venerdì 6 ottobre 2017

Sentirsi gratificati

Al giorno d’oggi non è semplice coinvolgere i giovani nelle iniziative che gli adulti preparano per loro, i motivi sono diversi, tra di essi uno che emerge dai cambiamenti avvenuti nelle nuove generazioni, è l’importanza che viene attribuita a una esperienza in base alla sua capacità di dare “gratificazione”, non perché questo sia fine a sé stesso, ma perché da ciò deriva il sentirsi importanti, realizzati, potenti, adeguati, in grado di essere utili a un mondo del quale sentirsi partecipi. Se questo non avviene, risulta più facile che non giunga a maturazione la scelta di partecipare a un determinato evento loro proposto.
È quindi spesso decisivo il poter partecipare a una evento in maniera piacevole e che sia valutato come importante per la propria crescita personale e dove sentirsi protagonisti. Se si riesce in questo, si scoprirà che si attiveranno energie capaci di far sopportare ai ragazzi anche le fatiche connesse all’esperienza loro proposta, gli adolescenti sono consapevoli che per raggiungere qualcosa di bello occorre anche sudarselo. Legato a questo risulta altrettanto determinate la capacità degli adulti presenti, di riconoscere questo loro impegno, in modo che venga colto dai giovani la valorizzazione del loro apporto come contributo dato alla crescita e al bene della comunità.
Come Chiesa, quanto fin qua proposto, ci interroga particolarmente, in quanto permette di spiegare uno dei motivi della disaffezioni dei ragazzi per tutta una serie di proposte “tradizionali”, del cammino di fede da loro rimesse in discussione. Messe, liturgie, ritiri, incontri e altro che spesso li vedono passivi usufruitori di quanto altri hanno pensato per loro, li mettono parecchio in crisi nel riuscirne a trarre fuori qualcosa di costruttivo per la propri identità.
Occorrerebbe cambiare le cose, ma non è così semplice perché negli schemi ecclesiali non tutto è adeguabile a proprio piacimento, ma molto di più perché la comunità non è sempre ben disposta (se non solo a parole) a rinunciare o cambiare qualcosa rispetto a come lo si era fatto fino ad ora. In parte comprendo questo fatica, ma credo sia necessario farla, perché se pur la fede e la sua pratica si nutre della Tradizione, altrettanto occorre che cresca nei modi e nelle forme con le persone e la cultura nella quale si trova a vivere. I cambiamenti di questi anni sono stati così rilevanti che come Chiesa non possiamo far finta i niente, con il rischio che i nostri incontri e riti non riescano più a parlare ai giovani di oggi, rimanendo pur sempre in sé veri, ma poi di fatto insignificativi.
Del resto nella corso della storia, la Chiesa ha saputo incarnare le istanze della fede all’interno delle diverse civiltà ed epoche nelle quale ha vissuto, lo stesso desiderio missionario nei confronti di popoli lontani, ha portato a cercare linguaggi e modi vicini alla gente alla quale rivolgere il Vangelo. Questo processo, volendo definirlo con un solo termine, si è caratterizzato come il cammino di “inculturazione” della fede. Questo sviluppo, che spesso viene visto rivolto a popoli stranieri, chiede oggi di maturare in ottica missionaria, dinamiche simile rivolte alla cultura giovanile, ossia il chiedersi cosa tenere e cosa cambiare della nostra proposta, affinché essa possa diventare comprensibile e vivibile per una generazione diversa da quelle precedenti.
Per tornare all’argomento proposto dal titolo, accanto alla fatica sperimentata nella Chiesa a intercettare con alcune proposte le ricerche vi vita dei giovani, occorre notare che vi sono tutt’ora esperienze che mantengono una propria attrattiva e che vedono la partecipazione di tanti adolescenti, anche  “non frequentanti”, sono tutte quelle attività legate al vario mondo del volontariato cristiano. Esso sembra capace di incontrare la ricerca dei giovani di sperimentarsi ottenendo quella gratificazione tanto importante oggi per la maturazione del proprio cammino evolutivo. Solo per citare alcune di queste esperienze possiamo trovare: raccolta di generi alimentari, impegno nei campi estivi, servizio durante sagre o feste varie, doposcuola, animazione musicale, assistenza a persone bisognose, impegno in società sportive.
Tutte occasioni nelle quali i ragazzi riconoscono di essersi sentiti accolti e valorizzati, che creano ponti tra le generazioni permettendo di generare virtuosismi nel rapporto tra giovani e adulti così da colmare quelle distanze che nel mondo d’oggi sono tanto evidenti. Sono occasioni dalle quali nasce luce e speranza per il futuro, sia nelle vecchie che nelle giovani generazioni.
Inoltre le esperienze di volontariato, diversamente da altre attività non più capaci di creare “comunità”, sono fonte di relazioni nuove di socializzazione tra i partecipanti, diventando forti esperienze di gruppo che generano nuovi modi di essere comunità, fuori dagli standard tradizionali, attraverso iniziative pensate per sé dai giovani stessi, a volte anche in modo immediato e spontaneo.


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