lunedì 1 maggio 2017

Dalla morte alla vita: vivere da risolti

Come poter aiutare i ragazzi a riconoscere nella vita anonima e quotidiana, il passo e la presenza di Gesù che si fa prossimo a loro? Ci facciamo guidare dal racconto dei due di Emmaus (Lc 24,13-35), che oltre ad narrare di uno degli incontri del Risorto con i suoi discepoli, si presenta come l’appuntamento dato a ciascuno di noi anche oggi, dove il nostro nome e scritto in quello del compagno sconosciuto di Cleopa mentre sono in cammino insieme verso la loro meta.
Il primo passo consiste nel partire dalla realtà, dalla vita concreta, dalla situazione, dallo stato d’animo, da quanto brucia dentro. È così che Gesù incontrò questi due amici in cammino, partendo dal loro esistenza che si chiarisce presto essere attraversata da paura, sfiducia, interrogativi, delusioni. Sono in fuga da qualcosa che è accaduto ma al quale faticano dare un senso, alle loro spalle stanno lasciando la croce, la morte di una figura di riferimento centrale per la loro vita e con tutto questo le speranze che fino ad ora avevano dato senso alle scelte compiute e alle certezze maturate di quegli anni. Il loro mondo è in crisi, mi sembra di rileggere tante dinamiche simile nella vita dei nostri ragazzi, situazioni di stallo di per sé non necessariamente negative ma comunque faticose, nelle quali è più la nebbia che il sole a levarsi lungo il loro orizzonte.
Gesù si avvicina, cammina con loro, ascolta, si fa spiegare i motivi e mostra come il pensiero del tempo, l’ideologia del momento, le abitudini apprese senza che ciò venga fatto in modo “critico”, non li stia aiutando a dare un senso giusto a quanto accaduto. Tanti giovani sono in ricerca di risposte e prospettive nuove che non riescono a trovare nei luoghi e modi usuali del loro andare, così si apre lungo la corsa della loro vita, una ricerca di senso che come Chiesa occorre che cogliamo e sappiamo essere terreno buono, dove piantare il seme di un incontro nuovo.
Da qui prende forza un secondo passo, quello di porre una Parola nuova, bella, nella loro vita; proprio perché il mondo di oggi si dimostra non all’altezza di interpretare e interpellare le istanze profonde dell’animo giovanile. Così nel dialogo con i nostri due amici di Emmaus Gesù si serve della Scrittura, non tanto per fare una lezione o un predicozzo, lui desidera che la Parola illumini la vita con le domande e le ricerche che si porta dentro per dare maggiore chiarezza al tutto. Così la mia esistenza non rimane qualcosa di estraneo, ma viene portata dentro il progetto di Dio (o viceversa, non importa), così da sperimenta che lui non è estraneo a quanto viviamo e che il nostro futuro può essere ancora nelle sue mani godendo dell’aiuto che ci può dare.
Non dico questo perché sono prete, ma in quanto convinto che la Bibbia abbia significati e possa donare sapori veri che non trovo da un’altra parte; come sia capace di farci ricordare quanto avevamo dimenticato e con la memoria riportarci una speranza che ci anima per il futuro. Diventa così possibile che la Croce e le croci dei nostri ragazzi si trasformino da realtà di morte a segnali di vita che scaldano il cuore, ciò che prima rendeva i nostri occhi incapaci di vedere, ora è luce e forza per il cammino. Eppure tutto questo ancora non basta, abbiamo aiutato i ragazzi a prendersi carico e cura della propria vita sapendo Dio vicino ad essa, una nuova luce è arrivata a dare senso in tutto ciò che il mondo non ci aiutava a capire, ma nonostante il cuore caldo all’orizzonte ancora regna la nebbia.
Perché l’incontro tra un giovane e Gesù avvenga, perché sia capace di riconoscerlo, occorre un terzo passo che si concretizza in comunità aperte e accoglienti dove sia possibile celebrare e condividere insieme, così come ci guida a fare Gesù che fermandosi con i due di Emmaus spezza il pane con loro. Un’esperienza di fede vissuta con altri e celebrata diventa ultimo passo da offrire al cammino di ogni ragazzo per abilitarlo a un incontro che avverrà poi con tempi e modi che non sono, più di quanto fatto, programmabili da noi.
È certa una cosa, Gesù ci cammina accanto ed è possibile riconoscerlo! A me è capitato di vederlo e questo cambia la vita, così tanto che anche se egli subito scompare non è più importante, perché chi lo ha visto anche solo per un istante, questo basta. Per chi crede, questo non dipende dal vedere Gesù, la fede nasce dallo sperimentare vero nella propria vita che il Signore è risorto, ma poi si va avanti senza bisogno di ripeterne in continuazione l’esperienza. I due di Emmaus ora sanno camminare da soli, non solo hanno incontrato il Risolto, ma loro stessi vivono da risorti.
Ed ecco forse uno degli obiettivi che dovrebbe animare noi tutti educatori, aiutare i ragazzi a vivere da risorti, non più in fuga dalla vita, riprendendola in mano in modo nuovo, con la sapienza della Parola e l’esperienza di vita di una comunità che aiuta a fare esperienza di Gesù. Così si torna a Gerusalemme, lì dove ancora sono minacciose e vive tutte quelle forze che hanno portato Gesù in croce, ma dove scoprire presenti anche le forti sfide e gli appelli alla vita che mi ci chiamano in gioco. Così arriva il coraggio invece che la paura, la voglia di impegnarsi invece di fuggire, la speranza del futuro invece della disperazione del passato, capacità di riflettere sulle cose invece che essere schiavi della logica dominante, libertà invece che l’adeguarsi alle abitudini del momento; sintetizzando: vita invece di morte.
Lo credo un cammino per tutti, lo spero e m’impegno perché lo sia per i nostri ragazzi.


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