Arriva un momento in cui è necessario giungere
una sintesi; l’occasione che mi ha spinto a farlo è stata caratterizzata da due
momenti: il primo il dover accompagnare un momento di verifica tra educatori e
genitori in seguito ad alcune difficoltà emerse lungo l’anno, il secondo è
stato l’incontro di formazione conclusivo per gli educatori cercando di
riassumere il cammino fatto con loro.
Questo mi ha chiesto di prendere in mano tante
cose, selezionandole e semplificandole, in modo avere in mano uno strumento semplice
che inquadrasse la situazione dei giovani di oggi e alcune prospettive che da
questo emergono per l’opera educativa di quanti a loro si affiancano.
In questa opera descrittiva, il mio intento
non è dire ciò che è giusto o sbagliato né quanto a me va bene oppure no; credo
invece importante, superando le nostre precomprensioni, entrare in contatto con
un contesti sociale e personale che influenza i ragazzi di oggi nell’essere
quello che sono, e da questo trarne alcune evidenze al nostro impegno educativo.
All’inizio pongo alcuni punti essenziali riguardo il cambiamento del modo di
vivere come giovani oggi rispetto al passato, nella seconda parte mi soffermo
su alcuni dati neuropsichiatrici che possono aiutare a chiarire meglio il
perché di certi comportamenti a noi adulti tanto oscuri, infine metto in
evidenza alcune evidenze che emergono riguardo l’impegno di chi educa.
Chiamatemi Narciso
· Il
suo sé è molto più importante dell’altro, con tutto quello che ne consegue a
livello di vita sociale e di scelte personali.
· Aspira
al successo, chiede di essere riconosciuto nel suo intrinseco valore, così come
della sua unicità e individualità.
·
È stato quasi del tutto abbandonato il
modello educativo della colpa e del castigo, questo ha portato ad un grosso
cambiamento nel rapporto tra le nuove le vecchie generazioni.
· Sente
un forte desiderio di doversi dedicare allo sviluppo della propria bellezza,
non solo fisica, come una missione che ha diritto di precedenza su tutte le
altre e che risulta come verifica del suo posto all’interno della società.
· Tendenzialmente
non contesta l’autorità (come invece avveniva per le generazioni precedenti), le
riconosce un’importanza secondaria: può essere utile purché non intralci la
delicatezza dei processi in corso che mirano a costruire il proprio sé.
· Ha
bisogno di vedere riflessa la propria immagine nello specchio sociale, nel
consenso del gruppo, nella valutazione dei docenti, nell’affetto della madre e
del padre.
· Il
dolore che sperimenta scende in profondità, producendo rabbia di fronte alla
quale si sente come impotente, da ciò può scaturire un tremendo progetto
vendicativo.
· Può
diventare violento e molto cattivo, anche se non è tale. Questo perché fatica a
identificarsi con le sue “vittime”, il dolore loro inflitto è personalmente
usato per ricostruire la “bellezza” distrutta da qualche avvenimento che lo ha
portato a reagire in modo rabbioso.
· Il
venire meno di modelli chiari di riferimento e la difficoltà del mondo adulto
di porre proposte adeguate, fa sì che possa mettersi liberamente e con calma,
alla ricerca della propria identità.
· Cerca
se stesso attraverso la registrazione delle emozioni che sperimenta mentre
mette in scena il proprio temporaneo copione, sperimenta diversi look e molte
fogge, e registra l’effetto che hanno.
· Procede
per tentativi ed errori, perciò spesso si corregge e ritira l’identità
temporanea che aveva assunto modificandola.
· Non
ammette che vi sia contrasto da parte degli adulti perché è convinto che non ci
sia niente di male in tutto quello che sta facendo.
· Infine,
ma primo per importanza, lui non potrebbe essere così se il contesto non lo
consentisse.
Il cervello? Non è sempre collegato!
· Diversamente
dal passato, oggi si sa che i processi di sviluppo cerebrale proseguono fino
verso i venticinque anni.
· C’è
un’asincronia tra lo sviluppo delle aree legate all’emozione e quelle che
presidiano le funzioni esecutive, con una rilevante differenza fra femmine e
maschi, che allegoricamente può arrivare a presentare una differenza di “due
anni”.
