Perché mio figlio non mi avvisa mai quando ritarda? Perché i
miei alunni fanno sempre i compiti all’ultimo momento e non si organizzano?
Perché i ragazzi all’incontro arrivano sempre in ritardo? Perché ad allenamento
sembrano così stanchi e poco impegnati? Perché, perché, perché… In ambito
educativo la questione è molto complessa, qui non l’affronterò nella sua
globalità.
Il contributo che desidero dare è quello di approfondire una
dimensione spesso non adeguatamente valutata ma che influenza il modo di vivere
dei nostri ragazzi. Parlo dello sviluppo e della maturazione del loro cervello[1]. Non
voglio, con quanto dirò, affermare una sorta d’insuperabile sudditanza a un corpo
non ancora cresciuto del tutto e che quindi si porta dietro dei limiti
invalicabili. Se fosse così tutti noi educatori dovremmo abbandonare il campo e
dedicarci ad altro, mentre l’impegno è quello di aiutare e sostenere gli
adolescenti in un momento come questo dove non tutto ancora funziona come
dovrebbe.
Con quanto troverete qua non voglio spiegare il tutto dei
comportamenti dei ragazzi ma mettere alla luce in modo specifico come la
componente biologica dello sviluppo, in specifico di alcune parti del cervello,
interviene fortemente a caratterizzare la vita e i comportamenti dei nostri
ragazzi. Credo che il conoscere almeno in generale certi meccanismi cerebrali,
possa aiutare noi adulti a comprendere meglio certi atteggiamenti per noi
apparentemente inspiegabili, così anche da potersi fare un’idea più corretta e
un giudizio più onesto, rispetto a quelli che a volte ci facciamo sulle giovani
generazioni.
Non parlerò di tutto il cervello, mi concentrerò molto su
una sua parte, l’area prefrontale, in essa ci sono tre zone che ci interessano
e che influenzano: l’attenzione, il comportamento/giudizio, le risposte
emozionali. Questa zona da un punto di vista organico, abilita l’individuo a
riconoscere e riflettere sul proprio mondo interiore, così da facilitare
l’essere consapevoli delle emozioni e dei pensieri per comportarsi di
conseguenza; esempio: quando prendo paura mi viene da scappare.
Tutto questo è rilevante ben oltre il piano fisiologico,
infatti presenza ricadute ampie in quanto amministra anche il riuscire ad avere
un’adeguata autostima di sé, nell’essere guidati per riuscire a fare progetti a
lungo termine, nel dare il giusto ordine ai diversi valori che vengono via via
appresi, per riuscire a trasformali in comportamenti sociali adeguati,
riuscendo anche ad esprimersi adeguatamente.
Tutto questo accade perché c’è un’asincronia tra lo sviluppo
delle aree legate all’emozione e quelle legate alle funzioni esecutive, infatti
nell’adolescente il tutto si attiva solo alcuni anni dopo, con una rilevante
differenza fra femmine e maschi, per le prime il ritardo si attesta intorno
agli uno o due anni, mentre per i secondi il tempo di allunga fino a tre o
quattro anni.
Comprenderete quindi, quanto tutto questo dice del
comportamento degli adolescenti, spesso percepito da noi adulti come un po’ nullafacente,
soprattutto quando gli chiediamo un po’ sbottando: ma hai il cervello
collegato? La questione è proprio questa, può capitare che non abbia ancora il
collegamento, cioè uno sviluppo adeguato delle sinapsi neuronali che gli
permettano di fare quanto per noi adulti è normale, mentre per lui no. Capita
allora che a certe età si faccia un po’ come si può, anche il ragazzo si trova
a non poter oggettivamente farci qualcosa, anche lui sente questa difficoltà,
manca qualcosa; non occorre “girare il dito nella piaga” facendoglielo
ulteriormente pesare.
