Cari giovani, siete venuti a Cracovia per incontrare Gesù. E
il Vangelo oggi ci parla proprio dell’incontro tra Gesù e un uomo, Zaccheo, a
Gerico (cfr Lc 19,1-10). Lì Gesù non si limita a predicare, o a salutare
qualcuno, ma vuole – dice l’Evangelista – attraversare la città (cfr v. 1).
Gesù desidera, in altre parole, avvicinarsi alla vita di ciascuno, percorrere
il nostro cammino fino in fondo, perché la sua vita e la nostra vita si
incontrino davvero.
Avviene così l’incontro più sorprendente, quello con
Zaccheo, il capo dei “pubblicani”, cioè degli esattori delle tasse. Dunque Zaccheo
era un ricco collaboratore degli odiati occupanti romani; era uno sfruttatore
del suo popolo, uno che, per la sua cattiva fama, non poteva nemmeno
avvicinarsi al Maestro. Ma l’incontro con Gesù gli cambia la vita, come è stato
e ogni giorno può essere per ciascuno di noi. Zaccheo, però, ha dovuto
affrontare alcuni ostacoli per incontrare Gesù. Non è stato facile, per lui, ha
dovuto affrontare alcuni ostacoli, almeno tre, che possono dire qualcosa anche
a noi.
Il primo è la bassa statura: Zaccheo non riusciva a vedere
il Maestro perché era piccolo. Anche oggi possiamo correre il rischio di stare
a distanza da Gesù perché non ci sentiamo all’altezza, perché abbiamo una bassa
considerazione di noi stessi. Questa è una grande tentazione, che non riguarda solo
l’autostima, ma tocca anche la fede. Perché la fede ci dice che noi siamo
«figli di Dio, e lo siamo realmente» (1 Gv 3,1): siamo stati creati a sua
immagine; Gesù ha fatto sua la nostra umanità e il suo cuore non si staccherà
mai da noi; lo Spirito Santo desidera abitare in noi; siamo chiamati alla gioia
eterna con Dio! Questa è la nostra “statura”, questa è la nostra identità
spirituale: siamo i figli amati di Dio, sempre. Capite allora che non
accettarsi, vivere scontenti e pensare in negativo significa non riconoscere la
nostra identità più vera: è come girarsi dall’altra parte mentre Dio vuole
posare il suo sguardo su di me, è voler spegnere il sogno che Egli nutre per
me. Dio ci ama così come siamo, e nessun peccato, difetto o sbaglio gli farà
cambiare idea. Per Gesù – ce lo mostra il Vangelo – nessuno è inferiore e
distante, nessuno insignificante, ma tutti siamo prediletti e importanti: tu
sei importante! E Dio conta su di te per quello che sei, non per ciò che hai:
ai suoi occhi non vale proprio nulla il vestito che porti o il cellulare che
usi; non gli importa se sei alla moda, gli importi tu, così come sei. Ai suoi
occhi vali e il tuo valore è inestimabile.
Quando nella vita ci capita di puntare in basso anziché in
alto, può aiutarci questa grande verità: Dio è fedele nell’amarci, persino
ostinato. Ci aiuterà pensare che ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi,
che crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi, che “fa sempre il
tifo” per noi come il più irriducibile dei tifosi. Sempre ci attende con
speranza, anche quando ci rinchiudiamo nelle nostre tristezze, rimuginando
continuamente sui torti ricevuti e sul passato. Ma affezionarci alla tristezza
non è degno della nostra statura spirituale! E’ anzi un virus che infetta e
blocca tutto, che chiude ogni porta, che impedisce di riavviare la vita, di
ricominciare. Dio, invece, è ostinatamente speranzoso: crede sempre che
possiamo rialzarci e non si rassegna a vederci spenti e senza gioia. E’ triste
vedere un giovane senza gioia. Perché siamo sempre i suoi figli amati.
Ricordiamoci di questo all’inizio di ogni giornata. Ci farà bene ogni mattina
dirlo nella preghiera: “Signore, ti ringrazio perché mi ami; sono sicuro che tu
mi ami; fammi innamorare della mia vita”. Non dei miei difetti, che vanno
corretti, ma della vita, che è un grande dono: è il tempo per amare ed essere
amati.
Zaccheo aveva un secondo ostacolo sulla via dell’incontro
con Gesù: la vergogna paralizzante. Su questo abbiamo detto qualcosa ieri sera.
Possiamo immaginare che cosa sia successo nel cuore di Zaccheo prima di salire
su quel sicomoro, ci sarà stata una bella lotta: da una parte una curiosità
buona, quella di conoscere Gesù; dall’altra il rischio di una tremenda
figuraccia. Zaccheo era un personaggio pubblico; sapeva che, provando a salire
sull’albero, sarebbe diventato ridicolo agli occhi di tutti, lui, un capo, un
uomo di potere, ma tanto odiato. Ma ha superato la vergogna, perché
l’attrattiva di Gesù era più forte. Avrete sperimentato che cosa succede quando
una persona diventa tanto attraente da innamorarsene: allora può capitare di
fare volentieri cose che non si sarebbero mai fatte. Qualcosa di simile accadde
nel cuore di Zaccheo, quando sentì che Gesù era talmente importante che avrebbe
fatto qualunque cosa per Lui, perché Lui era l’unico che poteva tirarlo fuori
dalle sabbie mobili del peccato e della scontentezza. E così la vergogna che
paralizza non ha avuto la meglio: Zaccheo – dice il Vangelo – «corse
avanti», «salì» e poi, quando Gesù lo
chiamò, «scese in fretta» (vv. 4.6). Ha
rischiato, si è messo in gioco. Questo è anche per noi il segreto della gioia:
non spegnere la curiosità bella, ma mettersi in gioco, perché la vita non va
chiusa in un cassetto. Davanti a Gesù non si può rimanere seduti in attesa con
le braccia conserte; a Lui, che ci dona la vita, non si può rispondere con un
pensiero o con un semplice “messaggino”!
