Partecipando a una settimana di vita comunitaria mi è
capitato di poter osservare da vicino i vari riti di preparazione mattutina dei
ragazzi, non si trattava di un campo estivo lontano da casa, vivevamo insieme
una settimana normale che prevedeva la frequentazione delle lezioni a scuola
con tutto quello che comporta l’essere protagonisti di questo palcoscenico;
inoltre, fatto non del tutto trascurabile, si trattava di una settimana vissuta
insieme ragazzi e ragazze.
La sveglia era alle sei e l’organizzazione necessitava che
la colazione precedesse la preparazione per la scuola, c’era chi veniva giù
tranquillamente in pigiama, chi si buttava addosso una felpa con cappuccio per
nascondervi il proprio caos scapigliato e c’era chi proprio non ce la faceva a
non mettersi un minimo di trucco, chiaramente queste ultime facevano aspettare
tutti gli altri visto il desiderio di cominciare insieme.
Non potendo parlarvi di tutti, vi parlerò in modo
particolare di un ragazzo. La preparazione prevedeva la necessità di lavarsi i
capelli per poi dedicarsi con intensità all’uso del phon per dar loro la piega
giusta, seguiva un lungo lavoro di mani fatto cercando di dar forma al tutto
con la cera per capelli: capelli su, giù, avanti e indietro; per quanto gli
comunicassi che era veramente bravo nel realizzare quella che ritengo una opera
d’arte, da lui ricevevo sempre una risposta sconsolata “non sono mai come li
vorrei io”. Il passaggio successivo lo vedeva impegnato nella scelta del
vestito provando vari abbigliamenti: cinque felpe, tre pantaloni, due
magliette, fino ad arrivare a cambiarsi anche gli slip con dei boxer non suoi e
che chiese in prestito a un amico.
Come reazione normale da parte degli adulti di fronte a
questa mia descrizione spesso ottengo due opposti: risate o pesanti critiche.
Di fronte ad entrambe ci rimango un po’ male, mi viene da dire “ma come, non
vedete quello che ci sta dentro, cosa cercano veramente? ”, a me sembra di
vederlo; non è solo questione di considerare seriamente il loro comportamento,
si tratta di avere considerazione per la vita dei ragazzi, maturare naturalezza
nel cogliere le ragioni che stanno dietro a tutto e che emergono nei loro
comportamenti.
L’impegno dell’educatore è quello di aiutare il ragazzo in
questa ricerca di sé, per far questo ci viene richiesto un grande sforzo perché
è necessario entrare nei modi e tempi che sono propri dell’adolescente, e
soprattutto accettare di rimanere sospesi con lui nell’incertezza di un cammino
da accompagnare e al quale non possiamo sostituirci; ci sono momenti nei quali
non possiamo fare niente se non essere lì con loro.
Occorre inoltre aver presente che il detto “il vestito non
fa il monaco” non funziona con loro, infatti in questa ricerca e sistemazione
concentrata sul corpo, viene vissuta una ricerca di bellezza ben più profonda e
interiore, vorrebbero essere in grado di far sì che il proprio presentarsi
esteriormente agli altri fosse capace di mostrare ciò che sono dentro, un
tentativo che spesso li lascia insoddisfatti. Adesso capisco perché questo
ragazzo rispondeva i miei apprezzamenti “non sono mai come li vorrei io”, non è
una questione di capelli, è una cosa che riguarda la sua vita spesso più
difficile da sistemare rispetto a un ciuffo di capelli.
Il mio desiderio di educatore è quello di riuscire, la prossima volta che sarò spettatore dei quotidiani rituali di preparazione mattutina, a vedere quello che veramente vogliono mostrarci i nostri ragazzi: la gioia, il desiderio di star bene, di vivere, di amare, di cercare, ecc.
Il mio desiderio di educatore è quello di riuscire, la prossima volta che sarò spettatore dei quotidiani rituali di preparazione mattutina, a vedere quello che veramente vogliono mostrarci i nostri ragazzi: la gioia, il desiderio di star bene, di vivere, di amare, di cercare, ecc.
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