mercoledì 19 aprile 2017

Neet

In una delle parrocchie nelle quali ho passato i primi anni del mio ministero, era presente un oratorio che funzionava regolarmente tutti i giorni, la frequentazioni di tanti ragazzi non era regolare, molti infatti avevano da studiare o da portare avanti attività sportive che occupavano in parte o tutto il pomeriggio. C’era però un gruppo di “habitué” che non mancava mai davanti al portone ad attendere l’apertura e che erano spesso gli ultimi a mettere fuori il proprio piede alla chiusura; essi fanno fano parte di una nuova categoria sociale coniata apposta, quella dei “NEET” un acronimo derivante dall’inglese che identifica quei ragazzi che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in nessuna altra attività (not engaged in education, employment or training). Si trattava di giovani di diverse provenienze riguardo cultura, usi e famiglie di origine, accomunati da questa situazione statica che li vedeva o a letto o in giro, non ancora capaci o volenterosi nel decidere cosa fare della propria vita, il tutto a volte camuffato dietro apparenti ricerche di lavoro nelle quali non mettevano troppa energia.
Questa definizione attribuita a una parte del mondo giovanile risulta tanto chiara quanto svalutativa, si tratta di una condizione che si realizza per sottrazione: i giovani che dovrebbero impegnarsi ed essere coinvolti nel costruire un mondo, vengono invece da questa categoria quasi come etichettati in “negativo” togliendo speranze allo sguardo su di loro. Viene così mostrata più la mancanza di contributo da parte dei giovani alla formazione della ricchezza prodotta che non un invito propositivo ad impegnarsi per essa.
Per questo la mia volontà non è quella di rinchiuderli dentro a stereotipi per prendermela con loro, il tutto non vuole essere inteso in senso negativo, ma come analisi di una nuova sfida che si pone a quanti sono impegnati nell’educazione delle giovani generazione, perché si riesca a mettere in campo le enormi energie da loro non sempre ben indirizzate.
L’attenzione a questo fenomeno non ha risvolti solo in ambito di politiche giovanile per aumentare l’agio di certe situazioni, ma riguarda il benessere della società di cui fanno parte e che non può godere delle potenzialità da loro possedute.
In questi anni di oratorio ho avuto anche la fortuna di accompagnare alcuni nell’uscita da questa condizione di marginalità, con un immediato fiorire della loro vita e dei progetti per il futuro. Infatti se prima il loro ambito di vita era caratterizzato da divano, letto e frigorifero, ora erano entusiasti di averlo abbandonato superando così una condizione di pigrizia che era stata capace di dare soddisfazione solo all’inizio del suo comparire per poi lasciare spazio a un generico senso di fallimento. Ho visto così ragazzi capaci di riprendere in mano la vita e chiedersi nuovamente come spenderla tirando fuori il meglio di sé. Attraverso una maggiore sicurezza nata dalla speranza in futuro che assumeva un colore diverso, sono passati dall’essere vittime di un sistema che rischia di marginalizzare, a fautori di vita per sé e gli altri.
Quella dei NEET non è quindi un problema dei giovani di oggi, ma una questione che chiama in causa il mondo adulto e le decisioni che mette in campo nei diversi circuiti (lavoro, studio, tempo libero, volontariato) per agevolare lo sviluppo della società attraverso l’accompagnamento della crescita dei ragazzi. La presenza dei NEET interroga noi e il nostro paese riguardo le scelte politiche in ottica di welfare.
Un campo che, non dovrebbe essere solo istruttivo ma anche educativo, centrale per la questione trattata è il mondo della scuola, in particolare con la necessità di rivedere la formazione professionale che al giorno d’oggi non mantiene una buona fama, mentre potrebbe essere adatta ad orientarsi più che sullo studio ad una spendibilità più immediata di quanto appreso sperimentando e facendosi conoscere anche attraverso stage che permetterebbero al futuro datore di lavoro di cogliere qualità “non accademiche” dei giovani in vista di un futuro impegno.
