sabato 27 agosto 2016

Un ragazzo fortunato

Durante una messa al campo estivo un ragazzo crollò letteralmente dal sonno, nel senso che proprio cadde dalla sedia, più che arrabbiato ero preoccupato per la figuraccia fatta davanti ai suoi amici e per il senso di vergogna che ne sarebbe nato.
Pensandoci non è stata l’unica volta che qualcuno si è assopito durante un mio intervento, mi fa coraggio il sapere che è successa la stessa cosa anche a san Paolo, con esiti molto più rocamboleschi di quando non sia mai avvenuto a me.
Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane, e Paolo, che doveva partire il giorno dopo, conversava con loro e prolungò il discorso fino a mezzanotte. C'era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti. Ora, un ragazzo di nome Eutico, seduto alla finestra, mentre Paolo continuava a conversare senza sosta, fu preso da un sonno profondo; sopraffatto dal sonno, cadde giù dal terzo piano e venne raccolto morto. Paolo allora scese, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: "Non vi turbate; è vivo!". Poi risalì, spezzò il pane, mangiò e, dopo aver parlato ancora molto fino all'alba, partì. Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati. (At 20,7-12)
Certo che a Paolo gli piace proprio parlare, forse ce n’era anche bisogno visto che occorreva che usasse bene il suo tempo visto il suo ministero non stanziale, ma di passaggio in varie comunità. Eutico forse si addormenta perché pur sentendo tante cose belle, non trova spazio per le proprie domande e ricerche; occorre che noi sappiamo maturare questa attenzione, insieme anche ad adottare un linguaggio vicino a quello dei ragazzi nei contenuti e nelle ricerche. Se le omelie o i discorsi sono lunghi, ci si annoia, dopo aver preso la parola occorre saperla restituire ai ragazzi.
Succede allora che Eutico se ne sta alla finestra, così riesce a vedere fuori per distrarsi un po’, ammira il cielo, pensa ad altro e questo lo culla pian piano verso il regno dei sogni. Dentro di me immagino la scena in una delle nostre chiese, con la comparsa di una pia vecchietta di turno che rimprovera il bello addormentato perché non si dorme a messa né tantomeno quando il “reverendo” parla. Il tutto è così lontano dal comportamento di Paolo, lui non rimprovera, il ragazzo viene abbracciato, vive non è morto; non è vero che i nostri giovani sono “morti”, non è giusto dire: lasciamo perdere, con loro è tempo sprecato.
Eutico è immagine dei tanti adolescenti delle nostre parrocchie, la loro posizione è stare un po’ dentro e un po’ fuori, alla finestra sognatori e spaesati, annoiati da certi modi di comunicare loro cose anche giuste, messo un po’ in un angolo della comunità dimenticandosi quasi di lui fino a quando non succede qualcosa di grave.
Occorre far nostro lo slancio di Paolo, lui corre, si butta su di lui, comunica speranza a tutti quelli intorno perché non lo diano per perso, riconoscere che c’è ancora vita: c’è ancora vita nei nostri ragazzi.
Inoltre possiamo ricavare anche un dato sociologico, quella della multi-appartenenza vissuta dai nostri ragazzi, non più caratterizzati e modellati in base a un contesto unico e specifico nel quale crescono e dal quale traggono valori e modi di fare, ma un intreccio di relazioni e di scelte vissute come sempre reversibili. Sono dentro una cosa, ma senza perdere di vista quanto sta fuori.
Sicuramente lì sul davanzale, Eutico combatteva la battaglia contro i suoi occhi che si chiudevano, diceva dentro di sé che ce la poteva fare, non era più un bambino ed era troppo presto per andare a letto. Eppure è ancora lungo il cammino perché possa conoscere e controllare il proprio corpo, riconoscendo anche che ci sono cose che ci sfuggono pur facendo parte di noi stessi.
Così possono capitare “tiri mancini” da una vita che ancora è molto in cammino, c’è qualcuno che rischia anche grosso con scelte o conseguenze nate dall’impazienza o da una ricerca non ancora matura; c’è anche chi arriva a rischiare la vita, alcuni anche a perderla.
Capita così di dover a volte incontrare, altre raccogliere, giovani che sono stati privati del loro alito di vita, della speranza per andare avanti, ragazzi che incontrano tanti adulti che puntano il dito, che accusano. Non così Paolo, non così noi; in questo suo scendere vedo la dimensione del chinarsi, lo spirito dell’incarnazione, di Dio che scende nel mondo per noi. Anche per noi non ci sono altre strade che questa, una solidarietà e una condivisione per la vita.
Paolo rassicura che non è morto, perché solo chi ama veramente e gratuitamente, non si arrende all’apparenza, ma sa scorgere tutti gli appelli di vita che gridano nell’esistenza di ogni adolescente; in ognuno di loro, al di là delle proprie scelte, Dio c’è ancora e dovremmo ricordarci come educatori che arriva anche prima di noi.
Succede così che il cammino di vita di Eutico, interrotto così drasticamente, può ora riprendere dal punto di prima, anche se ora rianimato dai gesti e dalle parole di chi si trova accanto; così può accadere anche per tanti nostri ragazzi se incontreranno un “Paolo” accanto a loro

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