martedì 11 aprile 2017

Hai il cervello collegato?

Perché mio figlio non mi avvisa mai quando ritarda? Perché i miei alunni fanno sempre i compiti all’ultimo momento e non si organizzano? Perché i ragazzi all’incontro arrivano sempre in ritardo? Perché ad allenamento sembrano così stanchi e poco impegnati? Perché, perché, perché… In ambito educativo la questione è molto complessa, qui non l’affronterò nella sua globalità.
Il contributo che desidero dare è quello di approfondire una dimensione spesso non adeguatamente valutata ma che influenza il modo di vivere dei nostri ragazzi. Parlo dello sviluppo e della maturazione del loro cervello[1]. Non voglio, con quanto dirò, affermare una sorta d’insuperabile sudditanza a un corpo non ancora cresciuto del tutto e che quindi si porta dietro dei limiti invalicabili. Se fosse così tutti noi educatori dovremmo abbandonare il campo e dedicarci ad altro, mentre l’impegno è quello di aiutare e sostenere gli adolescenti in un momento come questo dove non tutto ancora funziona come dovrebbe.
Con quanto troverete qua non voglio spiegare il tutto dei comportamenti dei ragazzi ma mettere alla luce in modo specifico come la componente biologica dello sviluppo, in specifico di alcune parti del cervello, interviene fortemente a caratterizzare la vita e i comportamenti dei nostri ragazzi. Credo che il conoscere almeno in generale certi meccanismi cerebrali, possa aiutare noi adulti a comprendere meglio certi atteggiamenti per noi apparentemente inspiegabili, così anche da potersi fare un’idea più corretta e un giudizio più onesto, rispetto a quelli che a volte ci facciamo sulle giovani generazioni.
Non parlerò di tutto il cervello, mi concentrerò molto su una sua parte, l’area prefrontale, in essa ci sono tre zone che ci interessano e che influenzano: l’attenzione, il comportamento/giudizio, le risposte emozionali. Questa zona da un punto di vista organico, abilita l’individuo a riconoscere e riflettere sul proprio mondo interiore, così da facilitare l’essere consapevoli delle emozioni e dei pensieri per comportarsi di conseguenza; esempio: quando prendo paura mi viene da scappare.
Tutto questo è rilevante ben oltre il piano fisiologico, infatti presenza ricadute ampie in quanto amministra anche il riuscire ad avere un’adeguata autostima di sé, nell’essere guidati per riuscire a fare progetti a lungo termine, nel dare il giusto ordine ai diversi valori che vengono via via appresi, per riuscire a trasformali in comportamenti sociali adeguati, riuscendo anche ad esprimersi adeguatamente.
Tutto questo accade perché c’è un’asincronia tra lo sviluppo delle aree legate all’emozione e quelle legate alle funzioni esecutive, infatti nell’adolescente il tutto si attiva solo alcuni anni dopo, con una rilevante differenza fra femmine e maschi, per le prime il ritardo si attesta intorno agli uno o due anni, mentre per i secondi il tempo di allunga fino a tre o quattro anni.
Comprenderete quindi, quanto tutto questo dice del comportamento degli adolescenti, spesso percepito da noi adulti come un po’ nullafacente, soprattutto quando gli chiediamo un po’ sbottando: ma hai il cervello collegato? La questione è proprio questa, può capitare che non abbia ancora il collegamento, cioè uno sviluppo adeguato delle sinapsi neuronali che gli permettano di fare quanto per noi adulti è normale, mentre per lui no. Capita allora che a certe età si faccia un po’ come si può, anche il ragazzo si trova a non poter oggettivamente farci qualcosa, anche lui sente questa difficoltà, manca qualcosa; non occorre “girare il dito nella piaga” facendoglielo ulteriormente pesare.
C’è l’impulso, ma non ancora la funzione regolatoria del comportamento seguente, così nascono i tanti problemi che spesso si affrontano quando ci si trova a parlare dell’educazione degli adolescenti, perché comunque qualcosa bisogna fare; il fatto che la testa funziona così non vuol dire arrendersi, anche perché la vita non si ferma, i ragazzi continuano a prendere decisioni e capita che lo fanno perché sono furbi e sanno ciò che dà o meno soddisfazione; inoltre oltre i bisogni che emergono dal nostro corpo è presente anche una ragione capace di impegnarsi per il miglioramento e per noi educatori alla fede, anche la presenza di tanti doni e il legame con Dio che può rendere forti anche al di là delle debolezze.
Gli adolescenti quindi si comportano in modo diverso dagli adulti anche perché il loro cervello al momento funziona in maniera diversa, ciò non solo dovuto a una maturazione non ancora ottimale, ma anche a una comunicazione tra le diverse parti che ancora non funziona in maniera giusta. Così credo che l’adolescenza possa diventare meglio comprensibile.
