martedì 9 maggio 2017

Peripatetico

Desidero esaudire subito la curiosità di quanti si sono soffermati a leggere, partendo dal titolo che suona un po’ strano, esso vuole significare semplicemente: insegnare ad apprendere camminando. Una cosa molto semplice, racchiusa in una parola tanto strana quanto dimenticata. Oggi l’insegnamento, così come l’educazione in senso più ampio, si fa fermi dietro un banco, o seduti in cerchio a parlare, è così anche nei nostri ambienti di Chiesa.
Tanti brani del Vangelo invece ci mostrano Gesù che esercita il suo ruolo di maestro e lo fa spesso camminando: mentre passeggia intorno al lago chiama i primi discepoli, lungo la strada avvengono alcuni degli incontri centrali; l’itinerario geografico descritto dai Vangeli è così un percorso di vita. È Luca l’evangelista che maggiormente mette al centro questa dinamica nella propria opera. Gesù non sale sul pulpito per insegnare, ma lo fa camminando. Così l’essere discepolo diventa non un andare generico, ma il seguire Gesù facendo propri gli insegnamenti che si mostrano nelle sue opere.
Se prendiamo in mano la Bibbia, ci rendiamo conto che questo rappresenta una costante fin da quando con il popolo d'Israele, Dio camminando fece la storia insieme con loro lungo le sfide che pian piano si presentavano.
Da questo, possiamo trarre la conseguenza che quanti svolgono un ruolo educativo, trovano nel “camminare insieme a”, la via per riuscire a far crescere il bello presente in ognuno. Il compito è impegnativo perché richiede tempo e disponibilità per esserci; oggi troppi di coloro ai quali è riconosciuto un ruolo formativo, dimostrano più a parole che nei fatti l’impegno di dedicarsi ai giovani, non vivendo loro vicino e non avendoli scelti come luogo di missione.
Se l’itinerario di crescita assume veramente una dimensione di cammino fatto insieme, esso porta naturalmente al far nascere un legame forte capace di rafforzare la conoscenza reciproca e di essere vicini anche nei momenti di trasgressione. Questo termine, nel suo significato etimologico, si riferisce all’azione dell’oltrepassare, dell’andare oltre o fuori dal cammino. Sono tutte quelle volte nelle quali i nostri ragazzi cercano altre strade rispetto a quelle buone insegnate loro, senza scopo o meta apparente.
Il mondo d’oggi è fatto di tante cose che si muovo in fretta e contemporaneamente, di persone che viaggiano con una rapidità mai raggiunta in passato così che anche le distanze si sono fatte più vicine. Nonostante questo il mettersi in cammino così come lo abbiamo appena descritto, non è diventato più semplice, anzi corre il rischio di svuotarsi dei propri significati educativi.
Ogni ragazzo nasce e cresce con una direzione, non si può non averne una, così che il cammino di crescita chiede di dare un verso alla propria vita che non può essere casuale, ma deciso. Educare significa anche aiutare i giovani a essere consapevoli di ciò, aiutandoli a prendere in mano la propria esistenza mostrandone il senso.
Ecco allora che il viaggio, metafora della vita, assume il significato di pellegrinaggio con tanto di meta e tappe. L'ansia della partenza, la provvisorietà del viaggio, la necessità di rischiare, la conversione di quando si sbaglia rotta, la fiducia negli incontri, la bellezza dell’ospitalità, la consapevolezza di non bastare a sé stessi, il desiderio della meta, la voglia di una casa in cui abitare per sempre. 
Nasciamo con la capacità di muoverci, cercare, desiderare, sperimentare e più di tutto di desiderare gli altri e l’Altro per eccellenza. È così che come persone ci interroghiamo sul valore di quanto cercato e del desiderio inappagato da tante cose incontrate e sperimentate che ci mantiene in ricerca.
Educare diventa così anche aiutare a “orientarsi”, che interpretato letteralmente indica il girarsi verso oriente, lì dove nasce il sole, la luce, la vita, dove tutto ha inizio. Scoprire così che è l’oriente il senso del nostro pellegrinaggio, che è poi anche il luogo da dove veniamo, così che il tutto diventa anche un ritorno alla casa del Padre.
Se consideriamo tutte queste cose ci rendiamo conto della cura con cui è necessario viaggiare con i nostri ragazzi alla ricerca degli aspetti profondi che vengono messi in gioco. Ogni esperienza non deve essere solo pensata e progettata bene. Deve essere anche accompagnata, riletta e incarnata, questo perché i giovani come si accendono di entusiasmi sono capaci di spegnersi altrettanto rapidamente.
La via dell’educare, se non si vuole rimanere disorientati dalle pedagogie più o meno riduzionistiche dei nostri tempi, è e resta solo una: Cristo. Egli ha detto di essere la via (Gv 14,6: odòs); abbiamo così da seguire un metodo, parola che al proprio interno contiene il termine “odòs” e che vuole indicare l’andar dietro, il seguire le tracce. Il metodo dell’educazione è Cristo, perché Cristo ne è la via stessa e la meta, la mappa e la destinazione, essendo anche verità e vita. Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: "Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!" (Mc 10,21).




Nessun commento:

Posta un commento