martedì 30 maggio 2017

I giovani ci sono, ma noi non abbiamo tempo

Sempre più spesso sento un lamento generale per l’assenza dei giovani. Eppure continuo ogni giorno a incontrarne e vederne tanti, certo forse non dove vorremo noi e non sempre pronti a seguirci e riempire gli eventi che, a volte ingenuamente, prepariamo per loro dando per scontato di sapere cosa serve di più alla loro vita.
I giovani ci sono, anche intorno alle nostra parrocchie, mi capita però di parlare con alcuni preti e mi sento dire che non hanno tempo; capisco, infatti l’attuale cambiamento a cui è sottoposta l’organizzazione ecclesiale sta ingolfando di impegni e di iniziative il servizio di tanti operatori pastorali, alla fine però è pur sempre una questione di scelte da fare. Per cui a me sta bene che si dica che non abbiamo tempo, però poi non accetto che ci si lamenti che i giovani non ci sono anche perché non è così, basta prendersene cura rinunciando a fare altro.
Segui il grido di chi dice che “i giovani non ci sono” poi vai lì e vedi che c’è un oratorio con grandi potenzialità non adeguatamente seguito e valorizzato dalla comunità, oppure gruppi associazioni o movimenti giovanili (come gli scout) che non sono molto considerati, si scopre che c’è un centro giovani o un luogo gestito da un’altra associazione ma visto che non è roba nostra neanche l’abbiamo in nota, abbiamo una quantità immensa di campi da calcio gestiti da società sportive nelle quali siamo diventati sempre più estranei, alla mattina girando vedo tanti ragazzi in giro che stanno andando a scuola sì perché ne ho una proprio vicino alla mia parrocchia della quale non mi sono mai interessato del resto “io non ho tempo” e così continuo a dire che i giovani non ci sono: forse sono io a non esserci.
Mi piacerebbe allora che tutti dicessimo: i giovani ci sono; occorre scegliere se fregarsene o prendersene cura.
Guardo alla mia vita di educatore, alle energie messe in gioco a livello pastorale e a volte mi chiedo perché siamo così testardi da volerci inventare sempre qualcosa di nuovo per attirare i giovani da noi, quando a volte sarebbe così semplice andare da loro dove già si trovano e passano la loro vita, basta sceglierlo lasciando da parte altro sia a livello d’impegni che di gestione di strutture.
Come può emergere ripercorrendo i luoghi indicati sopra, per prendersi cura oggi delle nuove generazione, è necessario uscire dalla logica territoriale della parrocchia, accogliere nuovi processi decisionali diversi da quelli ai quali siamo abituati dove è il prete ad avere su tutto l’ultima parola, prendendosi cura anche di quanto e di chi non nasce dalla nostra “paternità”. Se la nostra diocesi desidera investire in questo campo pastorale è necessario che nascano nuove figure pastorali (educatori, preti, suore, diaconi) che non trovano in una parrocchia il proprio riferimento ministeriale principale, ma nel servizio alle giovani generazioni lì dove sono: scuole, oratori, associazioni ecclesiali e non, luoghi del divertimento, società sportive, comunità di recupero, centri di accoglienza per gli immigrati… capite di quali mondi e grandi possibilità si tratta, purtroppo credo che ce li stiamo facendo sfuggire; non abbiamo tempo, così i giovani non ci sono.



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