Per molto tempo si è pensato che lo sviluppo del cervello fosse pressoché compiuto con l’inizio della prima adolescenza e che quindi fosse poi un qualcosa di maturo, al quale mancava solo contenuti ed esperienze perché potesse dare il meglio di sé. Così in passato fu inevitabile puntare molto sulla trasmissioni di informazioni e valutare eventuali difficoltà emergenti come patologie riferite a ritardi nello sviluppo o provenienti da problemi psicologici. Nell'ultimo decennio la neurofisiologia e le neuroscienze hanno scoperto che durante l'adolescenza il cervello è ancora oggetto di profondi cambiamenti che influiscono sul processo evolutivo rendendolo diverso da quello di un adulto. Purtroppo questi dati ormai assodati in campo medico, non hanno avuto adeguate ricadute nell’ambito degli interventi educativi e scolastici, così come nella mentalità comune che è quindi ancora condizionata da false precomprensioni, che non aiutano a farsi un’idea corretta del vissuto dei nostri ragazzi.
Capita così di incontrare giovani nei loro diversi percorsi di vita, giudicandoli esagerati, distratti o nervosi, non è solo per opposizione all'autorità degli adulti come è solito ripetere abitualmente il cittadino medio, ma anche perché la loro corteccia frontale non è ancora del tutto sviluppata. Questo influenza il come valutano le cose che capitano e come ne prendono posizione attraverso decisioni con conseguenze non ancora pienamente chiare alla propria vita.
Così l’età dell’adolescenza può smettere di essere definita come “stupida” con la necessità di essere riabilitata, rendendosi conto di tutte le difficoltà che si porta dietro; non è solo questione dei famosi ormoni in sovrabbondanza. Certe parti del cervello ancora in sviluppo, in modo asimmetrico fra loro, possono entrare in conflitto o provocare dei “cortocircuiti” dai quali nascono comportamenti fuori dalla norma.
Il cervello, nelle sue varie parti, non ha uno sviluppo simultaneo, pertanto capita che alcune di esse siano più avanti (o più indietro) di altre, questo influenza la capacità dei ragazzi dell’interagire con sé e gli altri. Ad esempio, una situazione nella quale i meccanismi che spingono ad agire emotivamente sono più attivi di quelli deputati al controllo delle emozioni perché ancora in via di sviluppo, può di fatto portare un adolescente ad affrontare situazioni “pericolose” senza essere in grado di valutarne e controllarne adeguatamente gli sviluppi.
All’inizio dell’adolescenza il rilascio della melatonina (l’ormone del sonno) avviene pian piano a un orario più tardo andando a cambiare progressivamente l’abituale ritmo tra sonno e veglia; così può capitare di frequente di incontrare ragazzi che diversamente da prima faticano ad addormentarsi, l’orario del riposo notturno si riduce nonostante, per assurdo, il corpo per via dei cambiamenti in corso, ne avrebbe bisogno in modo maggiore. Così capita che la sera non si vada mai a letto anche a costo di guardare il soffitto perdendosi dietro una miriade di pensieri che popolano la vita, per poi la mattina faticare a mettere piede giù dal letto e vivere un po’ faticosamente il resto della giornata. Se alcuni definiscono come “stanchi” i ragazzi di oggi, forse un motivo c’è; così anche si può spiegare come in certi orari mattutini non siano sempre ben disposti al dialogo, in particolare con l’autorità che nella maggior parte dei casi si presenta nella figure dei genitori e dei professori. Le ore di sonno mancate tendono pian piano ad accumularsi con la necessità di essere recuperate quando possibile, nel frattempo il loro comportamento ne risente, così in alcuni casi il dormire fino a tardi nei fine settimana non è segno di pigrizia, ma necessario per essere pronti ad affrontare un’altra settimana secondo i ritmi che il mondo adulto chiede loro.
Anche la capacità di pianificare e di accogliere con flessibilità la vita sono capacità che si sviluppano durante l’adolescenza, la corteccia frontale matura solo compiuti i vent’anni od oltre. Un cammino educativo può quindi stimolare in un ragazzo il darsi da fare per non lasciare tutto all’improvvisazione, ma sarebbe del tutto assurdo pretendere che un ragazzo di quattordici anni possa già gestire autonomamente il proprio tempo, lo studio, i soldi e altre cose che per noi adulti sono invece pane quotidiano.
