giovedì 29 settembre 2016

Un viaggio nel mare della vita alla scoperta di se stessi

In uno storico romanzo di Joseph Conrad, “La linea d’ombra” pubblicato nel 1917, l’autore compie con la sua opera una narrazione del viaggio dalla giovinezza alla maturità. Il testo si concentra sulla descrizione della vita di un giovane marinaio, che dopo una iniziale avventura vissuta in un mercantile, decide di punto in bianco di abbandonare il progetto che aveva iniziato. Diventa così la parabola della crisi passata da tanti giovani quando sperimentano l’incertezza di quello che cercano, quando non sanno più come procedere e si abbandonano all’incertezza.
In questo contesto, nel quale il nostro giovane marinaio si trova a vivere in modo annoiato e senza speranza, mentre medita di mollare tutto e tornarsene a casa, entra in modo forte la proposta fattagli di prendere il comando di una nave. Un incarico di responsabilità, il primo della sua vita, risveglia in lui qualcosa di nuovo, nascono legami nuovi; quello che si appresta a vivere non è un lavoro, è la sua impresa; quella che governa non è una nave tra le tante, è la sua nave! Nasce così un senso di responsabilità e di dedizione totale, quel vascello non potrà mai partire se lui non sale a bordo, non arriverà mai a destinazione se non affronterà le prove della navigazione.
La nave diventa metafora della vita, essa rimane ferma se non c’è qualcuno che responsabilmente se ne prende carico e nessuno può farlo al mio posto; l’esistenza assume così un sapore tutto nuovo e un protagonismo che ne sfida gli alti e i bassi.
Finalmente capitano della sua nave, parte per il mare aperto e subito si trova a dover affrontare le prime difficoltà, fino a quando non arriva quella più pericolosa, il rimanere immobili in un oceano senza vento che gonfi le vele. Torna nuovamente un certo senso di solitudine, di essere persi, comincia a mancare il necessario per sopravvivere; il giovane comandante se ne sente responsabile e per questo sperimenta uno stato di inadeguatezza,  arriva la paura di non essere all’altezza della propria nave, della propria vita.
La solitudine si fa largo, solamente lui e il cuoco stanno bene, il resto dell’equipaggio è malato; si trova ad affrontare un momento di crisi che, come indica questa parola nel suo significato semantico, diventa una occasione di scelta: ci si arrende oppure si lotta fino alla fine? Il nostro giovane amico, sceglie la seconda, così si fa carico non solo della sua vita ma anche di quella di tutto l’equipaggio che ora confida solo in lui; è così che avviene il superamento di quella “linea d’ombra”, che è ciò che separa la giovinezza dall’età adulta, la paura di non farcela è ormai alle spalle, la strada è ora scelta, affrontare le difficoltà senza delegarle ad altri, senza lasciare che qualcuno decida della propria vita.
Il momento difficile viene superato, la nave riprende la rotta a vele spiegate fino a giungere in porto. E ora? Forse altri si sarebbero fermati per un po’, lui no, riparte subito, la sicurezza maturata nel suo primo viaggio da comandante lo hanno portato a trovare la rotta da dare alla propria vita.
Oggi la linea d’ombra tende ad allargarsi e sfumarsi, il passaggio dalla giovinezza alla maturità è molto diverso che nel passato quando esistevano chiari riti di passaggio che aiutavano la consapevolezza personale e sociale del cambiamento avvenuto.
Diversamente da quanto accadeva ai tempi di Conrad, oggi si sono modificate le strutture e i rapporti sociali, a tal punto che le stesse figure di riferimento storiche si sono indebolite, gli equilibri evolutivi del passato sono forzatamente cambiati. Il tutto ha portato conseguenze in entrambe i periodi di vita rappresentati dalle sponde separate dalla linea d’ombra così come ne abbiamo parlato sopra, sia i giovani che gli adulti hanno subito il venir meno di una separazione netta tra i loro due mondi con il relativo percorso che occorreva fare; il rischio di oggi è trovarsi adulti senza averlo scelto, o di vivere da giovani non essendolo più. Il passaggio dalla giovinezza all’età adulta, era caratterizzata fortemente a livello relazionale e sociale, chiamava in causa la dimensione lavorativa e del proprio progetto di vita, insieme c’era anche un riconoscimento da parte della società, il che aiutava ad accettare e vivere secondo il nuovo sé.
