Nei vari incontri che faccio, soprattutto negli ultimi anni,
mi è capitato parecchie volte di incontrare insegnati molto in difficoltà di
fronte a classi nelle quali sembra impossibile portare a termine qualsiasi
attività, alcuni anche preoccupati per la propria incolumità, altri ormai
arresi di fronte a una realtà che in alcuni casi richiederebbe l’intervento di
educatori professionisti piuttosto che professori di matematica o italiano.
Già in altri miei contributi mi è capitato di parlare
riguardo a come questa nuova epoca che viviamo, sia apportatrice di grossi
cambiamenti nella vita dei ragazzi e spesso noi restiamo indietro, succede così
per la Chiesa e ahimè anche per la scuola che, abbracciando quasi completamente
la vita di un ragazzo nei suoi diversi passaggi evolutivi, è volente o nolente
coinvolta in tutto quanto e richiederebbe un ripensamento globale del sistema
scolastico italiano, ma lungi da me avventurarmi in questo complesso campo non
essendo tra l’altro l’intento di questo contributo.
Preferisco concentrarmi sullo studente come adolescente in
cammino, sapendo che quando capita qualcosa nella vita di un ragazzo, questo se
lo porterà dietro anche come studente. Soprattutto le scuole superiori
rappresentano il periodo più bello e anche più drammatico nel rapporto studente
e insegnante, lì infatti tutto sembra pronto a innescare crisi con risvolti che
vanno ben oltre l’edificio scolastico e lo specifico di quanto vi si tratta. Ci
troviamo in una età dove il protagonismo dei giovani avrebbe bisogno come
contropartita di un passo indietro da parte del mondo adulto per facilitare il
processo di autocostruzione dell’identità cominciando a cavarsela da soli;
l’attuale contesto scolastico, anche per fattori esterni a sé, non permette il
favorire uno stile come quello appena descritto, senza contare che accanto al
cammino del singolo ci si trova anche a gestire tutte le complessità nascenti
dal sentire e dal vivere del gruppo classe.
Succede così che tanti, più o meno obbligai dal timore od
opportunità legate alla promozione, alle prospettive di lavoro, al voler
lasciare al più presto un luogo nel quale non è detto che sentano bruciare la
propria vita, si adeguano nel continuare a frequentarla facendone sentire tutte
le conseguenze, così che dall’altra parte ci si trova improvvisamente
trasformati in custodi, controllori, assistenti sociali o educatori, non
essendone preparati e senza un supporto alle spalle che assista nel caso
qualche professore se la sentisse di avventurarsi in questi campi.
Capita anche di uno studente ormai maggiorenne che viene
bocciato, nonostante la possibilità di cambiare scuola decide di continuare il
proprio cammino malgrado lo scotto di non essere stato riconosciuto nel proprio
impegno; non si lamenta, non accampa ricorsi vari, non passa un nuovo anno a
farla “pagare” a quei professori che avevano fermato il suo cammino di sudi.
Rieccolo qua, con noi che lo avevamo bocciato, ma senza mai respingerlo come
persona, volendo nuovamente provare a scommettere su di lui e le sue capacità,
percependo la sofferenza di chi è consapevole di quanto ha passato nei mesi
estivi, sentendo anche il nostro dispiacere nel non essere riusciti nel nostro
compiti di insegnanti.
Questo per dire che non si tratta solo di voti o pagine da
studiare, lezioni da frequentare o tutto quanto gira intorno la valutazione del
rendimento di uno studente. C’è in gioco quell’ambiente costruito in un cammino
che dura anni, di relazioni non solo tra studenti, ma anche con i professioni e
il resto del personale scolastico. Il tutto porta a dover rispondere a una
domanda: cosa rappresenta la scuola per un ragazzo?
Nonostante quello che possiamo pensare giusto secondo i
nostri calcoli, non è per loro prima di tutto un posto dove apprendere delle materie,
la cosa è molto più concentrata su dimensioni che riguardano le relazioni, il
confronto insieme a tutto il senso di inadeguatezza che ci si può portare
dietro, il contatto con un mondo pronto a giudicarmi o come un palco nel quale
esporsi per le prove generali della vita. Succede così che una bocciatura o
anche una insufficienza, possono diventare non la valutazione oggettiva del mio
rendimento, come del resto dovrebbe essere, ma un giudizio posto alla persona e
che pesa sulla dimensione della relazione e quindi sul valore si sé.
Ecco perché risulta alquanto inopportuno limitarsi, di
fronte a problemi scolastici, a chiedere conto dei problemi con lo studio senza
entrare in empatia e chiedersi come e perché possa stare in questo momento. Si
scopre così che non ci sono sempre soluzioni semplici, chiare e adatte per
tutti, gli interventi di sostegno possono essere tanti fino anche a prendere la
decisione di cambiare scuola, non necessariamente verso un indirizzo più
facile, ma piuttosto capace di riattivare relazioni e forze ormai non più
disponibile nel contesto di crisi in cui si vive ora; in diverse occasioni
acute, è utile ricorrere all’aiuto di specialisti che possano indirizzare e
aiutare a slegare i nodi ormai non più evitabili.
Tutto questo cammino non riguarda solo i ragazzi nel loro
rapporto con la scuola, anche i genitori sono convocati in questa fase
evolutiva tanto importante per lo sviluppo dei figli. Vanno aiutati a superare
la rabbia o l’umiliazione dal sentirsi richiamati per renderne conto, scontrandosi
con volti disomogenei da quelli usati in casa. Si rendono conto di non avere
più la situazione salda fra le mani così come era nel periodo dell’infanzia,
nonostante ciò ancora non si è riusciti a concedere ai figli i loro spazio
insieme alle autonomie e responsabilità che questo comporta, sentendosi quindi
in colpa per i loro errori. Consapevoli di questa situazione che pone speso i
genitori in atteggiamento difensivo, occorre saperli introdurre in una
dimensione genitoriale nuova, dove si riconosce che i figli sono diversi da noi
così come noi invece simili a tanti altri che stanno passando le stesse nostre
cose, in fin dei conti ricordare che anche per noi alla loro età o per i nostri
amici la scuola non era così importante e di certo non il centro del mondo di
un ragazzo; tutto questo sapendolo inquadrare nel dialogo tra le cose che non
vanno e le altre che invece funzionano se pur in altri contesti di vita. Sì perfino
questo dovrebbe diventare compito anche della scuola.
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