· Capita
allora che a certe età si faccia un po’ come si può, anche il ragazzo si trova
a non poter oggettivamente farci qualcosa, anche lui sente questa difficoltà, che
manca qualcosa.
· C’è
l’impulso verso un’azione, ma non ancora un’adeguata funzione regolatoria del
comportamento seguente che sappia controllarlo e collegarlo con il resto.
· Il
rilascio della melatonina (l’ormone del sonno) avviene progressivamente a un
orario più tardo andando a cambiare l’abituale ritmo tra sonno e veglia. Se
alcuni definiscono come “stanchi” i ragazzi di oggi, un motivo c’è. Le ore di
sonno mancate tendono pian piano ad accumularsi con la necessità di essere
recuperate quando possibile, nel frattempo il loro comportamento ne risente.
· Pianificare
e accogliere con flessibilità la vita sono capacità tutt’ora in maturazione.
· Il
governo delle proprie emozioni svolto dal cervello non riesce ad essere tempestivo
come dovrebbe.
· Gli
adolescenti assumono comportamenti che, noi come adulti, non prenderemo mai, si
sentono attratti da uno spirito di avventura e scoperta anche se non sono
ancora in grado di valutarne appieno le eventuali conseguenze e pericoli.
Per non restare a bocca aperta
·
Non voglio, affermare una sorta
d’insuperabile sudditanza a un corpo o a una psiche non ancora cresciuti del
tutto e che quindi si portano dietro dei limiti invalicabili. Se fosse così tutti
noi educatori dovremmo abbandonare il campo e dedicarci ad altro. È proprio
questo cammino di maturazione ancora in atto che chiede di aiutare e sostenere
gli adolescenti in un momento come questo dove non tutto ancora funziona come
dovrebbe.
·
Il fatto che la testa funziona così non
vuol dire arrendersi, anche perché la vita non si ferma, i ragazzi continuano a
prendere decisioni e capita che lo facciano perché sono furbi e sanno ciò che
dà o meno soddisfazione; oltre i bisogni che emergono dal corpo è presente
anche una ragione capace di impegnarci per il miglioramento occorre che venga
costantemente attivata nei processi decisionali assunti dai ragazzi; per noi
educatori alla fede la presenza nei giovani di tanti doni e il legame con Dio, ci
trova consapevole di una forza capace di soccorre la persona nelle proprio
debolezze riuscendo a superarle.
·
Un cammino educativo può quindi
stimolare in un ragazzo il darsi da fare per non lasciare tutto
all’improvvisazione, ma sarebbe del tutto assurdo pretendere che un ragazzo di
quattordici anni possa già gestire autonomamente il proprio tempo, lo studio, i
soldi e altre cose che per noi adulti sono invece pane quotidiano.
·
Se glielo si chiede, i ragazzi sono
capaci di distinguere tra una buona e una cattiva idea, sanno riflettere su
certe situazioni e trarne insegnamenti, ma sul momento non è detto che questa
capacità sappia prendere il dominio della situazione specifica. Occorre quindi
spesso ragionarci insieme, pazientando ripetendo spesso le stesse cose,
prendersi il tempo per fermarsi.
·
Credo che tutto questo possa essere
letto alla luce del cammino di fede facendo nostre le parole di san
Paolo: quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino,
ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho
abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora
vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò
perfettamente, come anch'io sono conosciuto (1Cor 13, 11-12). Credo
possa essere il cammino faticoso e bello di tanti giovani, il passare da uno
sguardo da bambino sulla vita a uno da adulto. Il tutto passando attraverso
momenti nei quali l’esperienza e l’idea che mi posso fare di quanto mi circonda
rimane imperfetta, attraversando situazioni di confusione. Così come la
bellezza di sapermi amato e conosciuto da qualcuno, che egli abbia un volto e
un nome in Gesù, che mi possa guidare lungo la strada per essere sempre più
autenticamente me stesso.
· Come educatori occorre impegnarsi
affinché le tante cose che ancora mancano ai nostri ragazzi e che possono
spingerli verso rischi inutili, vengano accompagnati da insegnamenti,
esperienze, testimonianze e dal dialogo con i propri coetanei attraverso
incontri di gruppo guidati.
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