C’è l’impulso, ma non ancora la funzione regolatoria del
comportamento seguente, così nascono i tanti problemi che spesso si affrontano
quando ci si trova a parlare dell’educazione degli adolescenti, perché comunque
qualcosa bisogna fare; il fatto che la testa funziona così non vuol dire
arrendersi, anche perché la vita non si ferma, i ragazzi continuano a prendere
decisioni e capita che lo fanno perché sono furbi e sanno ciò che dà o meno
soddisfazione; inoltre oltre i bisogni che emergono dal nostro corpo è presente
anche una ragione capace di impegnarsi per il miglioramento e per noi educatori
alla fede, anche la presenza di tanti doni e il legame con Dio che può rendere
forti anche al di là delle debolezze.
Gli adolescenti quindi si comportano in modo diverso dagli
adulti anche perché il loro cervello al momento funziona in maniera diversa,
ciò non solo dovuto a una maturazione non ancora ottimale, ma anche a una
comunicazione tra le diverse parti che ancora non funziona in maniera giusta. Così
credo che l’adolescenza possa diventare meglio comprensibile.
Per molto tempo si è pensato che lo sviluppo del cervello
fosse pressoché compiuto con l’inizio della prima adolescenza e che quindi
fosse poi un qualcosa di maturo, al quale mancava solo contenuti ed esperienze
perché potesse dare il meglio di sé. Così in passato fu inevitabile puntare
molto sulla trasmissioni di informazioni e valutare eventuali difficoltà
emergenti come patologie riferite a ritardi nello sviluppo o provenienti da
problemi psicologici. Nell'ultimo decennio la neurofisiologia e le neuroscienze
hanno scoperto che durante l'adolescenza il cervello è ancora oggetto di
profondi cambiamenti che influiscono sul processo evolutivo rendendolo diverso
da quello di un adulto. Purtroppo questi dati ormai assodati in campo medico,
non hanno avuto adeguate ricadute nell’ambito degli interventi educativi e
scolastici, così come nella mentalità comune che è quindi ancora condizionata
da false precomprensioni, che non aiutano a farsi un’idea corretta del vissuto
dei nostri ragazzi.
Capita così di incontrare giovani nei loro diversi percorsi
di vita, giudicandoli esagerati, distratti o nervosi, non è solo per
opposizione all'autorità degli adulti come è solito ripetere abitualmente il
cittadino medio, ma anche perché la loro corteccia frontale non è ancora del
tutto sviluppata. Questo influenza il come valutano le cose che capitano e come
ne prendono posizione attraverso decisioni con conseguenze non ancora
pienamente chiare alla propria vita.
Così l’età dell’adolescenza può smettere di essere definita
come “stupida” con la necessità di essere riabilitata, rendendosi conto di
tutte le difficoltà che si porta dietro; non è solo questione dei famosi ormoni
in sovrabbondanza. Certe parti del cervello ancora in sviluppo, in modo
asimmetrico fra loro, possono entrare in conflitto o provocare dei
“cortocircuiti” dai quali nascono comportamenti fuori dalla norma.
Il cervello, nelle sue varie parti, non ha uno sviluppo
simultaneo, pertanto capita che alcune di esse siano più avanti (o più
indietro) di altre, questo influenza la capacità dei ragazzi dell’interagire
con sé e gli altri. Ad esempio, una situazione nella quale i meccanismi che
spingono ad agire emotivamente sono più attivi di quelli deputati al controllo
delle emozioni perché ancora in via di sviluppo, può di fatto portare un
adolescente ad affrontare situazioni “pericolose” senza essere in grado di
valutarne e controllarne adeguatamente gli sviluppi.
