La situazione appare drammatica,
la figlia adolescente ricciola e capelli lunghi è appena stata dalla parrucchiera,
da un lato la sua folta chioma è stata rasata al limite del cortissimo, dall’altra
appare tutto rimane circa come prima con l‘effetto che questi arrivano in parte
a coprire i primi ma senza lasciare il tutto celato; niente di tutto ciò era
stato anticipato al padre il quale messo di fronte all’opera ormai compiuta, come
reazione immediata scatta in un mutismo molto eloquente e non le rivolge
neanche la parola.
Lo incontro poco dopo che è
successo il tutto, ragionando insieme sui motivi che hanno portato a questa sua
reazione, esce tutta la sua indignazione per questo comportamento della figlia
che lui giudica come il desiderio di omologarsi alla massa, insieme a questo
c’è anche la preoccupazione per l’identificazione con un certo modo di vivere le
scelte e i valori da parte di chi fa riferimento questo modo di presentarsi;
insieme a queste affermazioni che reputo centrali, tira fuori alcuni luoghi
comuni tipici dei genitori con figli adolescenti, le accolgo ma non le reputo
così importanti in quanto mostrano uno sguardo in po’ troppo superficiale che
non coglie la realtà del vissuto.
Mi permetto di replicare che
secondo me la sua reazione è esagerata, con questo non intendo obbligarlo a
farsi piacere a tutti i costi questo taglio di capelli, neanche desidero
svalutare il desiderio e la preoccupazione di un genitore che si interessa
della propria figlia. Mi permetto però di chiedergli se ha riflettuto sul
perché di questo nuova acconciatura; io non lo so e sembra neanche lui, forse è
la strada giusta da intraprendere per evitare il rischio che condannando la
presentazione stilistica della figlia, venga condannata anche la ricerca che ci
sta dietro, giusta o sbagliata che sia ma comunque tutt’altro che irrilevante e
secondaria. Salutandoci ci siamo lasciati, andato via l’ho lasciato non molto
convinto del tutto.
Al di là dal caso specifico,
ricordandomi e ricordandoci che sempre l’intervento va personalizzato, mi
permetto di trarre qualche insegnamento e suggerimento riguardo al sentire
comune dei nostri adolescenti.
Occorre stare tranquilli, non
siamo più negli anni ’60, tante cose sono cambiate, anche se ne abbiamo
nostalgia, i ragazzi di oggi generalmente non usano più i cambiamenti prodotti
al proprio aspetto per provocare o contestare il mondo adulto, nemmeno per
affermare e proporre temi etici nuovi rispetto al mondo nel quale crescono.
Occorre in molti casi comprendere che tanti segnali esterni e visibili nella
cura del corpo e dell’abbigliamento non sono rivolti a non adulti, ma sono per
i loro coetanei; a loro sì che parlano e svelano il vero senso. Crescere non è
semplice, a volte si sbaglia, del resto è capitato anche a noi in altri ambiti;
a volte questa loro mimesi stilistica può essere anche solo una prova di
qualcosa di cui neanche loro sono sicuri, altre volte parla di una appartenenza
fortemente desiderata o già vissuta e che quinti ti chiede certe cose.
Mettendomi nei panni di un
genitore, riconosco che il turbamento in certi casi ci sta tutto e sarebbe
anche il mio, forse esso è un segno di sanità per un genitori sempre nella
consapevolezza che non vada assecondato né eccessivamente espresso (dico
eccessivamente perché credo che un controllo completo di occhi bocca e altro
sia impossibile).
Come strategia consiglio di
maturare una sana curiosità per quello che cercano i nostri ragazzi, quindi
chiedere e farsi spiegare perché interessati alla vita che passa anche
attraverso il come presentarsi agli altri; se poi rispecchia una certa
appartenenza a un gruppo, occorre informarsi su quali siano i modelli etici di
riferimento, la posizione sociale occupata, gli ideali proposti e così via;
solo una volta che si sarà provato ad avere un po’ il quadro generale si potrà
pensare come intervenire.
In ogni caso credo opportuno
mettere da parte i commenti che possono saltare fuori nel vedere la cura e il
tempo che un adolescente ci mette per presentarsi in modo a suo parere
adeguato, come se fosse un dialogo con chi vede pian piano crescere dentro lo
specchio; cerchiamo invece di aiutare i giovani a crescere nell’autostima,
proponendo e non mortificando, facendoci noi prossimi alle loro ricerche che
giudichiamo inesperte (come del resto sono) invece che chiudere la relazione di
fronte a scelte non condivise.
Il Signore rispose a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né all'imponenza
della sua statura. Io l'ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda
l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore». (1Sam 16, 7)
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