mercoledì 28 marzo 2018

Cosa farò da grande? - 2

Nell’articolo precedente ci siamo chiesti come poter aiutare quanti tra i giovani vivono la delusione di un mondo adulto che ruba il futuro. Lungo il cammino, come capitò ai due di Emmaus, anche la nostra strada si è intrecciata con quella di un viandante misterioso, egli sembra avere parole e gesti capaci di dare sapore nuovo all’amaro che la vita ha lasciato in bocca.
Non è facile camminare accettando di seguire la scia abbandonata da tante parole tristi dei nostri ragazzi, così come suonano rassegate quelle dei due amici in cammino: noi speravamo che fosse lui a liberare Israele (Lc 24, 21). Parole che colpiscono come il canto finale di un discepolato ormai messo da parte, voce di tanti giovani che si scontrano con attese tradite da un mondo che ora abbandonano.
Eppure quelle parole che la società non sa dire perché ormai le ha dimenticate, la fede le richiama forti come regalo alla vita di chi vi si affaccia: in ogni fallimento si può incontrare un Gesù viandante che viene incontro per ridare vita. Noi adulti siamo chiamati a essere mani, voce, impegno di questo Signore che se anche non riconosciuto si affianca alla vita di ogni affaticato. È una pacifica chiamata alle armi dei tanti che ormai hanno abdicato al proprio ruolo educativo e di altri che considerano la fede come una cosa da bambini o una menzogna di cui si può fare a meno.
Sì capita a tanti ragazzi, anch’essi convinti che confidare in quel Gesù a loro annunciato durante la fanciullezza, sia stato un errore da cui ora riprendersi. Altre volte questo Dio tradisce perché alla base di un possibile incontro sono messe aspettative errate, non da eliminare, ma da indirizzare meglio. La speranza c’è, ma occorre renderla autentica.
Come fare? Proprio la fede è capace di attivare in direzione di qualcosa che ancora non esiste e che deve essere costruito, permettendo di decidersi per un cammino dietro a una persona degna di fiducia.
Proprio partendo da questo scommetterci la vita, arriva la forza di compiere scelte, così che non si tratta più solo del mondo degli ideali, ma di decisioni che danno tono alla vita. L’attesa, la speranza coltivata per qualcosa di nuovo, danno il via a tutta una serie di fatti capaci di dare una direzione nuova rendendo forti anche di fronte a un futuro non ancora realizzato. Eppure esso già vive, anticipato nel presente, agendo in esso.
Non parlo delle tante promesse fatte da chi presenta speranze non affidabili, capaci di produrre una gioia immediata da fruttare finché dura, per poi abbandonare chi l’ha attraversata. È quello che è capitato a nostri due amici di Emmaus, pieni di esaltazione dietro a Gesù finché tutto è durato.
L’errore compiuto non è stato quello di aver creduto in Gesù, ma che non hanno saputo leggere in quanto accadeva di scandaloso nella loro vita, non tanto l’evento del fato o la fine di tutto, ma una cosa nuova che chiedeva loro un cambiamento di vita e di direzione.
La speranza, il futuro, sono legati alla Pasqua, al passaggio coraggioso attraverso un tormento non fine a se stesso, ma generativo. Speranza e confronto con la difficoltà sono in contatto reciproco. Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 1-5).
È il miracolo compiuto dalla fede di chi crede: quando nella vita si sperimentano problemi e morti, queste contribuiscono ad aumentare la speranza invece di spegnerla. È un annuncio che sembra assurdo, quello di dire che le delusioni della vita possono aumentare la speranza invece che ucciderla, eppure è lo scandalo e la stoltezza che come cristiani ci permettiamo di offrire a un mondo che non ha altra strada da percorrere, se non quella di alzare le mani abbandonando tutto.
Occorre quindi aiutare i nostri giovani a tener duro con pazienza nella vita, non tanto come sacrificio e peso necessario, ma perché questo è sperare, guardando in avanti nonostante tutto intorno possa far buio. Proprio quando le certezze della vita sulle quali avevo sempre confidato, cominciano a traballare, posso trovare una via di purificazione per una speranza più vera destinata a non tradire.

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