Un giorno viene da me un ragazzo, si chiama Stefano. Ha 16
anni, di bell’aspetto, simpatico, veste bene, fa il liceo classico e con buoni
voti. Un ragazzo normale con tanti casini tipici della sua età e una ricerca
grande di significati veri per la propria esistenza. Mi dice che pensa di
essersi innamorato di Luca un suo amico, ovviamente non ne ha mai fatto parola
con nessuno, anche se ha cercato di dimostrargli il suo affetto, senza però ottenere
alcune effetto, ovviamente di questo soffre. Un giorno è riuscito a confidarsi
anche con un’amica e si è reso conto che pian piano nasceva affetto per lei
senza che scomparisse quello per Stefano. Non sapeva che cosa pensare di sé,
era etero, omo o bisessuale?
Fu molto bello per me incontrare questo ragazzo con tutta
l’energia che metteva in campo per saltarci fuori nella propria vita.
Mi permisi di accennargli il fatto che forse la domanda
finale che lo stava tormentando poteva non essere corretta. Mi sembra sia
l’interrogativo semplicistico che troppe volte trova spazio sui giornali e
sulla bocca di tanti adulti, ma che non è capace di entrare nella vita così
com’è, cioè una domanda che deve rimanere più aperta perché in questo momento
l’esistenza stessa è ancora spalancata verso un futuro da giocarsi, soprattutto
oggi quando le scelte importanti vengono spesso spostate in avanti nel tempo.
Senza voler cadere in nessun determinismo, occorre prendere
atto che la fase della pubertà risulta essere particolarmente rilevante
nell’ottica di definire il ruolo del proprio corpo nei confronti degli altri e
delle proprie scelte sessuali, è un periodo di prove, fantasie e scelte non
chiare e distinte come possono essere per noi adulti. Si sperimentano sogni
omosessuali e a volte si va anche oltre, può non sembrarlo ma può essere anche
una prova per capire il senso di un futuro rapporto di coppia etero.
Per questo occorre che come educatori sappiamo metterci in
ascolto delle ricerche profonde, dei perché che ci stanno sotto, di eventuali difficoltà
che li hanno bloccati, non dei semplici comportamenti o atteggiamenti che
sganciati dal resto non riescono a parlare veramente di chi ci troviamo davanti
e del cammino da fare. Qua ci sta tutto il sentiero fatto con Stefano, una
ricerca che non è durata poco, ma che lo ha accompagnato nel corso della sua
vita a non dare per scontato tante cose e così nel tempo riuscire a farle più
sue.
Un giorno mi è capitato di affrontare temi riguardo la
maturazione della propria identità durante un incontro in parrocchia con dei
giovani, in privato una ragazza venne da me confidandomi che a scuola di queste
cose si parlava, conosceva amici omosessuali, era però confusa perché alcuni si
sentivano in colpa, altri tenevano tutto dentro, diversi non riuscivano a
resistere a quello che girava dentro loro.
Ho chiarito subito che si tratta di una questione ampia
sotto tanti aspetti. Ogni persona in quanto tale è da rispettare
indipendentemente dalle scelte operate, qualcosa però occorre pur poterlo
altrimenti come educatore mi dovrei arrendere, è quindi sul campo
dell’oggettività del comportamento che ci si può confrontare e discutere. Come
educatore cristiano, consapevole della delicatezza del tema trattato, alla luce
però anche del bene che voglio ai giovani e al loro camino di crescita perché
possano essere felici, ho spiegato a quest’amica che certi comportamenti non
sono in linea con l’ordine naturale della procreazione e del progetto
originario di Dio sull’uomo e la donna, ammettendo comunque che questo non sia
di per sé personalmente un punto di partenza ma un cammino che ogni persona
occorre che compia per farlo proprio, non è scontato.
Proprio per quanto detto
e perché ciò non intacca l’essenza in sé della persona, è quindi
possibile avviare un percorso di aiuto (sempre che sia richiesto), un cammino
di maturazione, aprendo certe domande senza aver fretta di saltarci fuori
velocemente o troppo semplicisticamente. So che questa mia posizione urta la
sensibilità di qualcuno, non è mia intenzione mettermi contro nessuno, è che in
questi anni una certa cultura che mette a tema il discorso riguardante il
“gender” (genere) afferma che non c’è solo il maschile e femminile, ma una
serie di altri generi, da qui la fatica di alcuni ad accogliere un’impostazione
basata non solo sull’accoglienza ma anche sull’aiuto, su un cammino di crescita
e di maturazione fatto di tanti passaggi.
Purtroppo sotto l’emergere di certi dinamismi c’è stato
anche l’emergere un po’ della paura e il voler sfruttare da parte di alcuni il fenomeno
emergente della cultura “gender”, a mio parere il tutto fatto in modo anche
frettoloso. Questo non ha aiutato i ragazzi a far chiarezza in sé in questi
anni decisivi della propria vita, invece di mantenere viva la ricerca e
accompagnarla, c’è chi ha pensato di risolvere le cose semplicemente
introducendo un pensiero nuovo fatto apposta per mettere un po’ calmi tutti,
che comunica ai giovani in generale che scegliere la propria identità sia
possibile anzi necessario perché non scritto da nessuna parte, così anche da
risvegliare quegli aspetti che altrimenti rischiano di rimanere in silenzio.
Che il tutto possa poi essere avvenuto all’interno del mondo scolastico, è a
mio parere stato sconveniente, proprio uno dei luoghi preposti alla crescita
delle giovani generazioni si è compromesso nel dare risposte troppo facili e
veloci invece di coltivare la cultura e dare ai giovani il necessario per poter
decidere della propria vita.
Io credo che adolescenti in cammino, desiderosi di capirsi
meglio, riescono a costruirsi una sessualità che non segua solo l’impronta
culturale del momento, ma che sappia riscoprire anche un progetto originario
scritto nel nostro essere maschi o femmine.
Inoltre per noi educatori cristiani c’è la certezza di poter confidare
su una forza che va oltre noi, la presenza della grazia di Dio e del suo
desiderio che tutti possano vivere una vita felice e dignitosa.
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