In questi ultimi dodici anni ho passato tanto tempo in mezzo
agli adolescenti, di diversi gruppi e provenienze, cattolici mussulmani o atei,
con storie famigliari alle spalle diverse tra loro. Senza voler cadere in
facili stereotipi, ci si rende conto che i maschi si spingono, urlano,
esibiscono il loro corpo, anche se ancora goffi, mettendosi alla prova in cerca
di azione. Le femmine invece si abbracciano, chiacchierano, condividono tra
loro i sentimenti in maturazione, cercando relazioni con le coetanee.
Ripeto, non sono stereotipi, è che le differenze di genere
esistono e negarle sarebbe un errore.
Ciò che è naturale, ossia un dialogo reciprocamente tra i
due generi, non è qualcosa di altrettanto sereno in un certo periodo di vita
dell’adolescenza, durante il quale esiste una distanza tra maschile e femminile
che porta con sé tante conseguenze anche sofferte, percorsi diversi, tensioni
da attraversare.
Educare le giovani generazioni avendo attenzione anche per quest’aspetto,
non significa far finta che le differenze non ci siano, non è l’appiattimento
di quanto caratterizza ciascuno a sistemare le cose, non è il rendere identici
o più elastici rispetto certe situazioni. Occorre valorizzare la diversità non
vedendola come un problema, anche se in certi periodi può essere difficile da
integrare nel proprio percorso di crescita, ciò non toglie niente al voler riconoscere
pari dignità e diritti a tutti. Noi, maschi e femmine, siamo persone, non
identiche, ma uguali sì.
Dobbiamo stare attenti come adulti, non solo vigilando sui
percorsi educativi che vedono i nostri ragazzi come destinatari, ma anche ai
messaggi che diamo con i nostri comportamenti. Girando su internet ho letto di
un evento accaduto durante una partita di pallavolo in un campionato giovanile.
Una modifica al regolamento di gioco, ammette per questa età di poter giocare
con squadre miste. In campo si sono scontrate da una parte solo femmine,
dall’altra invece erano presenti anche maschi. Con il passare dei set, la
partita era destinata a essere vinta dalla seconda squadra. Ai genitori la cosa
cominciò a non andare giù e se la presero con i maschi presenti nella squadra
avversaria, cominciando anche a offendere con riferimenti più o meno
direttamente omofobici. Presto si arrivò alle mani, perché i genitori non
mandarono giù queste affermazioni rivolte ai propri ragazzi. Ovviamente la
partita venne sospesa e come a volte capita, proprio gli adulti presenti
diedero messaggi tutt’altro che educativi riguardo l’attenzione e l’equilibrio
con il quale affrontare certe tematiche. Non sono stati capaci di distinguere
le cose, hanno fatto un miscuglio di tutto: sport, omofobia, gioco, concetto di
genere. Rendiamoci conto che, fare a pugni per risolvere questioni di conflitto
alla cui base ci sono detti e fraintendimenti, riguardo il riconoscere uguale
dignità in un gioco a maschi e femmine, non fa altro che dare un cattivo
insegnamento alle giovani generazioni.
Il pericolo più grande, è quello di ridurre a spazzatura quanto
invece è uno degli aspetti belli della nostra vita: la sessualità. Il negarne
il ruolo centrale per la crescita collocandolo in un angolo marginale
dell’esistenza, come se l’identità della persona non centrasse niente con il
sesso con il quale si nasce, rappresenta proprio la deriva da evitare.
Il compito che ci possiamo assumere, è quello di aiutare i
nostri ragazzi a esprimere a parole quanto si muove dentro di loro, lavorando
così sulle emozioni e i sentimenti ricordando loro che occorre insieme anche
pensarci su e non semplicemente abbandonarsi a essi.
Papa Francesco[1] ha
sottolineato l’importanza di non separare il sesso e il genere, criterio da
tenere presente fin dall’inizio dell’educazione dei bambini, non per questo c’è
da chiudere gli occhi di fronte a quanto può emergere da fattori concreti della
vita di ciascuno: carattere, famiglia, amici, modelli scelti come riferimento,
ecc. L’attenzione e la comprensione di queste dinamiche presenti nella vita
delle persone, non può però far dimenticare che tra uomo e donna esistono
differenze ben chiare, scritte ben prima di tutto questo.
È inquietante che
alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe
aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico
che determini anche l’educazione dei bambini. Non si deve ignorare che «sesso
biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono
distinguere, ma non separare (AL 56).
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