Durante una messa al campo estivo un ragazzo crollò letteralmente
dal sonno, nel senso che proprio cadde dalla sedia, più che arrabbiato ero
preoccupato per la figuraccia fatta davanti ai suoi amici e per il senso di
vergogna che ne sarebbe nato.
Pensandoci non è stata l’unica volta che qualcuno si è
assopito durante un mio intervento, mi fa coraggio il sapere che è successa la
stessa cosa anche a san Paolo, con esiti molto più rocamboleschi di quando non
sia mai avvenuto a me.
Il primo giorno della
settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane, e Paolo, che doveva partire il
giorno dopo, conversava con loro e prolungò il discorso fino a mezzanotte.
C'era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo
riuniti. Ora, un ragazzo di nome Eutico, seduto alla finestra, mentre Paolo
continuava a conversare senza sosta, fu preso da un sonno profondo; sopraffatto
dal sonno, cadde giù dal terzo piano e venne raccolto morto. Paolo allora
scese, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: "Non vi turbate; è
vivo!". Poi risalì, spezzò il pane, mangiò e, dopo aver parlato ancora
molto fino all'alba, partì. Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si
sentirono molto consolati. (At 20,7-12)
Certo che a Paolo gli piace proprio parlare, forse ce n’era
anche bisogno visto che occorreva che usasse bene il suo tempo visto il suo
ministero non stanziale, ma di passaggio in varie comunità. Eutico forse si
addormenta perché pur sentendo tante cose belle, non trova spazio per le
proprie domande e ricerche; occorre che noi sappiamo maturare questa
attenzione, insieme anche ad adottare un linguaggio vicino a quello dei ragazzi
nei contenuti e nelle ricerche. Se le omelie o i discorsi sono lunghi, ci si
annoia, dopo aver preso la parola occorre saperla restituire ai ragazzi.
Succede allora che Eutico se ne sta alla finestra, così
riesce a vedere fuori per distrarsi un po’, ammira il cielo, pensa ad altro e
questo lo culla pian piano verso il regno dei sogni. Dentro di me immagino la scena
in una delle nostre chiese, con la comparsa di una pia vecchietta di turno che
rimprovera il bello addormentato perché non si dorme a messa né tantomeno
quando il “reverendo” parla. Il tutto è così lontano dal comportamento di
Paolo, lui non rimprovera, il ragazzo viene abbracciato, vive non è morto; non
è vero che i nostri giovani sono “morti”, non è giusto dire: lasciamo perdere,
con loro è tempo sprecato.
Eutico è immagine dei tanti adolescenti delle nostre
parrocchie, la loro posizione è stare un po’ dentro e un po’ fuori, alla
finestra sognatori e spaesati, annoiati da certi modi di comunicare loro cose
anche giuste, messo un po’ in un angolo della comunità dimenticandosi quasi di
lui fino a quando non succede qualcosa di grave.
Occorre far nostro lo slancio di Paolo, lui corre, si butta
su di lui, comunica speranza a tutti quelli intorno perché non lo diano per
perso, riconoscere che c’è ancora vita: c’è ancora vita nei nostri ragazzi.
Inoltre possiamo ricavare anche un dato sociologico, quella
della multi-appartenenza vissuta dai nostri ragazzi, non più caratterizzati e
modellati in base a un contesto unico e specifico nel quale crescono e dal
quale traggono valori e modi di fare, ma un intreccio di relazioni e di scelte
vissute come sempre reversibili. Sono dentro una cosa, ma senza perdere di
vista quanto sta fuori.
Sicuramente lì sul davanzale, Eutico combatteva la battaglia
contro i suoi occhi che si chiudevano, diceva dentro di sé che ce la poteva
fare, non era più un bambino ed era troppo presto per andare a letto. Eppure è
ancora lungo il cammino perché possa conoscere e controllare il proprio corpo,
riconoscendo anche che ci sono cose che ci sfuggono pur facendo parte di noi
stessi.
Così possono capitare “tiri mancini” da una vita che ancora
è molto in cammino, c’è qualcuno che rischia anche grosso con scelte o
conseguenze nate dall’impazienza o da una ricerca non ancora matura; c’è anche
chi arriva a rischiare la vita, alcuni anche a perderla.
Capita così di dover a volte incontrare, altre raccogliere,
giovani che sono stati privati del loro alito di vita, della speranza per
andare avanti, ragazzi che incontrano tanti adulti che puntano il dito, che
accusano. Non così Paolo, non così noi; in questo suo scendere vedo la
dimensione del chinarsi, lo spirito dell’incarnazione, di Dio che scende nel
mondo per noi. Anche per noi non ci sono altre strade che questa, una
solidarietà e una condivisione per la vita.
Paolo rassicura che non è morto, perché solo chi ama
veramente e gratuitamente, non si arrende all’apparenza, ma sa scorgere tutti
gli appelli di vita che gridano nell’esistenza di ogni adolescente; in ognuno
di loro, al di là delle proprie scelte, Dio c’è ancora e dovremmo ricordarci
come educatori che arriva anche prima di noi.
Succede così che il cammino di vita di Eutico, interrotto
così drasticamente, può ora riprendere dal punto di prima, anche se ora
rianimato dai gesti e dalle parole di chi si trova accanto; così può accadere
anche per tanti nostri ragazzi se incontreranno un “Paolo” accanto a loro
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