Chiunque abbia a che fare con
adolescenti, si trova presto nella situazione che le cose non sono sempre tutte
chiare e distinte, alla valutazione oggettiva della situazione deve legarsi in
modo molto forte anche una attenzione a cosa passa nel cuore e nella vita del
ragazzo. Se siamo d’accordo su questo come principio, la mia esperienza mi
porta a dire che l’attuarlo non è scontato, vedo tanti che si fermano a
giudicare il comportamento ma non cercano di comprendere e di entrare in
contatto con quanto può averlo causato.
Un terreno molto importante
diventa quindi quello delle emozioni, tante volte si ritiene più importante
agire e gestire i comportamenti invece che comprendere le emozioni, esse spesso
non vengono considerate, anzi alcune volte cerchiamo di eliminarle perché le
vediamo come negative. Non c’è nessuna emozione che di per sé vada
sottovalutato o combattuta, anche la sofferenza che può essere forte nella vita
di un ragazzo chiede di essere vissuta e non cancellata con frasi fatte o
morali semplicistiche, in alcuni casi l’impegno deve essere sicuramente di
alleggerirla, ma non per questo tolta dal panorama di vita vissuta. Ugualmente
è opportuno attuare la stessa pedagogia anche per il restante ventaglio di
stati d’animo attraverso i quali passano i nostri giovani, anche per evitare di
facilitare il nascere in essi di sensi di colpa, potrebbero soffrire più per
questo nostro maldestro comportamento protettivo piuttosto che non per il peso
dell’azione compiuta che lo ha portato a provare quello che prova.
Per fare un esempio concreto che
vuole essere solo indicativo, potrebbe essere il caso di una coppia in fase di
separazione ormai programmata che decide di tenere fuori dal tutto il proprio
figlio quattordicenne, quello che li muove è di evitargli il dolore che
potrebbe venire dalle discussioni tra i genitori e di decisioni rilevanti sul
piano dell’affido del sostegno economico, dell’abitazione, ecc., decidono che
non è il caso visto che già l’adolescenza di loro figlio sta già portando i
frutti che ogni adolescenza porta; genitori da apprezzare perché cercano in un
momento di crisi per loro di preservare il proprio figlio, se non fosse che
succede che prima o poi bisogna dirglielo e si troverà forse all’improvviso di
fronte a decisioni prese e a situazioni che cambiano repentinamente nel giro di
poco tempo: il padre vive da un’altra parte, la madre diventa la figura di
riferimento prima in una fase dove forse era richiesto altro, ci si chiede se
la colpa sia propria, non si è potuto seguire l’avanzamento del processo con
motivazioni che lo giustificavano, ecc.; sta di fatto che il figlio non potrà che
soffrirne, questa chiederà di affrontare la cosa, io credo sarebbe stato
opportuno gestirla fin dall’inizio rendendo partecipe fin dall’inizio il
proprio figlio della situazione, chiaramente secondo quello che è il suo posto
nella famiglia: figlio e quattordicenne.
In questa attenzione alle
emozioni, una buona strategia può portare ad assumente un atteggiamento
sintetizzabile così: ascoltare non solo delle parole ma anche le espressioni e i
non detti propri del comportamento, sperando di aver interpretato bene tutto
quanto è necessario cercare di entrare in empatia con quanto sta passando nella
vita del ragazzo cercando di mettersi anche nei suoi panni, siamo poi chiamati
a porre dei limiti che vadano ad arginare un comportamento che può diventare
eccessivo o essere non utile al ragazzo o alle varie relazione nelle quali è
inserito, infine occorre inventare strategie risolutive; quest’ultima è la cosa
più difficile perché nessuno nasce già sapiente.
Mi sento solidale con tutti
coloro che impegnati nel cammino educativo sperimentano a volte la fatica della
prossimità con giovani che passano per momenti di difficoltà e di protesta, ma
proprio queste circostanze sono quelle
più propizie nelle quali aprirsi maggiormente al dialogo e al confronto, occorre
essere interessati a quello che l’adolescente prova e molto di più quando ciò
si esprime al di fuori. So che non è semplice entrare in dialogo con ragazzi di
questa età, ho ben presente la serie di monosillabi spesso usati per rispondere
alle nostre domande, non bisogna arrendersi, occorre insistere con domande e chiacchiere
fino a quando non li abbiamo stremati; rimane poi l’attendere una risposta che
può arrivare dopo alcuni giorni e anche camuffata sotto mentite spoglie.
Per
sintetizzare brevemente i passi chi possono aiutare a tener presente la
dimensione emotiva all’interno dell’educazione, possiamo dire: diventare
consapevoli dell’emozione del ragazzo, riconoscere in quella emozione
un’opportunità di intimità e di insegnamento, ascoltare con empatia e convalidare
i sentimenti del ragazzo, aiutarlo a trovare le parole per definire le emozioni
che sta provando, risolvere il problema.
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