Collegato a quanto appena detto risulta interessante anche prendere in considerazione il funzionamento della “memoria di lavoro”, termine tecnico che  fa riferimento al modo di immagazzinare temporaneamente le informazioni e sul come gestirle influenzando il collegamento tra percezione sensoriale e azione conseguente. Questa dimensione, in adolescenza, è ancora in sviluppo, inoltre il suo fiorire dipende da come sia o no esercitata. Non parliamo solo del ricordare certe informazioni, ma di saperle elaborare.  In causa sono chiamate diverse aree della corteccia frontale che negli adolescenti si trovano però ancora nell’incapacità di comunicare in modo corretto fra di loro. Pensate tutta la ricaduta che questo può avere in ambito scolastico, là dove sia chiesto di elaborare problemi matematici che attingono a certe informazioni, perché elaborandole si possa giungere a un risultato; così anche come possa essere affrontata una giornata piena di orari e appuntamenti da rispettare come quelle che sono di tanti nostri ragazzi: orari e appuntamenti non semplici da elaborare mettendoli in fila, così che essere puntuali risulta più faticosa di quanto noi adulti immaginiamo.
Un’altra dimensione molto ricorrente nella vita dei giovani è la fatica provata nell’attuare meccanismi di “freno” nel confronto di certi comportamenti che per noi adulti sono controllabili. Non si può esigere da un ragazzo che in un contesto scolastico sia capace come fa un adulto, l’insegnante stesso ad esempio, di prestare attenzione seguendo tutte le informazioni trasmesse in quanto gli risulterà più facile rispetto a noi essere distratto dai compagni di classe, mentre gli sarà difficile frenare limitando questa distrazione. Collegato a questo, un’evidenza rispetto al comportamento multitasking dei nostri ragazzi, spesso alle prese in contemporanea con libri, cellulare, radio, televisione, al di là dei desideri e delle proprie sensazioni, è difficile per il cervello portare avanti in contemporanea compiti diversi in modo simultaneo, sarà inevitabile che le diverse attività esercitate arrivino a creare interferenze reciproche influenzandone il risultato.
Passiamo ora al tema delicato delle emozioni che nell’età giovanile sembra un qualcosa d’impazzito, uno dei motivi di questo caos è che esse tendono a coesistere numerose con un rapido passaggio da una all’altra, a volte diventando anche più estreme rispetto al passato. Il governo delle proprie emozioni operato dal cervello non riesce ad essere adeguatamente attento, proprio le situazioni più delicate che richiederebbero una più grande attenzione, sono quelle che maggiormente destabilizzano. In aggiunta se consideriamo, come detto prima, che i meccanismi di controllo devono ancora maturare pienamente, possiamo farci un’idea di come possa sentirsi un ragazzo posto in una condizione di fatto conflittuale tra ambito emotivo e razionale.
Gli adolescenti assumono comportamenti che noi come adulti non prenderemo mai, si sentono attratti da uno spirito di avventura e scoperta anche se non sono ancora in grado di valutarne appieno le eventuali conseguenze e condizioni di pericolo. Sono più avversi al rischio soprattutto se esso permette di verificare qualcosa di nuovo o ottenere una ricompensa. È sufficiente la possibilità di sperimentare una situazione nuova e stimolante per attivare il centro del piacere presente nel cervello, così che può capitare che prendendo una decisione al contempo emozionante e rischiosa, la piacevolezza anticipa e copre la valutazione razionale del cervello chiamata a mettere in guardia dalle conseguenze di un determinato gesto. Si tratta di un vero e proprio conflitto interno al cervello, che non essendo ancora giunto a maturazione, vive una non adeguata armonia e corrispondenza tra le sue varie parti che non sono ancora adeguate fra loro. Se glielo si chiede, i ragazzi sono capaci di distinguere tra una buona e una cattiva idea, sanno riflettere su certe situazioni e trarne insegnamenti, ma sul momento non è detto che questa capacità sappia prendere il dominio della situazione specifica. Diversamente dagli adulti nei quali sia a tavolino che nella realtà reagiscono attingendo le reazioni dalla stessa parte del cervello a cui segue una reazione immediata, gli adolescenti no. Essi non hanno ancora attiva questa parte così che certe reazioni di difesa per noi automatiche per loro non lo sono, serve più tempo perché entra in funziona la parte che porta a valutare e soppesare le cose prima di agire: questo richiede più tempo.
