domenica 8 maggio 2016

Tre passi, tre compiti, tre limiti

Sempre più spesso mi capita di incontrare genitori ed educatori che mi chiedono come poter parlare di Gesù ai loro ragazzi, il desiderio è di condurli a lui perché lo incontrino e ne facciamo esperienza vera, così da poterlo scegliere.
La figura di Gesù può ancora interessare? Mi capita a volte di incontrare ragazzi interessati alla sua vita, di quello che di fatto è uno strano personaggio storico, perché di questo sicuramente si tratta e chi lo nega scade in una semplicistica ideologia; poi il compito degli storici non è sicuramente quello di affermare la sua natura divina, ma piuttosto l’esistenza terrena. L’interesse dei ragazzi non è costante, di solito esplode di fronte a eventi particolari che possono essere di origine personale avendo sentito parlarne da qualche parte, oppure sociale come è accaduto in concomitanza con la pubblicazione del libro “Il codice da Vinci”, eventi che suscitano il desiderio di saperne di più riguardo la storia raccontata dai Vangeli e di quello che ci sta dietro. Occorre percorrere la via segnata dalla curiosità dei giovani, diventa l’occasione di poter dare criteri e indicazioni ben diverse da quelle che possono cogliere dai giornali o dal gossip che spesso gira intorno alla figura di Gesù, soprattutto nell’aiutarli ad entrare nei perché di certi gesti e parole. Il limite di tutto questo, è che se tutto si ferma qua, si riesce a toccare solo la mente del ragazzo, a meno che non abbia alle spalle già un proprio cammino di scelta di fede, quindi da solo il tutto non basta.
Un ulteriore passo in avanti che può toglierci dall’impasse nella quale possiamo rimanere, è il riuscire a unire alla figura storica di Gesù il suo messaggio, facendo sì che esso rimanga unito al Cristo concreto e storico, altrimenti si rischia di scadere in un moralismo basato su bei principi e norme, ma con il tutto slegato dall’esperienza concreta di chi se ne è fatto promotore. Nel mondo nel quale crescono i nostri ragazzi, ci sono ancora alcuni valori condivisi alla base del vivere civile, che di fatto trovano la loro radice nell’insegnamento di Gesù. È successo però, proprio quello che dobbiamo cercare di evitare, ossia il messaggio che essi mediano è stato staccato da colui che ne era il portatore. Compito di noi educatori alla fede è riallacciare ciò che è stato separato, mostrando così che l’evento di Cristo è già presente nella propria vita e in quella del mondo che ci circonda.
Anche questo secondo passo presenta un limite, non sono infatti innanzitutto i gesti e le parole di Gesù, cioè il suo messaggio, che ci salvano; non è neanche in ultima analisi la Croce l’evento finale determinante, ma la Risurrezione. È essa che rende credibili e salvifiche le parole e i gesti compiuti lungo la permanenza terrena di Cristo; è ciò che avviene alla fine che illumina e dà la luce corretta a tutto ciò che è avvenuto prima.
Ecco allora che, insieme ai prime due, occorre compiere il passo forte e decisivo, che in contemporanea è però il più debole. Infatti la risurrezione di per sé non presenta gli elementi tipici della storicità scientifica, non ci sono dati sui quali basarsi o criteri rigorosi da usare, non è un evento analizzabile secondo fatti e parole. Il Vangelo stesso ci presenta solo la cornice di come essa sia avvenuta, senza mostrarcene il come o il cosa sia successo precisamente.
Capita quindi a molti educatori di trovarsi in imbarazzo quando parlano di queste cose, perché non possono dire il come. Eppure proprio qua si manifesta quello spazio di libertà, tanto faticoso quanto necessario, attraverso il quale siamo chiamati a giocarci personalmente fidandoci di Gesù e di chi ci dice che è risorto.
Qui incontriamo il limite di questo ultimo passo. Coloro che sono chiamati ad annunciare che Gesù è risorto sono persone umane, così come la stessa Chiesa ne è composta, e gli uomini fanno anche degli sbagli che agli occhi dei più giovani sono spesso di scandalo. Capita pertanto di sentire spesso dire: Dio sì, Chiesa no.
La fede è una scelta personale, nostro compito è favorire un ambiente bello e che possa mettere nelle condizioni di poterla rendere una scelta possibile, mettendo in conto che poi le risposte saranno le più diverse immaginabili.

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