All’inizio dell’adolescenza il rilascio della melatonina
(l’ormone del sonno) avviene pian piano a un orario più tardo andando a
cambiare progressivamente l’abituale ritmo tra sonno e veglia; così può
capitare di frequente di incontrare ragazzi che diversamente da prima faticano
ad addormentarsi, l’orario del riposo notturno si riduce nonostante, per
assurdo, il corpo per via dei cambiamenti in corso, ne avrebbe bisogno in modo
maggiore. Così capita che la sera non si vada mai a letto anche a costo di
guardare il soffitto perdendosi dietro una miriade di pensieri che popolano la
vita, per poi la mattina faticare a mettere piede giù dal letto e vivere un po’
faticosamente il resto della giornata. Se alcuni definiscono come “stanchi” i
ragazzi di oggi, forse un motivo c’è; così anche si può spiegare come in certi
orari mattutini non siano sempre ben disposti al dialogo, in particolare con
l’autorità che nella maggior parte dei casi si presenta nella figure dei
genitori e dei professori. Le ore di sonno mancate tendono pian piano ad accumularsi
con la necessità di essere recuperate quando possibile, nel frattempo il loro
comportamento ne risente, così in alcuni casi il dormire fino a tardi nei fine
settimana non è segno di pigrizia, ma necessario per essere pronti ad
affrontare un’altra settimana secondo i ritmi che il mondo adulto chiede loro.
Anche la capacità di pianificare e di accogliere con
flessibilità la vita sono capacità che si sviluppano durante l’adolescenza, la
corteccia frontale matura solo compiuti i vent’anni od oltre. Un cammino
educativo può quindi stimolare in un ragazzo il darsi da fare per non lasciare
tutto all’improvvisazione, ma sarebbe del tutto assurdo pretendere che un
ragazzo di quattordici anni possa già gestire autonomamente il proprio tempo,
lo studio, i soldi e altre cose che per noi adulti sono invece pane quotidiano.
Collegato a quanto appena detto risulta interessante anche
prendere in considerazione il funzionamento della “memoria di lavoro”, termine
tecnico che fa riferimento al modo di
immagazzinare temporaneamente le informazioni e sul come gestirle influenzando
il collegamento tra percezione sensoriale e azione conseguente. Questa
dimensione, in adolescenza, è ancora in sviluppo, inoltre il suo fiorire
dipende da come sia o no esercitata. Non parliamo solo del ricordare certe
informazioni, ma di saperle elaborare. In
causa sono chiamate diverse aree della corteccia frontale che negli adolescenti
si trovano però ancora nell’incapacità di comunicare in modo corretto fra di
loro. Pensate tutta la ricaduta che questo può avere in ambito scolastico, là
dove sia chiesto di elaborare problemi matematici che attingono a certe
informazioni, perché elaborandole si possa giungere a un risultato; così anche
come possa essere affrontata una giornata piena di orari e appuntamenti da
rispettare come quelle che sono di tanti nostri ragazzi: orari e appuntamenti
non semplici da elaborare mettendoli in fila, così che essere puntuali risulta
più faticosa di quanto noi adulti immaginiamo.
Un’altra dimensione molto ricorrente nella vita dei giovani
è la fatica provata nell’attuare meccanismi di “freno” nel confronto di certi
comportamenti che per noi adulti sono controllabili. Non si può esigere da un
ragazzo che in un contesto scolastico sia capace come fa un adulto, l’insegnante
stesso ad esempio, di prestare attenzione seguendo tutte le informazioni
trasmesse in quanto gli risulterà più facile rispetto a noi essere distratto
dai compagni di classe, mentre gli sarà difficile frenare limitando questa
distrazione. Collegato a questo, un’evidenza rispetto al comportamento
multitasking dei nostri ragazzi, spesso alle prese in contemporanea con libri,
cellulare, radio, televisione, al di là dei desideri e delle proprie
sensazioni, è difficile per il cervello portare avanti in contemporanea compiti
diversi in modo simultaneo, sarà inevitabile che le diverse attività esercitate
arrivino a creare interferenze reciproche influenzandone il risultato.
