lunedì 16 ottobre 2017

Uno sguardo nuovo per mettere a fuoco

Girando per le strade, sia reali che virtuali, tante volte purtroppo emerge una rappresentazione del mondo giovanile tendenzialmente svalutativa. Sono tante le preoccupazioni del mondo adulto, esse spesso appesantiscono la speranza nel futuro. Non è difficile incontrare persone che parlando delle nuove generazioni le vedono come prive di valori, adeguate alla moda del momento, non interessate a ciò che conta veramente, superficiali e così via. Questo spesso accade perché il confronto viene fatto secondo precomprensioni alle quali non diamo una adeguata attenzione, tendiamo a fare confronti con il nostro passato, come eravamo noi e quello che facevamo, a volte cadendo nei rimpianti o in ricordi non sempre reali. Così, fossilizzati nel passato, non riusciamo adeguatamente ad entrare in contatto con la realtà dei ragazzi di oggi, usando il passato come misura del presente e del futuro.
Passato e presente non sono facilmente affiancabili dal punto di vista di un’analisi comparativa, allo stesso modo anche vecchie e nuove generazioni rimangono ciascuna con una specifica identità che le rende uniche nel loro essere. Nonostante ciò il rischio di cadere in un errore dovuto alla loro comparazione è molto forte.
Occorre uno sguardo rinnovato, ci sono di fatto tante situazione diverse dal passato che possono anche urtarci e lasciarci sospettosi, eppure esse possono esse delle “nuove normalità” riferite al presente anche se così non lo era nel passato, così come del resto nascono anche nuovi problemi e situazione sulle quali non si era mai avuta la necessità di soffermarsi.
In questi anni di ministero ho incontrato tanti ragazzi condividendo con loro diversi spazi e tempi, ascoltando non solo le loro parole ma anche gesti e comportamenti. Attraverso loro ho conosciuto anche tanti genitori, insegnanti, allenatori ed educatori, spesso spaesati di fronte a comportamenti che immediatamente viene l’istinto di etichettare come insensati e fragili. Il mio impegno è stato quello di aiutare gli adulti a elaborare una visione più corretta dei giovani d’oggi, cercando di entrare in sintonia con le loro ricerche molto più profonde e vere di quanto appaiono.
Tante volte il mio modo di fare è stato interpretato come il voler dare ragione agli adolescenti, non nascondo che nella condizione di dover scegliere sarei portato a stare dalla loro parte, non si tratta però di scegliere una parte piuttosto che l’altra, ma il cercare di capire mettendosi nella situazione di coloro che si vuole cercare di assistere. Visto che l’opera educativa mira a mettere al centro il cammino dei ragazzi, occorre collocarci nel modo migliore per comprendere le istanze evolutive, le crisi, le ricerche, che li portano ad assumere comportamenti che, senza questo desiderio di vicinanza, non riusciremo a comprendere. Chiaramente tutto questo lo facciamo da adulti, consapevoli della nostra responsabilità nei loro confronti, così come anche delle difficoltà che oggi questo comporta.
In mancanza di questa consapevole, accade che tutto quanto viene costruito e proposto dalla società alle giovani generazioni, rischia di rimanere legato a giovani che non ci sono più perché non sono più così, proposte a volte troppo legate al passato e riferite a giovani che ora non ci sono più perché diventati adulti e che non si possono più riferire a quelli attuali perché diversi e nuovi. Per parlare oggi a chi oggi è giovane, occorre tenere presente l’oggi dei ragazzi e farsi aiutare da tute le scienze umane che ci possono aiutare in questo.
Come ci ricorda papa Francesco (cfr. EG 231) c’è spesso una tensione tra l’idea e la realtà, che chiede di stare attenti che la prima non si stacchi dalle seconda, come a volte capita nelle proposte fatte ai giovani. Come priorità di importanza occorre considerare che la realtà è un principio superiore a quello dell’idea, per evitare di fare della pastorale giovanile e del pensiero intorno alle giovani generazioni una semplice sofisticheria, o come dice il papa con una immagine: si manipola la verità, così come si sostituisce la ginnastica con la cosmesi (EG 232).
Ci sono educatori molto preparati che a un certo punto si chiedono come mai i ragazzi non rispondono alle loro iniziative tanto preparate, forse è proprio perché sono rimasti nel campo delle idee e hanno allontanato la pastorale dalla realtà, con il rischio di adottare un bel pensiero che però poi rimane lontano dalla vita dei giovani.
La realtà è superiore alle idee, lo testimonia il fatto stesso dell’incarnazione, lì dove il Verbo si fa carne per essere realmente vicino, comunicabile e comprensibile a ogni persona. Questo ci dovrebbe portare ad considerare la storia di ogni ragazzo come una storia di salvezza che si compie nella vita anche quanto attraversa eventi difficili.
La grande opera di inculturazione compiuta dai tanti missionari che hanno portato il Vangelo in tutti gli angoli della terra, occorre che oggi venga fatta non riferita a un territori, ma a una condizione di vita, quella giovanile, con tutta la necessità di rivedere non l’essenziale dell’annuncio che rimane uguale, ma tutte le modalità e i riti con il quale esso si compie.
A noi riconoscere che in questo stiamo facendo fatica.


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