Nell’articolo precedente ci siamo chiesti come poter aiutare
quanti tra i giovani vivono la delusione di un mondo adulto che ruba il futuro.
Lungo il cammino, come capitò ai due di Emmaus, anche la nostra strada si è
intrecciata con quella di un viandante misterioso, egli sembra avere parole e
gesti capaci di dare sapore nuovo all’amaro che la vita ha lasciato in bocca.
Non è facile camminare accettando di seguire la scia abbandonata
da tante parole tristi dei nostri ragazzi, così come suonano rassegate quelle
dei due amici in cammino: noi speravamo che
fosse lui a liberare Israele (Lc 24, 21). Parole che colpiscono come il
canto finale di un discepolato ormai messo da parte, voce di tanti giovani che
si scontrano con attese tradite da un mondo che ora abbandonano.
Eppure quelle parole che la società non sa dire perché ormai
le ha dimenticate, la fede le richiama forti come regalo alla vita di chi vi si
affaccia: in ogni fallimento si può incontrare un Gesù viandante che viene
incontro per ridare vita. Noi adulti siamo chiamati a essere mani, voce,
impegno di questo Signore che se anche non riconosciuto si affianca alla vita
di ogni affaticato. È una pacifica chiamata alle armi dei tanti che ormai hanno
abdicato al proprio ruolo educativo e di altri che considerano la fede come una
cosa da bambini o una menzogna di cui si può fare a meno.
Sì capita a tanti ragazzi, anch’essi convinti che confidare
in quel Gesù a loro annunciato durante la fanciullezza, sia stato un errore da
cui ora riprendersi. Altre volte questo Dio tradisce perché alla base di un
possibile incontro sono messe aspettative errate, non da eliminare, ma da
indirizzare meglio. La speranza c’è, ma occorre renderla autentica.
Come fare? Proprio la fede è capace di attivare in direzione
di qualcosa che ancora non esiste e che deve essere costruito, permettendo di
decidersi per un cammino dietro a una persona degna di fiducia.
Proprio partendo da questo scommetterci la vita, arriva la
forza di compiere scelte, così che non si tratta più solo del mondo degli
ideali, ma di decisioni che danno tono alla vita. L’attesa, la speranza
coltivata per qualcosa di nuovo, danno il via a tutta una serie di fatti capaci
di dare una direzione nuova rendendo forti anche di fronte a un futuro non ancora
realizzato. Eppure esso già vive, anticipato nel presente, agendo in esso.
Non parlo delle tante promesse fatte da chi presenta
speranze non affidabili, capaci di produrre una gioia immediata da fruttare
finché dura, per poi abbandonare chi l’ha attraversata. È quello che è capitato
a nostri due amici di Emmaus, pieni di esaltazione dietro a Gesù finché tutto è
durato.
L’errore compiuto non è stato quello di aver creduto in
Gesù, ma che non hanno saputo leggere in quanto accadeva di scandaloso nella loro
vita, non tanto l’evento del fato o la fine di tutto, ma una cosa nuova che
chiedeva loro un cambiamento di vita e di direzione.
La speranza, il futuro, sono legati alla Pasqua, al
passaggio coraggioso attraverso un tormento non fine a se stesso, ma generativo.
Speranza e confronto con la difficoltà sono in contatto reciproco. Giustificati dunque per la fede, noi siamo
in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo
anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci
troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto
questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la
tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata
la speranza. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato
riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato
(Rm 5, 1-5).
È il miracolo compiuto dalla fede di chi crede: quando nella
vita si sperimentano problemi e morti, queste contribuiscono ad aumentare la
speranza invece di spegnerla. È un annuncio che sembra assurdo, quello di dire
che le delusioni della vita possono aumentare la speranza invece che ucciderla,
eppure è lo scandalo e la stoltezza che come cristiani ci permettiamo di
offrire a un mondo che non ha altra strada da percorrere, se non quella di
alzare le mani abbandonando tutto.
Occorre quindi aiutare i nostri giovani a tener duro con
pazienza nella vita, non tanto come sacrificio e peso necessario, ma perché
questo è sperare, guardando in avanti nonostante tutto intorno possa far buio.
Proprio quando le certezze della vita sulle quali avevo sempre confidato,
cominciano a traballare, posso trovare una via di purificazione per una
speranza più vera destinata a non tradire.
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