mercoledì 5 aprile 2017

Ripensare l’agire della comunità cristiana

La società cambia, così il mondo della scuola, il divertimento, i punti di riferimento e tanto altro della nostra cultura non è più come era alcuni decenni fa. Le dinamiche legate all’educazione dei giovani chiedono un continuo aggiornamento che valuta attentamente gli studi fatti dalle scienze umane e il nostro modo di essere Chiesa accanto ai ragazzi rimane fermo o ha una direzione?
La realtà delle nostre parrocchie è spesso ricca di iniziative e opere delle quali però fatica ormai a farsi carico, questo dovuto sicuramente anche dalla ridefinizione delle nostre comunità considerando il calo delle vocazioni e di una diversa composizione rispetto al passato. Cosa lasciare? Cosa tenere? A chi dire no? Insieme a queste tante altre potrebbero essere le domande concrete da portare in superficie per ripensare una pastorale adatta ai tempi.
Io non la soluzione a questi interrogativi, ma credo sia opportuno ugualmente avventurarmici dentro per evitare il rischio di un agire statico e sterile. Il campo di lavoro è molto ampio e multidisciplinare, mi limito quindi di concentrarmi sulla pastorale giovanile, forse per osmosi ne uscirà qualcosa di praticabile anche per altri aspetti.
La pastorale trova la sua casa nella vita quotidiana della gente e niente può essere progettato e messo in atto rimanendo distanti dai luoghi abitati della vita di tutti i giorni. Parlando in specifico dei giovani, mentre sono pochi quelli che frequentano i nostri luoghi vi sono altri spazi che ne vedono una maggiore presenza: scuola, sport, associazioni, comunità di recupero o altri luoghi dove affrontano la vita dura di chi cresce.
La pastorale non può fare a meno di strutture (luoghi, persone, gruppi, organizzazioni …), oratori, sale di incontro, luoghi per esperienze, associazioni, società sportive, circoli…  nati dall’impegno della fede di tanta gente, capita che oggi siano lontane da dove pulsa la vita concreta (del corpo e della mente) dei giovani di oggi.
Vita quotidiana e strutture devono tornare a incontrarsi, da qui la necessità del ripensarsi.
Il dilemma potrebbe essere: eliminiamo le strutture ormai non più attuali oppure ci puntiamo con forza nel tentativo di ribadirle e adeguarle per attrarre nuovamente la vita dei giovani perché possano tornare a passare di lì?
Una mediazione ai due estremi sopra indicati potrebbe maturare nel chiederci se è possibile un impegno a tempo parziale… “ad ore” staccandosi dal concetto legato al presidiare il territorio per passare a quello di seguire e servire le persone?
Quando si progetta e si decide sul cosa fare e scegliere, occorre non guardare solo a casa propria, alla singola realtà sulla quale l’emergenza mi chiede di intervenire, ma partire andando incontro ai luoghi della vita ordinaria raccogliendone le sfide. Nei nostri ambienti tante volte ci si lamenta della situazione giovanile perché non vengono più a messa o in oratorio, questa prospettiva è però sviante in quanto non porta a interrogarsi sul perché questo avvenga e su quali siano le ricerche e le fatiche vere che attraversano la vita dei ragazzi. Le discussioni tra noi preti troppo spesso prendono la piega del lamento: non ci si sposa in chiesa, i funerali civili sono in aumento, nessuno si confessa, i genitori non portano i figli al catechismo e così via. Questi sono i falsi problemi in quanto sono conseguenze di altre questione aperte che hanno un riflesso ben più ampio sulla vita delle persone.  
Occorre quindi individuare e dare dei nomi ai luoghi veri della vita dei giovani: scuola, sport, l’associazionismo, il mondo dello svago, le comunità di recupero o di accoglienza;  in questi spazi, quotidianamente abitati, possiamo trovare il terreno da impastare e su cui soffiare lo Spirito come in una nuova Creazione. È ora di abbandonare una pastorale che vive di contrapposizioni con un mondo esterno che non va bene, occorre cercarne il bene e lavorarci dentro come fa il lievito con la pasta. La responsabilità del cristiano dovrebbe essere proprio quella di rendere sicuro e interessante il mondo tutto perché è dono di Dio a noi affidato.


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