lunedì 12 febbraio 2018

Ogni occasione è buona per stare insieme

Una sera mi sono trovato insieme a un gruppo di genitori, i loro figli frequentano il gruppo parrocchiale, insieme agli educatori li abbiamo incontrati per condividere con loro il servizio alla crescita che ci vede alleati accanto ai loro ragazzi. Discutendo delle varie cose fatte o in programma (feste, settimana comunitaria, campo estivo,…) è emerso che i figli erano molto attivi nel rendersi disponibili volendo partecipare un po’ a tutto, è salto fuori che non sempre i programmi vengono da loro messi in contatto con quelli della famiglia che ha dei propri ritmi, così spesso da obbligare i genitori a non riuscire a passare tempo con i propri ragazzi perché spesso occupati in altro.
Una delle madri presenti, sentendo gli educatori scandire date e periodi vari, mise mano subito all’agenda preoccupata perché la figlia sicuramente avrebbe scelto l’attività di gruppo piuttosto che andare via con i propri genitori. Diventa veramente difficile trovare tempo e disponibilità nei figli per stare insieme, ci si può chiedere: ma cosa fanno tutto questo tempo che passano insieme fra di loro?
La prima cosa che viene da dire è che lo fanno perché stanno bene insieme. Non è detto, non è innanzitutto il divertimento o la piacevolezza il primo compito assolto. Un significato grande si lega al loro stare insieme, molto più profondo di quello che può apparire a loro e a noi: stanno imparando a diventare adulti.
Diversamente dai bambini, i quali pure hanno un ampio mondo di amicizie importanti, ma il cui riferimento rimane fondamentalmente ancora la famiglia, così non è per gli adolescenti, i quali attraverso significati nuovi dati alle relazione, camminano nella costruzione di qualcosa di nuovo.
Semplificando potremmo dire che in un primo momento diventa centrale il riferimento a un proprio coetaneo identificato come “migliore amico”, con una relazione che assume alcuni aspetti simili all’innamoramento. Questo pian piano apre a relazioni con il gruppo più ampio, anche se si concentra normalmente su coetanei dello stesso sesso, ed è per questo che in classi o gruppi spesso eterogenei avviene automaticamente il formarsi di diverse realtà interne. Con il tempo, progredendo il compito di crescita verso l’età adulta che è in corso, ci si apre a relazioni più ampie dove il gruppo misto non è più visto come un problema, anzi, esso diventa anche la strada che aiuta a spingere verso il crescere di relazioni sentimentali di coppia.
Per tornare alla madre della quale parlavo sopra, possiamo quindi essere solidali con lei, ma anche consolarla e complimentarci perché sta assistendo a un miracolo compiuto nella vita della figlia: sta diventando grande.  Gli adolescenti, imparando a costruire relazioni durature e significative con altri coetanei, concentrano su esse energie che per necessità tirano via a quelle che fino ad ora lo erano state per loro, è così che mamma e papà si trovano non più al centro della vita del figlio.
Del resto, ho spiegato sopra, è proprio uno dei compiti principali delle amicizie (singole o di gruppo) quello di mettere maggiormente al centro la propria identità di persona in crescita, passando attraverso una rottura a volte anche forte con la famiglia di origine, così da diventare pian piano adulti.
Quanto ho brevemente riassunto sopra, rappresenta una fase molto complessa e ricca di gioie e dolori, nonché ostacoli evolutivi che i nostri ragazzi possono incontrare, spesso gli adulti non se ne rendono conto, attribuendo al loro stare insieme significati secondari, non vedendone la centralità per la crescita verso l’età adulta.
Per questo la solitudine, anche la sola paura di essa, rappresentano momenti destabilizzanti nel percorso di crescita, a volte momento necessario attraverso il quale passare quando sembra di non riuscire a trovare nessuno che mi sia di aiuto per il profondo cammino da compiere, altre volte diventa maledizione ossia indice di un “male” che mi accompagna e che condiziona, se non addirittura ferma, il cammino verso l’età adulta.
Ci sono quindi segnali dati da figli, o situazioni oggettive, che devono non tanto far preoccupare i genitori, quando più attivarli per assistere il figlio in questo suo compito. Pensiamo alla situazione di una famiglia, che per necessità o scelta, decide di cambiare casa trasferendosi a una certa distanza che chiede di riprendere in mano le relazioni con gli altri. Il non conoscere nessuno, rappresenta una situazione che di fatto pone in una immediata difficoltà nel costruire quanto sopra descritto. Oppure poniamoci nella situazione concreta di un figlio timido, senza che necessariamente abbia problemi evolutivi, questo può chiedere agli adulti che gli sono alleati, di intervenire per sostenerlo nella nascita di una rete di relazioni nella quale muoversi a proprio modo.
In conclussione, senza allarmare nessuno, il ché spesso accade quando si trattano simili temi con i genitori, occorre sottolineare come chi non riesce ad avere amicizie nel periodo adolescenziale, rischia di saltare un passaggio importante nel suo cammino per diventare adulto e per costruire una propria personalità equilibrata. Cresciuto, si troverà nella condizione di dover recuperare, come può, quanto perso, sicuramente faticando.
Riguardo poi alle “cattive amicizie”, fonte di falso terrore per tanti genitori, rimando a un altro articolo[1] che ho scritto al riguardo. Attenzione a mettersi contro gli amici e parlarne male, è meglio chiedersi e cercare di capire dialogando con il figlio, il perché di questa frequentazione.

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