Girando per le strade, sia reali che virtuali, tante volte
purtroppo emerge una rappresentazione del mondo giovanile tendenzialmente
svalutativa. Sono tante le preoccupazioni del mondo adulto, esse spesso
appesantiscono la speranza nel futuro. Non è difficile incontrare persone che
parlando delle nuove generazioni le vedono come prive di valori, adeguate alla
moda del momento, non interessate a ciò che conta veramente, superficiali e
così via. Questo spesso accade perché il confronto viene fatto secondo
precomprensioni alle quali non diamo una adeguata attenzione, tendiamo a fare
confronti con il nostro passato, come eravamo noi e quello che facevamo, a
volte cadendo nei rimpianti o in ricordi non sempre reali. Così, fossilizzati
nel passato, non riusciamo adeguatamente ad entrare in contatto con la realtà
dei ragazzi di oggi, usando il passato come misura del presente e del futuro.
Passato e presente non sono facilmente affiancabili dal
punto di vista di un’analisi comparativa, allo stesso modo anche vecchie e nuove
generazioni rimangono ciascuna con una specifica identità che le rende uniche
nel loro essere. Nonostante ciò il rischio di cadere in un errore dovuto alla
loro comparazione è molto forte.
Occorre uno sguardo rinnovato, ci sono di fatto tante
situazione diverse dal passato che possono anche urtarci e lasciarci
sospettosi, eppure esse possono esse delle “nuove normalità” riferite al
presente anche se così non lo era nel passato, così come del resto nascono
anche nuovi problemi e situazione sulle quali non si era mai avuta la necessità
di soffermarsi.
In questi anni di ministero ho incontrato tanti ragazzi
condividendo con loro diversi spazi e tempi, ascoltando non solo le loro parole
ma anche gesti e comportamenti. Attraverso loro ho conosciuto anche tanti
genitori, insegnanti, allenatori ed educatori, spesso spaesati di fronte a
comportamenti che immediatamente viene l’istinto di etichettare come insensati
e fragili. Il mio impegno è stato quello di aiutare gli adulti a elaborare una
visione più corretta dei giovani d’oggi, cercando di entrare in sintonia con le
loro ricerche molto più profonde e vere di quanto appaiono.
Tante volte il mio modo di fare è stato interpretato come il
voler dare ragione agli adolescenti, non nascondo che nella condizione di dover
scegliere sarei portato a stare dalla loro parte, non si tratta però di
scegliere una parte piuttosto che l’altra, ma il cercare di capire mettendosi
nella situazione di coloro che si vuole cercare di assistere. Visto che l’opera
educativa mira a mettere al centro il cammino dei ragazzi, occorre collocarci
nel modo migliore per comprendere le istanze evolutive, le crisi, le ricerche,
che li portano ad assumere comportamenti che, senza questo desiderio di
vicinanza, non riusciremo a comprendere. Chiaramente tutto questo lo facciamo
da adulti, consapevoli della nostra responsabilità nei loro confronti, così
come anche delle difficoltà che oggi questo comporta.
In mancanza di questa consapevole, accade che tutto quanto
viene costruito e proposto dalla società alle giovani generazioni, rischia di
rimanere legato a giovani che non ci sono più perché non sono più così,
proposte a volte troppo legate al passato e riferite a giovani che ora non ci
sono più perché diventati adulti e che non si possono più riferire a quelli
attuali perché diversi e nuovi. Per parlare oggi a chi oggi è giovane, occorre
tenere presente l’oggi dei ragazzi e farsi aiutare da tute le scienze umane che
ci possono aiutare in questo.
Come ci ricorda papa Francesco (cfr. EG 231) c’è spesso una
tensione tra l’idea e la realtà, che chiede di stare attenti che la prima non
si stacchi dalle seconda, come a volte capita nelle proposte fatte ai giovani.
Come priorità di importanza occorre considerare che la realtà è un principio
superiore a quello dell’idea, per evitare di fare della pastorale giovanile e
del pensiero intorno alle giovani generazioni una semplice sofisticheria, o
come dice il papa con una immagine: si
manipola la verità, così come si sostituisce la ginnastica con la cosmesi (EG
232).
Ci sono educatori molto preparati che a un certo punto si
chiedono come mai i ragazzi non rispondono alle loro iniziative tanto
preparate, forse è proprio perché sono rimasti nel campo delle idee e hanno
allontanato la pastorale dalla realtà, con il rischio di adottare un bel
pensiero che però poi rimane lontano dalla vita dei giovani.
La realtà è superiore alle idee, lo testimonia il fatto
stesso dell’incarnazione, lì dove il Verbo si fa carne per essere realmente
vicino, comunicabile e comprensibile a ogni persona. Questo ci dovrebbe portare
ad considerare la storia di ogni ragazzo come una storia di salvezza che si
compie nella vita anche quanto attraversa eventi difficili.
La grande opera di inculturazione compiuta dai tanti
missionari che hanno portato il Vangelo in tutti gli angoli della terra, occorre
che oggi venga fatta non riferita a un territori, ma a una condizione di vita,
quella giovanile, con tutta la necessità di rivedere non l’essenziale dell’annuncio
che rimane uguale, ma tutte le modalità e i riti con il quale esso si compie.
A noi riconoscere che in questo stiamo facendo fatica.
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