Cerchiamo ora di dare un luce nuova ad alcuni stereotipi riguardo il comportamento dei giovani. Ci si lamenta perché quando possono si alzano sempre tardi non ricordando che “chi dorme non piglia pesci”; occorre però sapere che l’ormone della crescita è rilasciato soprattutto durante il sonno, inoltre causa i tanti impegni infrasettimanali può essere che abbiano degli arretrati da recuperare. Ci si chiede come mai assumano così tanti comportamenti a rischio senza rendersi conto del pericolo; succede che l’impulso emotivo sia molto più forte o non in comunicazione adeguata con la dimensione riflessiva/razionale, inoltre sono più stimolati dalla ricerca di una qualche forma di ricompensa che li faccia sentire bene piuttosto che starsene fermi a calcolare i rischi. Incontrandoli per strada ci chiediamo se abbiano lasciato la testa a casa o se il cervello sia collegato bene; in effetti può esserci un qualche cortocircuito, sapendo anche che alcune parti non sono ancora adeguatamente sviluppate come quella dedicata all’elaborazione. Si nota che droga e alcol segnano fortemente la vita di tanti ragazzi; queste sostanze determinano un rilascio veloce di dopamina che porta una sensazione di piacere percepita come necessaria dal cervello il quale però non è ancora capace di gestirla al meglio e coglierne il pericolo. Le loro stanze sono piene di roba in disordine; il soddisfare le richieste di sistemazione degli ambienti abitati richiede una collaborazione neuronale più complessa di quanto noi adulti immaginiamo, c’è una sostanza che dovrebbe aiutare questi processi (la mielina) che non è ancora prodotta in modo adeguato così che si possono avere dei “grippaggi” nel cervello. Osservando come si formano i gruppi di ragazzi si nota a volte una forte divisione a seconda dei sessi o comunque una non sempre serena convivenza in gruppi misti; è noto a tutti che le ragazze maturano prima dei ragazzi, soprattutto lo sviluppo delle capacità legate al linguaggio e all’elaborazione delle esperienze che può vedere un divario fino a diciotto mesi. I giovani fanno sempre tante cose insieme rischiano di non concluderne una; l’amigdala, parte centrale nella gestione emotiva, è molto attiva così si trovano spesso trepidanti alla ricerca di cose nuove che possano da sensazione e stimoli capaci di appagare gli stimoli prodotti. Così si potrebbe andare avanti prendendo a riferimenti numerose situazioni che spesso trovano noi adulti in difficoltà nel darne una giusta interpretazione.
Ecco allora che è compito dell’adulto, con la propria presenza, colmare quello che ancora manca nello sviluppo di un’autonoma capacità auto regolativa.
Credo che tutto questo possa essere letto alla luce del cammino di fede facendo nostre le parole di san Paolo: quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto (1Cor 13, 11-12). Credo possa essere il cammino faticoso e bello di tanti giovani, il passare da uno sguardo da bambino sulla vita a uno da adulto. Il tutto passando attraverso momenti nei quali l’esperienza e l’idea che mi posso fare di quanto mi circonda rimane imperfetta, attraverso situazioni di confusione. Così come la bellezza di sapermi amato e conosciuto da qualcuno, che egli abbia un volto e un nome in Gesù, che mi possa guidare lungo la strada per essere sempre più autenticamente me stesso.
Come educatori occorre impegnarsi affinché le tante cose che ancora mancano ai nostri ragazzi e che può spingerli verso rischi inutili, venga abitata da insegnamenti, esperienze, testimonianze e dal dialogo con i propri coetanei attraverso incontro di gruppo guidati. Non basta farlo una volta, occorre pazienza e insistenza, ripetendo più e più volte le stesse cose, questo ci mette spesso alla prova cogliendo la nostra impazienza e portandoci a giudizi affrettati.






[1] […] il cervello di un adolescente è ancora soggetto a grandi trasformazioni strutturali, che riguardano soprattutto le condizioni generali della materia grigia e della materia bianca, di cui il cervello è composto. Mentre la materia grigia è costituita da neuroni che rendono possibili determinate capacità, la materia bianca fornisce le connessioni tra di essi. Come abbiamo visto, la materia grigia segue un inusuale processo di sviluppo: dapprima aumenta in una determina area e in questo modo ne incrementa significativamente le capacità,; poi, nella stessa area, tende a diminuire, e in questo modo incrementa l’efficienza. Le connessioni inutili vengono eliminate, per far posto a quelle più importanti. Partendo da una gran quantità di cellule in competizione, restano solo quei neuroni e quelle connessioni che funzionano al meglio. Nel contempo si formano sempre più connessioni (all’interno della materia bianca) così che, al posto dei percorsi precedenti, lenti e con molte diramazioni inutili, sì formano vie superveloci ed efficienti fra un punto e l’altro. Questa trasformazione avviene in tempi diversi nelle varie aree del cervello. Nelle regioni responsabili della creatività, dell’inventiva, della musicalità, dello sport e dell’impegno sociale, in generale le connessioni si stabilizzano nella fase più tarda dell’adolescenza (E. Crone, Nella testa degli adolescenti, Feltrinelli, 2008, p.136).

1 commento:

  1. Grazie don Paolo...mi è capitato giusto ieri di dire:" ..ma sei collegato?.." preziose informazioni. Ciao

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