Passiamo ora al tema delicato delle emozioni che nell’età
giovanile sembra un qualcosa d’impazzito, uno dei motivi di questo caos è che esse
tendono a coesistere numerose con un rapido passaggio da una all’altra, a volte
diventando anche più estreme rispetto al passato. Il governo delle proprie
emozioni operato dal cervello non riesce ad essere adeguatamente attento,
proprio le situazioni più delicate che richiederebbero una più grande
attenzione, sono quelle che maggiormente destabilizzano. In aggiunta se
consideriamo, come detto prima, che i meccanismi di controllo devono ancora
maturare pienamente, possiamo farci un’idea di come possa sentirsi un ragazzo
posto in una condizione di fatto conflittuale tra ambito emotivo e razionale.
Gli adolescenti assumono comportamenti che noi come adulti
non prenderemo mai, si sentono attratti da uno spirito di avventura e scoperta
anche se non sono ancora in grado di valutarne appieno le eventuali conseguenze
e condizioni di pericolo. Sono più avversi al rischio soprattutto se esso
permette di verificare qualcosa di nuovo o ottenere una ricompensa. È sufficiente
la possibilità di sperimentare una situazione nuova e stimolante per attivare
il centro del piacere presente nel cervello, così che può capitare che
prendendo una decisione al contempo emozionante e rischiosa, la piacevolezza
anticipa e copre la valutazione razionale del cervello chiamata a mettere in
guardia dalle conseguenze di un determinato gesto. Si tratta di un vero e
proprio conflitto interno al cervello, che non essendo ancora giunto a
maturazione, vive una non adeguata armonia e corrispondenza tra le sue varie
parti che non sono ancora adeguate fra loro. Se glielo si chiede, i ragazzi sono
capaci di distinguere tra una buona e una cattiva idea, sanno riflettere su
certe situazioni e trarne insegnamenti, ma sul momento non è detto che questa
capacità sappia prendere il dominio della situazione specifica. Diversamente
dagli adulti nei quali sia a tavolino che nella realtà reagiscono attingendo le
reazioni dalla stessa parte del cervello a cui segue una reazione immediata,
gli adolescenti no. Essi non hanno ancora attiva questa parte così che certe
reazioni di difesa per noi automatiche per loro non lo sono, serve più tempo
perché entra in funziona la parte che porta a valutare e soppesare le cose prima
di agire: questo richiede più tempo.
Cerchiamo ora di dare un luce nuova ad alcuni stereotipi
riguardo il comportamento dei giovani. Ci si lamenta perché quando possono si
alzano sempre tardi non ricordando che “chi dorme non piglia pesci”; occorre
però sapere che l’ormone della crescita è rilasciato soprattutto durante il
sonno, inoltre causa i tanti impegni infrasettimanali può essere che abbiano
degli arretrati da recuperare. Ci si chiede come mai assumano così tanti
comportamenti a rischio senza rendersi conto del pericolo; succede che l’impulso
emotivo sia molto più forte o non in comunicazione adeguata con la dimensione
riflessiva/razionale, inoltre sono più stimolati dalla ricerca di una qualche
forma di ricompensa che li faccia sentire bene piuttosto che starsene fermi a
calcolare i rischi. Incontrandoli per strada ci chiediamo se abbiano lasciato
la testa a casa o se il cervello sia collegato bene; in effetti può esserci un
qualche cortocircuito, sapendo anche che alcune parti non sono ancora
adeguatamente sviluppate come quella dedicata all’elaborazione. Si nota che
droga e alcol segnano fortemente la vita di tanti ragazzi; queste sostanze
determinano un rilascio veloce di dopamina che porta una sensazione di piacere
percepita come necessaria dal cervello il quale però non è ancora capace di gestirla
al meglio e coglierne il pericolo. Le loro stanze sono piene di roba in
disordine; il soddisfare le richieste di sistemazione degli ambienti abitati
richiede una collaborazione neuronale più complessa di quanto noi adulti
immaginiamo, c’è una sostanza che dovrebbe aiutare questi processi (la mielina)
che non è ancora prodotta in modo adeguato così che si possono avere dei
“grippaggi” nel cervello. Osservando come si formano i gruppi di ragazzi si
nota a volte una forte divisione a seconda dei sessi o comunque una non sempre
serena convivenza in gruppi misti; è noto a tutti che le ragazze maturano prima
dei ragazzi, soprattutto lo sviluppo delle capacità legate al linguaggio e
all’elaborazione delle esperienze che può vedere un divario fino a diciotto mesi.
