La
storia che vi racconto non è di nessun ragazzo in particolare, ma è quella di
tanti giovani che in questi anni ho avuto il dono di poter accompagnare nella
loro crescita, impegnati in un cammino a volte “misterioso” lungo il bel viale
dell’amore, senza che loro stessi sapessero bene cosa volesse dire, ma dentro
di loro qualcosa chiamava.
È
la storia di Adam, di ogni ragazzo e ragazza, lui aveva ben presente il
sentimento che provava per i genitori o per gli amici, ma sapeva che era altro
che cercava. Lo diceva chiaramente, lui voleva una ragazza che rompesse quella
solitudine che si portava dentro, quella ragazza che nei suoi sogni già
abbracciava e faceva sua, a volte prigioniera. La sua vita era riempita da
tante note: fame e sete, lotta, ricerca, sofferenza, desiderio, paura; infine
lo ammise: non so cosa vuol dire amare.
Ci
restava male, a volte si sentiva non all’altezza, eppure in lui non c’era niente
di male, è bello desiderare qualcuno, non è una cosa di cui vergognarsi, si
tratta però di far sì che il tutto non avvenga a caso e senza una ragione. Il
cammino era di aiutarlo a cogliere che dentro la ricerca, a volte portata
avanti in modo esagerato, risiedeva un qualcosa di profondo, una ricerca e una
fame che chiedeva di essere saziata da qualcosa che durasse per sempre.
Adam
così imparò che non necessariamente tutti i propri istinti andavano
immediatamente assecondati ma non per questo taciuti, che era possibile dire
che quella era una bella ragazza senza per questo volerla possedere.
Faceva
però fatica, si chiedeva che male c’era nel provare, nell’allenarsi in qualcosa
che nessuno gli aveva mai insegnato a fare bene e che ora finalmente poteva
scoprire. Si coglieva tanta forza ed energia, il pericolo era che esplodesse e
questo lo portasse l’ha dove non avrebbe trovato quello che veramente cercava.
Al termine di tante nostre chiacchierate se ne andava scoraggiato, lui pensava
che l’amore fosse rimanere folgorati dalla bellezza dell’altra, sedotto dal
corpo o dalle parole di chi si ama, sentire l’emozione di un cuore che batte a
mille, desiderare di fare proprio il corpo dell’altra. Non trovavo niente di
male in tutto questo, ma mi permettevo di aggiungere che era anche accogliere
l’altra lasciandola libera, chiedere permesso quando si entra nella vita di un
altro e attendere con trepidazione la sua decisione, volere sì il proprio bene
ma decidere di mettere per primo quello dell’altra, dare la propria vita prima
di chiedere l’altra, aspettare invece che pretendere, continuare ad offrirti
anche quando capita di venire rifiutati, dare senza contare quante volte lo si
fa, credere nell’altra dando fiducia, accettare anche di soffrire a volte
dimenticandosi di sé.
Adam
spesso sbuffava e di fronte a questi discorsi rimaneva molto amareggiato, lui
voleva tutto e subito. Di fronte alle tante sue paure, cercai di comunicargli
che quello di cui avevamo parlato non era un “tutto o niente”, che alla scuola
dell’amore ci si va facendo a volte anche un lungo percorso il cui traguardo è
molto bello, l’itinerario può essere anche impegnativo e tante volte una lotta.
Il
passo successivo avvenne quando incontrandomi, mi racconto dell’ultima storia
avuta, di come fosse finita un po’ rocambolescamente, di quella frecciatina che
lo aveva fatto sanguinare più di quanto si aspettava, si era sentito dire: tu
non ami altro che te stesso. Ci aveva riflettuto tutta la notte, stranamente
dentro di sé non provava il dolore dell’orgoglio ferito, ma al contempo l’amarezza e il non volersi arrendere di fronte
a una cosa che sentiva vera. Mi disse: è ora di cambiare strada.
La questione non è tanto l’amare
se stessi, ma quando questo chiude all’accoglienza dell’altra che diventa un
qualcosa che serve solo a un fine mio. Così anche le persone vengono trasformate
in cose da usare finché servono, da buttare via quando finiscono o scadono.
Nonostante questo a volte le cose in apparenza possono anche funzionare, ma
sono solo l’incontro di due “egoismi”, non di due cuori.
Gli presentai la battaglia che lo
aspettava, quella della ricerca di un’autentica libertà, del governo dei propri
desideri, di un amore non obbligato ma scelto. Così Adam, diversamente da
quanto tanti si sarebbero aspettati, accettò la sfida, non mancavano però le
sue obiezioni. Si chiedeva soprattutto dove stava l’amore in tutto questo visto
la grande fatica da fare, ci volle tempo per aiutarlo a capire che proprio
questi sforzi erano già l’amore da lui tanto cercato, come esso chiedesse di
passare attraverso tanti volti, quelli delle tante persone che ogni giorno
incontrava, perché per prepararsi ad amare la ragazza che ancora non sai chi
sia, occorre cominciare ad amare gli altri che ti sono accanto.
Ci volle un po’, probabilmente il
tempo necessario che è diverso per ogni ragazzo, ma qualcosa accadde. Rividi
Adam dopo un po’, contento mi disse che aveva finalmente capito il senso di
tante cose che in passato ci eravamo detti; mi parlò di un cammino che lo aveva
visto passare dal desiderare il piacere che una ragazza gli poteva dare, al cercare
poi qualcosa di più che lui definiva come “la tenerezza”, per scoprire che
ancora era troppo concentrato su di sé e così cominciò a lavorare anche per la
felicità degli altri, le ragazze finirono di essere degli oggetti e divennero
persone da mare per loro stesse.
Il cammino non era sicuramente
finito, sarebbe durato tutta la vita e non si sarebbe fermato con la scoperta
dell’altra che per sempre avrebbe occupato la vita. La strada da fare era
quella che ci eravamo detti tante volte, che oggi suonava più vera che mai in quelle
parole prese in prestito da Michel Quoist: per
amare, era necessario passare dal desiderio di prendere alla volontà di donare
e di accogliere.
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