Cari giovani, non vergognatevi di portargli tutto,
specialmente le debolezze, le fatiche e i peccati nella Confessione: Lui saprà
sorprendervi con il suo perdono e la sua pace. Non abbiate paura di dirgli “sì”
con tutto lo slancio del cuore, di rispondergli generosamente, di seguirlo! Non
lasciatevi anestetizzare l’anima, ma puntate al traguardo dell’amore bello, che
richiede anche la rinuncia, e un “no” forte al doping del successo ad ogni
costo e alla droga del pensare solo a sé e ai propri comodi.
Dopo la bassa statura, dopo vergogna paralizzante, c’è un
terzo ostacolo che Zaccheo ha dovuto affrontare, non più dentro di sé, ma
attorno a sé. È la folla mormorante, che prima lo ha bloccato e poi lo ha
criticato: Gesù non doveva entrare in casa sua, in casa di un peccatore! Quanto
è difficile accogliere davvero Gesù, quanto è duro accettare un «Dio, ricco di
misericordia» (Ef 2,4). Potranno ostacolarvi, cercando di farvi credere che Dio
è distante, rigido e poco sensibile, buono con i buoni e cattivo con i cattivi.
Invece il nostro Padre «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt
5,45) e ci invita al coraggio vero: essere più forti del male amando tutti,
persino i nemici. Potranno ridere di voi, perché credete nella forza mite e
umile della misericordia. Non abbiate timore, ma pensate alle parole di questi
giorni: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Potranno
giudicarvi dei sognatori, perché credete in una nuova umanità, che non accetta
l’odio tra i popoli, non vede i confini dei Paesi come delle barriere e
custodisce le proprie tradizioni senza egoismi e risentimenti. Non
scoraggiatevi: col vostro sorriso e con le vostre braccia aperte voi predicate
speranza e siete una benedizione per l’unica famiglia umana, che qui così bene
rappresentate!
La folla, quel giorno, ha giudicato Zaccheo, lo ha guardato
dall’alto in basso; Gesù, invece, ha fatto il contrario: ha alzato lo sguardo
verso di lui (v. 5). Lo sguardo di Gesù va oltre i difetti e vede la persona;
non si ferma al male del passato, ma intravede il bene nel futuro; non si
rassegna di fronte alle chiusure, ma ricerca la via dell’unità e della comunione;
in mezzo a tutti, non si ferma alle apparenze, ma guarda al cuore. Gesù guarda
il nostro cuore, il tuo cuore, il mio cuore. Con questo sguardo di Gesù, voi
potete far crescere un’altra umanità, senza aspettare che vi dicano “bravi”, ma
cercando il bene per sé stesso, contenti di conservare il cuore pulito e di
lottare pacificamente per l’onestà e la giustizia. Non fermatevi alla
superficie delle cose e diffidate delle liturgie mondane dell’apparire, dal
maquillage dell’anima per sembrare migliori. Invece, installate bene la
connessione più stabile, quella di un cuore che vede e trasmette il bene senza
stancarsi. E quella gioia che gratuitamente avete ricevuto da Dio, per favore,
gratuitamente donatela (cfr Mt 10,8), perché tanti la attendono! E la attendono
da voi.
Ascoltiamo, infine, le parole di Gesù a Zaccheo, che
sembrano dette apposta per noi oggi, per ognuno di noi: «Scendi subito, perché
oggi devo fermarmi a casa tua» (v. 5). “Scendi subito, perché oggi devo
fermarmi con te. Aprimi la porta del tuo cuore”. Gesù ti rivolge lo stesso
invito: “Oggi devo fermarmi a casa tua”. La GMG, potremmo dire, comincia oggi e
continua domani, a casa, perché è lì che Gesù vuole incontrarti d’ora in poi.
Il Signore non vuole restare soltanto in questa bella città o nei ricordi cari,
ma desidera venire a casa tua, abitare la tua vita di ogni giorno: lo studio e
i primi anni di lavoro, le amicizie e gli affetti, i progetti e i sogni. Quanto
gli piace che nella preghiera tutto questo sia portato a Lui! Quanto spera che
tra tutti i contatti e le chat di ogni giorno ci sia al primo posto il filo
d’oro della preghiera! Quanto desidera che la sua Parola parli ad ogni tua
giornata, che il suo Vangelo diventi tuo, e che sia il tuo “navigatore” sulle
strade della vita!
Mentre ti chiede di venire a casa tua, Gesù, come ha fatto
con Zaccheo, ti chiama per nome. Tutti noi, Gesù chiama per nome. Il tuo nome è
prezioso per Lui. Il nome di Zaccheo evocava, nella lingua del tempo, il
ricordo di Dio. Fidatevi del ricordo di Dio: la sua memoria non è un “disco
rigido” che registra e archivia tutti i nostri dati, la sua memoria è un cuore
tenero di compassione, che gioisce nel cancellare definitivamente ogni nostra
traccia di male. Proviamo anche noi, ora, a imitare la memoria fedele di Dio e
a custodire il bene che abbiamo ricevuto in questi giorni. In silenzio facciamo
memoria di questo incontro, custodiamo il ricordo della presenza di Dio e della
sua Parola, ravviviamo in noi la voce di Gesù che ci chiama per nome. Così
preghiamo in silenzio, facendo memoria, ringraziando il Signore che qui ci ha
voluti e incontrati.
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