I giovani fanno sempre tante cose insieme rischiano di non concluderne una;
l’amigdala, parte centrale nella gestione emotiva, è molto attiva così si
trovano spesso trepidanti alla ricerca di cose nuove che possano da sensazione
e stimoli capaci di appagare gli stimoli prodotti. Così si potrebbe andare
avanti prendendo a riferimenti numerose situazioni che spesso trovano noi
adulti in difficoltà nel darne una giusta interpretazione.
Ecco allora che è compito dell’adulto, con la propria
presenza, colmare quello che ancora manca nello sviluppo di un’autonoma
capacità auto regolativa.
Credo che tutto questo possa essere letto alla luce del
cammino di fede facendo nostre le parole di san Paolo: quand'ero bambino,
parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto
uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno
specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco
in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto
(1Cor 13, 11-12). Credo possa essere il cammino faticoso e bello di tanti
giovani, il passare da uno sguardo da bambino sulla vita a uno da adulto. Il
tutto passando attraverso momenti nei quali l’esperienza e l’idea che mi posso
fare di quanto mi circonda rimane imperfetta, attraverso situazioni di
confusione. Così come la bellezza di sapermi amato e conosciuto da qualcuno,
che egli abbia un volto e un nome in Gesù, che mi possa guidare lungo la strada
per essere sempre più autenticamente me stesso.
Come educatori occorre impegnarsi affinché le tante cose che
ancora mancano ai nostri ragazzi e che può spingerli verso rischi inutili,
venga abitata da insegnamenti, esperienze, testimonianze e dal dialogo con i
propri coetanei attraverso incontro di gruppo guidati. Non basta farlo una
volta, occorre pazienza e insistenza, ripetendo più e più volte le stesse cose,
questo ci mette spesso alla prova cogliendo la nostra impazienza e portandoci a
giudizi affrettati.
[1] […] il
cervello di un adolescente è ancora soggetto a grandi trasformazioni
strutturali, che riguardano soprattutto le condizioni generali della materia
grigia e della materia bianca, di cui il cervello è composto. Mentre la materia
grigia è costituita da neuroni che rendono possibili determinate capacità, la
materia bianca fornisce le connessioni tra di essi. Come abbiamo visto, la
materia grigia segue un inusuale processo di sviluppo: dapprima aumenta in una
determina area e in questo modo ne incrementa significativamente le capacità,;
poi, nella stessa area, tende a diminuire, e in questo modo incrementa
l’efficienza. Le connessioni inutili vengono eliminate, per far posto a quelle
più importanti. Partendo da una gran quantità di cellule in competizione, restano
solo quei neuroni e quelle connessioni che funzionano al meglio. Nel contempo
si formano sempre più connessioni (all’interno della materia bianca) così che,
al posto dei percorsi precedenti, lenti e con molte diramazioni inutili, sì
formano vie superveloci ed efficienti fra un punto e l’altro. Questa
trasformazione avviene in tempi diversi nelle varie aree del cervello. Nelle
regioni responsabili della creatività, dell’inventiva, della musicalità, dello
sport e dell’impegno sociale, in generale le connessioni si stabilizzano nella
fase più tarda dell’adolescenza (E. Crone, Nella testa degli adolescenti,
Feltrinelli, 2008, p.136).
Grazie don Paolo...mi è capitato giusto ieri di dire:" ..ma sei collegato?.." preziose informazioni. Ciao
RispondiElimina