mercoledì 5 settembre 2018

Adulti appassionati

Vivere da adulti accanto a un adolescente chiede una capacità di riposizionamento relazionale rispetto a quando avevamo a che fare con un bambino. A tutti voi, adulti di oggi, il mio grande rispetto e vicinanza per un ruolo particolarmente difficile, ma anche un incoraggiamento a vivere fino in fondo un ruolo di cui c’è tanto bisogno. Non è semplice, non solo perché i tempi sono cambiati, ma perché questo ci chiede in contemporanea da una parte il saperci mettere da parte, dall’altra rimanere presenti e pronti nel caso ci fosse bisogno di noi. È un equilibrio difficile senza regole generali, che deve essere molto attento allo specifico del ragazzo e delle tante relazioni che vive. 
I ragazzi nel loro cammino di crescita e di ricerca di senso, insieme a gioie incontrano anche dolori, a volte essi provengono da scelte o condotte fatte un po’ per caso, ma dalle quali fanno fatica a staccarsi perché non trovano altro a cui aggrapparsi. Può capitare così che, un atteggiamento così tanto per provare, rischi di diventare parte stabile della loro identità: può essere che un ragazzo violento non lo sia in realtà o non lo sarebbe se fosse stato aiutato, se avesse trovato, un altro modo per gestire il dolore e la ricerca che si porta dentro.
Lì dove non ce la fanno da soli occorre che intervengano gli adulti che fino ad ora possono essere rimasti anche in disparte, stando a guardare, confidando sulle forze del ragazzo, come il suo cammino sarebbe progredito. La cosa non è semplice, proprio coloro che sono più vicino, sono anche quelli che soffrono e risentono maggiormente della fatica esplosa nella vita di chi hanno accanto. Nell’aiutare il ragazzo, occorre creare una rete di sostegno anche tra gli adulti coinvolti, penso in particolare ai genitori che spesso sono quelli che maggiormente patiscono la cosa; vanno aiutati a non “abbandonare la nave” né a ricorrere a facili giudizi sul comportamento del figlio. Siamo tutti invitati a un intervento educativo che chiama in causa la relazione, cercando di comprende cosa desidera dirci attraverso il suo comportamento, evitando l’errore di dare per scontato di aver già capito tutto. Tutto questo non risolve la cosa, ma certamente è l’inizio giusto e non scontato.
Quando capita di aver voluto tanto bene a un ragazzo, di aver dedicato a lui tempo e fatiche per anni, di trovarsi ora di fronte alla sua crisi, arriva spesso in automatico anche la nostra. Ci si chiede dove si è sbagliato, ci si sente responsabili di quanto accade, capita così che possono entrare in campo alcune nostre difese per proteggerci dal dolore nello stare accanto a un adolescente che soffre: rovesciare tutta la colpa sul ragazzo e prendersela con lui perché nonostante il nostro impegno se l’è cercata; dare la colpa alle “cattive” compagnie o alla scuola e alla società; colpevolizzare i propri comportamenti passati  che non riguardano strettamente il rapporto con il ragazzo ma che diventano per noi come conseguenze di una “maledizione” che protrae i suoi artigli.
Tutte fatiche ed energie sciupate perché non esiste “il colpevole” che tanto cerchiamo, è il rischio di trovare un alibi per semplificare quella che invece è una situazione ben più complessa che è così per via di diversi fattori messi insieme.
Diversamente da come spesso “gridano” coloro che si stanno avviando ad abbandonare il proprio posto accanto ai giovani, non è vero che l’autorevolezza degli adulti sia entrata irreversibilmente in crisi. Sicuramente le forme usate nel passato sono ormai in stallo e da superare, un’impostazione basata sul fatto che chi è giovane deve riconoscere per principio il valore istituzionale di alcune figure per il ruolo che occupano, è un principio che non tiene più.
Non dare per scontato insegante, allenatore, prete, che guardandoti ci senta miracolosamente in contatto con la scuola, l’associazione, la Chiesa e quindi in automatico si veda legato alla tua presenza significati, poteri, riti riconosciuti per principio. Oggi tanto dipende da come si riesce a esprimere le proprie competenze, attentamente misurate e valutate per vedere se sono all’altezza di incontrare la ricerca di ragazzi e quindi considerate come importanti.
Essere autorevoli oggi, non è più un regalo che ci viene fatto in partenza, ma è qualcosa da guadagnarsi sul campo. Questo non vuol dire che dobbiamo far di tutto a tutti i costi per assecondare e fare cose mirabolanti affinché chi ho di fronte rimanga estasiato, ma certamente pur senza esagerare è necessario un po’ spendere e investire in questa impostazione relazionale che fonderà l’attuale  futura fiducia riposta in me dal ragazzo. 
All’inizio del suo ministero Gesù passo da Cafarnao e siccome era sabato si partecipò alla preghiera comunitaria in sinagoga, con grande ospitalità gli chiesero di commentare il brano del giorno, ciò che accadde fu una sorpresa per tutti, erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità(Lc 4,32). Da dove dunque gli viene, non di certo perché era un maestro affermato la cui fama era diffusa, neanche era di stirpe sacerdotale ossia legato al culto del tempio e con un ruolo ben fissato, non è parte del gruppo degli scribi che erano studiosi della Scrittura e dediti alla sua spiegazione e applicazione. È che Gesù ci crede veramente in quello che dice, non lo fa perché è il suo lavoro, non ha un secondo fine di affermazione personale, è appassionato di quella per lui è una questione di vita; questo fa delle sue parole una qualcosa di diverso e nuovo degli insegnamenti finora ascoltati da quella gente. Finalmente uno che parla perché ha passione e crede in quello che dice: ecco da dove viene la sua autorità, o meglio quella che noi oggi chiamiamo autorevolezza.
Ed è così anche oggi, un insegnate che ama la propria materia e non la vede solo come un lavoro, un allenatore che ha la passione per quello che fa oltre alla tecnica e ai risultati sperati, un prete disposto a spendere del tempo per capire e incontrare prima che invitare e chiedere, saranno figure di adulti ascoltate e ricercate anche nei momenti in cui sarà da loro chiesto un salto di qualità che chiederà al ragazzo fatica e impegno.  Si tratta di saper sviluppare quella “competenza” che è specifica del proprio ruolo, essendo appassionati e convinti di quello di cui si è portatori.

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