In campo è chiamata anche una conversione a livello di mentalità diffusa che tende a valorizzare maggiormente, dandoci precedenza per la scelta, a una più classica nei modi di essere condotta rispetto ad altre novità inseribili.
In ogni caso risulta utile programmare all’interno del percorso di studio e dopo la sua fine, anche per la formazione tecnica e in alcuni corsi anche liceali, esperienze lavorative viste come reale sostegno alla crescita del ragazzo e non solo come “parcheggio” in attesa che passi l’età dell’obbligo scolastico.
Se pur quello scolastico è uno dei primi luoghi a cui viene da pensare nell’affrontare questo tema giovanile, esso non può rappresentare l’unico campo di intervento. Il camminare accanto ai NEET mostra chiaramente come in gioco ci siano questioni ben più ampie che riguardano la crescita e lo sviluppo della persona: chi sono, cosa farò da grande, quali prospettive mi guidano, come mi sento valutato e considerato da questo mondo.
Proprio questi elementi risultano probabilmente i più deleteri dal punto di vista di una demotivazione nello smettere di cercare qualcosa che dia futuro alla propria vita, che fanno sì di instaurare un circolo vizioso che si autoalimenta portando a una situazione di inattività prolungata. Anche qua serve fantasia per attuare nuovi processi di welfare capaci di coinvolgere e sostenere in questo periodo complicato di vita.
Con uno sguardo a livello di macrosistema, occorre evidenziare come il fenomeno in oggetto risulta influenzato dalle politiche economiche, lavorative, di mercato di sistemi che si definiscono giustamente “avanzati” ma non sempre attenti a certe dinamiche. Il fenomeno NEET risente quindi, forse in forma maggiore, di difficoltà che riguardano un po’ tutta la popolazione.
Gesù Cristo è colui che sa dare vera passione alla vita, Gesù Cristo è colui che ci porta a non accontentarci di poco e ci porta a dare il meglio di noi stessi; è Gesù Cristo che ci interpella, ci invita e ci aiuta ad alzarci ogni volta che ci diamo per vinti. È Gesù Cristo che ci spinge ad alzare lo sguardo e sognare alto. “Ma padre – qualcuno può dirmi – è tanto difficile sognare alto, è tanto difficile salire, essere sempre in salita. Padre, io sono debole, io cado, io mi sforzo ma tante volte vengo giù”. Gli alpini, quando salgono le montagne, cantano una canzone molto bella, che dice così: “Nell’arte di salire, quello che importa non è non cadere, ma non rimanere caduto”. […] E chi accoglie Gesù, impara ad amare come Gesù. Allora Lui ci chiede se vogliamo una vita piena. E io nel nome di Lui vi chiedo: vuoi, volete voi una vita piena? (papa Francesco, discorso alla cerimonia di accoglienza in occasione della XXXI Giornata Mondiale della Gioventù, 28 luglio 2016, Cracovia).
L’incontro con Gesù ci invita ad avere coraggio, a non abbatterci, rischiando di percorrere anche quelle strade che erano fuori dai nostri desideri o ricerche piuttosto che rimanere fermi, alla ricerca di nuovi orizzonti. Vivendo un po’ di quella pazzia che ci fa andare controcorrente, cercando chi non è amato, chi nessuno vuole, chi è solo. Diventare quindi protagonisti di un mondo migliore, impegnarsi per fare la differenza. Questo credo che possa aiutarci a trovare nuovi sentieri di vita e di lavoro, impegnati in una politica più vicina alla gente, lavorando per un’economia più giusta per tutti, contribuendo a un pensiero nuovo nel mondo d’oggi, ridando “anima” alla nostra società.
Qualcuno potrebbe obiettare che sono cose fatte per altri più bravi, credo di no, sono per voi se deciderete di prendere in mano la vita e condividerla con gli altri. Dio ti aspetta, ha progetti da realizzare con te e ora ti lancia una sfida che se vuoi puoi raccogliere per decidere oggi il tuo futuro. Oggi Gesù, che è la via, chiama te, te, te a lasciare la tua impronta nella storia. Lui, che è la vita, ti invita a lasciare un’impronta che riempia di vita la tua storia e quella di tanti altri. Lui, che è la verità, ti invita a lasciare le strade della separazione, della divisione, del non-senso. Ci stai? (papa Francesco, discorso in occasione della veglia di preghiera con i giovani durante la XXXI Giornata Mondiale della Gioventù, 30 luglio 2016, Cracovia)

Nessun commento:

Posta un commento