Un giorno come tanti altri, una mamma viene da me e con voce
preoccupata mi dice che deve parlarmi di suo figlio, riusciamo a metterci
d’accordo e rimandiamo il tutto a un momento più calmo per incontrarci.
Arrivato il giorno si confida con me e apre il suo cuore di madre che affronta
la vita familiare accanto a un figlio adolescente con tutti gli annessi e
connessi; tra le tante cose che mi consegna spicca l’abitudine del figlio a
raccontare tante “balle” (si dovrebbe dire bugie, ma preferisco l’altro
termine) anche messo di fronte all’evidenza, anche riguardo a cose piccole,
insieme alla preoccupazione che la cosa possa toccare ambiti maggiormente
delicati.
Nel dialogo emerge come questa signora di fatto non lasci
per niente andare via le cose così, ma affronta con il figlio la cosa e ritengo
anche in maniera giusta, si sente però di sbagliare visto che il figlio sembra
non cambiare atteggiamento e l’ansia da genitore prende il sopravvento nel
costruirsi scenari che allo stato dei fatti sono esagerati.
Credo che anche questo campo dell’educazione chiami in causa
quanto già detto altrove, occorre perseverare nella consapevolezza che il
compito dell’educatore è di fare l’educatore con tutte le conseguenze inerenti
ai provvedimenti da prendere e ai confronti da avere, e che al ragazzo vada
data la possibilità di fare il ragazzo non nel senso di essere lasciato
incolume nello sbagliare, ma di mettere in conto che possa capitare, che lo
faccia non perché sia cattivo e a volte forse costretto da una età non facile e
da una crescita che porta cose nuove con le quali confrontarsi.
Comunque, non volendo generalizzare, ma parlando in generale,
capita spesso che coloro che hanno a che fare con ragazzi adolescenti vivano in
modo inquietante lo scoprire che i ragazzi che abbiamo fra le mani ci dicano
cose che non corrispondono al vero. Questo stupirsi nasce anche da una
precomprensione che è da correggere, ossia l’educatore non deve dare per
scontato che i ragazzi abbiano la necessità di dire tutto agli adulti di
riferimento, forse si può ammettere che ci siano cose che vuole tenere per sé e
che non ha piacere che vengano a conoscenza degli adulti, questo non
necessariamente perché siano cose in sé sbagliate o di cui vergognarsi.
Certamente non è così per tutti, ma capita che proprio il diventare adolescente
può spingere il ragazzo a dire bugie e a mantenere una parte della propria vita
avvolta nel mistero, fino ad arrivare a vivere una vera e propria doppia vita.
In questi casi l’educatore è chiamato ad attingere a tutta
la propria fantasia e bravura, infatti se da una parte deve intervenire per far
venire alla luce la verità e a volte anche punire l’atteggiamento emerso,
dall’altra deve prestare attenzione a non condannare e a rispettare il cammino
di maturità e l’appello di crescita contenuto anche in questi modi di fare.
La bugia non può essere trattata da sola in sé isolata dal
resto, essa parla di relazione e chiede che venga posta a questo livello,
inoltre essa comunica, dice qualcosa, per questo non può essere giudicata come
l’avvio di una carriera criminale da impostore, ma come una fase di vita;
proprio per questo un giorno passerà e se tutto va come si deve si riuscirà a
difendere in un contradditorio le proprie ragioni senza più bisogno di
nasconderle.
In tutto questo cammino l’educatore deve rimanere vigile, da
una parte dovrebbe essere addirittura contento che il proprio ragazzo cominci a
non dire più tutto e a dire qualche bugia, insieme a questo occorre essere
pronti ad intervenire nel caso si evidenzi una situazione dalla quale non
riesce più ad uscire da solo a causa di quello che ormai gira intorno alle
bugie di cui ha disseminato la propria vita. Allo stesso modo, quanto il
terreno percorso risulta fatto di scelte difficili o gravi, occorre la pronta
disponibilità di affiancarsi offrendo collaborazione e sostegno, non nel senso
di controllo o punizione, del resto già la situazione che sta vivendo e che ha
richiesto il nostro intervento diretto si preoccupa in tal senso; è sempre
bello per un ragazzo rendersi conto che c’è nella propria vita un adulto che nei
momenti difficili sa affiancarli, senza drammatizzare, suggerendo soluzioni
concrete e che non si vergogni di lui.
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