccato?”, così esordiva una
giovane adolescente intrappolata da una parte dal desiderio per ciò che le
piace e dall’altro dai valori di riferimento che fin da piccole le sono stati
insegnati e che tutt’ora ha davanti inserita in un gruppo parrocchiale.
“A me piace, che male c’è?”, non c’è nessun male se una cosa
piace, anzi è proprio questo il punto.
Proprio perché una cosa è bella, mi
attira, la sento importante, la scopro preziosa…, proprio per questo essa
chiede da parte mia una concentrazione e una cura particolare; chiede di essere
trattata non come una cosa fra le tante, ma come qualcosa si speciale, mi
chiama a una maggiore responsabilità. Allora succede che tutte le volte nelle
quali non sono capace di rispettare questa cosa bella riconoscendo in essa una
dignità da incontrare e rispettare, tutte le volte che la uso male, quando
agisco solo in base al “mi piace” rischio di non rispondere in modo giusto
all’invito che mi viene fatto. Capita spesso di sbagliare, e anche di peccare,
nelle cose belle che ci piacciono perché sono quelle che contano, quelle
determinanti per la nostra vita, quelle non accessorie, quelle non passeggere.
Non è vero allora che tutto ciò che piace è peccato, però
quando sbagliamo nei confronti delle cose belle della nostra vita la nostra
responsabilità è chiamata in causa in modo forte; il bene che ci viene da
queste cose se ne facciamo un giusto uso, è proporzionale al male che facciamo se
ne facciamo un cattivo uso.
Credo sia importante rendere i nostri ragazzi consapevoli
che il bello, ciò che giustamente ci attrae, chiede di essere accolto e
rispettato per quello che è. Per quanto riguarda poi l’ambito morale proprio
della coscienza e del sacramento della confessione, credo importante che si sia
chiari nel dire ciò che è bene e bello, e ciò che è male e cattivo
oggettivamente; insieme a questo si stia attenti alle predisposizioni naturali
e personali, al cammino proprio guardando l’età e l’inclinazione personale. Solo
mettendo insieme il dato oggettivo e quello soggettivo siamo capaci, pur nel
limite del nostro essere persone umane, di compiere un giudizio morale
corretto, all’interno del quale può accadere che una cosa in se grave non
necessariamente implichi l’aver compiuto un peccato altrettanto grave.
Non è pertanto vero che tutto ciò che piace sia peccato,
tutto ciò che piace è un dono; non necessariamente un adolescente che usa male
questi doni sia da considerare uno che abbia gravemente peccato.
Siate misericordiosi,
come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati;
non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi
sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel
grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in
cambio". (Lc 6, 36-38)
Credo che tutti coloro che hanno a che fare con giovani
ancora in ricerca e in scoperta della propria identità, abbiamo il dovere di
saper integrare il cammino di crescita nella giustizia e verità attraverso una
abbondante dose di misericordia, di non giudizio, di non condanna, di perdono.
Credo sia una grande, e a volte grave, responsabilità che pesa su noi educatori
adulti di cui troppo spesso non ce ne facciamo carico e scarichiamo volentieri
sui più giovani.
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