Oggi la realtà socioeconomica, il modificarsi della cultura, un diverso modo di vivere le relazioni affettive, l’allungamento della scolarità e del relativo ingresso nel mondo del lavoro, rendono tutto più difficile. Si sta così perdendo quello che fino ad ora poteva ancora essere definito come un confine fra l’età adolescenziale e quella adulta, il tutto porta a una certa confusione percepita in prima istanza dal soggetto stesso. Infatti se mentre si era ragazzi la confusione dovuta alla crescita era qualcosa di sopportabile e integrabile in un cammino evolutivo e ci vi poteva anche permettere di vivere alla giornata, per i giovani adulti non è così ed essa può diventare fonte di disagio e sofferenza nel capire chi si è.
Questo si manifesta inizialmente nel periodo legato alla scelta dell’università o del lavoro, non si sa quale possa essere, l’incertezza evidenzia una certa mancanza di consapevolezza del proprio progetto di vita, così si bloccano le prospettive di speranza legate al futuro; se questo dolore diventa eccessivo, avremo come conseguenza un vero blocco evolutivo che va ad influire sul passaggio all’età adulta che rappresenta come una nuova nascita, la quarta (infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità).
Un giorno è arrivato anche per Gesù il momento di prendere in mano la propria esistenza e realizzare il suo progetto di vita, con l’arresto di Giovanni Battista (cfr. Mt 4,12 ss.) lascia Nazaret, quella che fino ad ora per tutta l’infanzia e la giovinezza era stato il luogo dove era cresciuto intessendo quei normali rapporti che ognuno può vivere in una cittadina piccola, dove tutti si conoscono. Ora parte, cambia luogo di residenza, diventa un “rabbì” itinerante, sceglie di non sposarsi ma di radunare intorno a sé un gruppo di amici con i quali condividere la realizzazione del proprio progetto.
È un passaggio determinante per la sua vita, tutto non sarà più come prima, una scelta originaria rinnovata più e più volte di fronte a difficoltà e incomprensioni, tutte cose che non lo fermano. Arriva anche per lui un momento nel quale deve prendere in modo forte la decisione di dirigersi verso quel luogo e quel momento che rappresenteranno il compimento della propria vita (cfr. Lc 9,51 ss.). Nuovamente la vita è sottoposta a un momento di discontinuità nel quale cambia assumendo un sapore e un passo diversi. Questa sua ferma decisione è in sintonia con la decisione del nostro giovane capitato di sopra, di assumere il comando della nave, è l’invito a ciascuno di noi ad una vita vissuta in modo pieno che si fa protagonista senza lasciarsi sballottare da quanto accade. La compagnia dei suoi discepoli gli è sicurante di aiuto, anche nell’affrontare la non accoglienza da parte di tanti, l’incomprensione di chi non vede compiersi in lui di un progetto grande, il tutto in un cuore rappacificato che non si nutre di vendetta, ma continua a cercare e a camminare con speranza.
Infine arriva il giorno nel quale Gesù si trova da solo di fronte al tutto, nell’orto degli Ulivi (cfr. Lc 22,39 ss.), messo davanti alla decisione più importante da dover prendere, sentendone tutto il peso non solo psicologico e fisico, ma anche mettendo al centro il suo rapporto con il Padre. La sua risposta è un sì pieno alla vita, anche se dovrà passare attraverso la morte, con il far propria una volontà nella quale ci scopriamo non solitari fautori di tutto, ma parte di un progetto da abbracciare e che diventa mio nel momento in cui lo scelgo.

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