lunedì 14 aprile 2014

Un’educazione disinteressata: dare l’esempio e niente pretese

Durante un momento di condivisione alla fine di un’esperienza bella insieme a un gruppo di giovani, uno degli educatori cercando di mostrarne il filo conduttore concluse dicendo “quello che dovete imparare da questi momenti è che dovete fare…”, sicuramente è stato detto tutto con amore e in buona fede, ma richiamo l’attenzione a un approccio che rischia di essere “moralistico”, far fare delle esperienze per insegnare ai ragazzi cosa “devono fare”.
Leggiamo nel vangelo di Giovanni (GV 13,1-15). Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?". Rispose Gesù: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo". Gli disse Pietro: "Tu non mi laverai i piedi in eterno!". Gli rispose Gesù: "Se non ti laverò, non avrai parte con me". Gli disse Simon Pietro: "Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!". Soggiunse Gesù: "Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti". Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: "Non tutti siete puri". Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: "Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.
È senz’altro un momento forte quello descritto dal brano di Vangelo, un’esperienza chiamata a segnare la vita dei discepoli e di tutte le future comunità cristiane. Gesù dice chiaramente che ha dato l’esempio perché anche loro facciano altrettanto, ma attenzione non è questo che muove Gesù, non è il dare l’esempio per insegnare una lezione, lo scopo non è didattico, è gratuito e totalmente libero. Gesù lava i piedi perché ama i suoi che sono nel mondo fino alla fine, sa che l’amore è contagioso, il gesto che compie indica e testimonia una strada.
Occorre che maturiamo anche noi questa libertà e gratuità nei confronti dei ragazzi, troppe volte credo che una bella esperienza possa maturare motivazioni, richieste e attese varie. Lo scopo primo di tutto quello che facciamo con loro è l’annuncio gratuito di un messaggio non nostro, non ci deve muovere il desiderio di cambiare la loro vita, certo questo verrà nella misura in cui si apriranno all’incontro con l’esperienza di Dio, ma non è decisivo ai fini della relazione educativa che niente pretende e tutto dà.
L’appello morale dovrebbe venire dalla proposta in sé, essa stesse dovrebbe parlare, non ci dovrebbe essere bisogno di tradurre il tutto in ulteriori richieste che rischierebbero di sembrare esterne, se dovesse risultare necessario questo forse è il caso di rivedere le proposte stesse in quanto sono da intendere come non capaci di raggiungere il proposito che ci eravamo fissati.

Ritengo quindi importante nell’ottica dell’educazione alla fede, ma penso anche in quella che riguarda lo sviluppo della persona umana, riportare la dimensione morale dentro alla vita e all’esperienza, così da toglierla da quel ruolo appiccicaticcio che rischia di avere oggi tanto da essere percepita come estranea alla vita. Riscoprire una educazione all’insegna di una maggiore gratuità.

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