sabato 13 agosto 2016

Adulti in ristrutturazione

Mi chiedo se la gente pensa prima di agire.
Il nuovo oratorio dove sono finito è stato costruito da poco, adotta tutta una serie di novità rispetto a quello dove ero prima tipo i muri in cartongesso, anche non sono proprio una scelta ideale per luoghi frequentati da bambini e giovani vista la fragilità del materiale. Esternamente è stato messo il “cappotto” così chiamato per identificare il materiale di coibentazione installato che rende anche i nostri muri esterni maggiormente esposti all’esuberanza delle giovani generazioni fatta per lo più di pallonate. L’installazione di questo isolamento fa aumentare lo spessore dei muri così che lo spazio antistante le finestre del piano terra diventano comode e invitanti panchine, molto usate da tutti, con il problema che una volta seduti viene normale muovere i piedi e i ripetuti colpi non hanno giovato all’intonaco.
Nel bel mezzo del Grest parrocchiale, una pia volontaria della parrocchia, accortasi del problema, ha applicato su tutte le finestre un foglietto che indicava il divieto assoluto di sedervisi sopra. Fatta salva la buona intenzione che la muoveva, insieme anche al fatto che le cose vanno rispettate e curate, mi è parso però che il suo intervento fosse fuori luogo. Innanzitutto perché fatto nel bel mezzo del Grest così da renderne difficile l’applicazione vista la baraonda che accompagna il tutto, inoltre per esperienza personale devo dire che il sedersi su questa panca muraria è proprio bello e si presta come luogo naturale per farlo. Mentre riferivo della cosa alla nostra gentile volontaria condividendo quanto voleva difendere, ma anche che si correva il rischio di mettere i ragazzi nella condizione di non riuscire a rispettare tale divieto, corrugando la fronte mi disse che lei non vedeva problemi: visto che la cosa c’è scritta sopra, perché i ragazzi dovrebbero far fatica a metterla in pratica?
Cambiando il luogo ma non il tema, mi trovai con ragazzi delle medie in una settimana di campo estivo sulle nostre montagne; poco distante si trovava un circolo aperto apposta per animare la piccola frazione nella quale ci trovavamo, con annesso uno spazio in erba con montata una rete di pallavolo un po’ fragile ma che serviva egregiamente al proprio scopo. Salta di qui e di là, nonostante le raccomandazioni degli educatori, a un certo punto si ruppe un pezzo della rete nella parte che le permetteva di rimanere tesa tra due pali. Informammo della cosa la responsabile e ci offrimmo di ripagarla, ci disse di non preoccuparci che conosceva chi avrebbe saputo riparlarla.
Il giorno successivo mentre con una attività all’aperto concludevamo il momento di catechesi arrivò un signore un po’ anziano che rivolgendosi ai ragazzi cominciò tutta una ramanzina con toni accesi sul rispetto delle cose e degli altri; rimasi di stucco, pensavo di aver chiarito la cosa con chi di dovere, condividevo il messaggio che le cose vadano usate bene, ma non i modi con i quali il tutto stava uscendo; capisco che la rete non era solo nostra, ma visto come era messa e la funzione alla quale serviva, credo che ci si potesse aspettare una cosa del genere. Ma nulla servì a convincere il nostro caloroso ospite che sbuffando riprese la sua strada.
Cambiando orario ma non il tema, siamo alle 22 di una normale serata d’estate durante una attività serale fatta con i ragazzi che in un gioco devono trovare diversi personaggi e superare le prove che verranno loro consegnate. C’è chi corre di qua e di là, qualcuno chiama, altri cantano, tutto molto bello senza l’uso di nessuna amplificazione.
Arriva una giovane signora gridando e minacciando di darcele di santa ragione, il motivo è che il vociare dei ragazzi ha svegliato suo figlio piccolo che era già a letto. Io sono dispiaciuto perché avere un bimbo piangente per casa di certo non è il massimo, ma né l’ora né i decibel prodotti mi sembrano lontanamente superare le norme comunali o quelle del buon senso. Pretendeva che facessimo più piano, capisco il motivo, ma come si fa con quaranta e passa adolescenti in assetto da gioco che si stanno lecitamente divertendo? La giovane mamma se ne andò, chiesi l’impossibile ai ragazzi perché stessero almeno lontani da casa sua.
Leggendo questi tre esempi ci viene subito da dire che noi non siamo così, eppure io comincio a capire perché i giovani sono spesso criticati e si sentono giudicati. Incontrano troppo spesso adulti insofferenti che pensano troppo a sé, faticando ad entrare in empatia con i bisogni e le necessità degli altri, mettendo i propri diritti al di sopra della giusta ricerca vissuta dai ragazzi in vari modi che non sono sempre secondo i nostri canoni e che ci possono anche dare fastidio, cerchiamo di tutelare il nostro privato e non sappiamo agire con uno sguardo puntato sul bene della società che chiede di assistere i giovani nella loro crescita invece di farli sentire sempre sbagliati.
Quelli riportati sopra sono solo tre esempi capitati in questa breve estate ancora non terminata; mi trovo spesso paziente con gli adolescenti, ma poco con gli adulti soprattutto con quelli che seguono il modello sopra delineato, mi capita a volte di esagerare con loro usando parole non sempre comprensive, ma sbaglio. Quanto bisogno abbiamo noi grandi di essere aiutati ad affrontare con mente aperta ed accogliente tanti fatti nei quali sono coinvolti dei ragazzi, perché non riusciamo a capire se partiamo solo da noi. Che fatica aiutare gli adulti che incontro a entrare in una logica nuova con lo scopo di dare una interpretazione più corretta dell’accaduto.
Spesso come adulti abbiamo la memoria un po’ corta, accusiamo il presente di tutti i problemi del mondo; da questo fenomeno nasce spesso il prendersela con i giovani in una specie di “lotta tra le generazioni” che vede anche un nascente antagonismo nei confronti delle novità che con il tempo emergono in vari campi.
Con quanto detto non voglio fermarmi semplicemente ad assecondare naturalmente i giovani così come sono in questo tempo e come vivono la ricerca di senso della propria vita, come educatore invito tutti ad unirsi in una sfida perché in ogni ragazzo possano crescere motivi di vita e di speranza, ripensando l’evento di Gesù come capace di dare salvezza all’interno di questa loro ricerca. Sinteticamente: a braccia aperte, spingendo in alto.

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