lunedì 20 febbraio 2017

Viaggio alla scoperta dell’amore

La storia che vi racconto non è di nessun ragazzo in particolare, ma è quella di tanti giovani che in questi anni ho avuto il dono di poter accompagnare nella loro crescita, impegnati in un cammino a volte “misterioso” lungo il bel viale dell’amore, senza che loro stessi sapessero bene cosa volesse dire, ma dentro di loro qualcosa chiamava.
È la storia di Adam, di ogni ragazzo e ragazza, lui aveva ben presente il sentimento che provava per i genitori o per gli amici, ma sapeva che era altro che cercava. Lo diceva chiaramente, lui voleva una ragazza che rompesse quella solitudine che si portava dentro, quella ragazza che nei suoi sogni già abbracciava e faceva sua, a volte prigioniera. La sua vita era riempita da tante note: fame e sete, lotta, ricerca, sofferenza, desiderio, paura; infine lo ammise: non so cosa vuol dire amare.
Ci restava male, a volte si sentiva non all’altezza, eppure in lui non c’era niente di male, è bello desiderare qualcuno, non è una cosa di cui vergognarsi, si tratta però di far sì che il tutto non avvenga a caso e senza una ragione. Il cammino era di aiutarlo a cogliere che dentro la ricerca, a volte portata avanti in modo esagerato, risiedeva un qualcosa di profondo, una ricerca e una fame che chiedeva di essere saziata da qualcosa che durasse per sempre.
Adam così imparò che non necessariamente tutti i propri istinti andavano immediatamente assecondati ma non per questo taciuti, che era possibile dire che quella era una bella ragazza senza per questo volerla possedere.
Faceva però fatica, si chiedeva che male c’era nel provare, nell’allenarsi in qualcosa che nessuno gli aveva mai insegnato a fare bene e che ora finalmente poteva scoprire. Si coglieva tanta forza ed energia, il pericolo era che esplodesse e questo lo portasse l’ha dove non avrebbe trovato quello che veramente cercava. Al termine di tante nostre chiacchierate se ne andava scoraggiato, lui pensava che l’amore fosse rimanere folgorati dalla bellezza dell’altra, sedotto dal corpo o dalle parole di chi si ama, sentire l’emozione di un cuore che batte a mille, desiderare di fare proprio il corpo dell’altra. Non trovavo niente di male in tutto questo, ma mi permettevo di aggiungere che era anche accogliere l’altra lasciandola libera, chiedere permesso quando si entra nella vita di un altro e attendere con trepidazione la sua decisione, volere sì il proprio bene ma decidere di mettere per primo quello dell’altra, dare la propria vita prima di chiedere l’altra, aspettare invece che pretendere, continuare ad offrirti anche quando capita di venire rifiutati, dare senza contare quante volte lo si fa, credere nell’altra dando fiducia, accettare anche di soffrire a volte dimenticandosi di sé.
Adam spesso sbuffava e di fronte a questi discorsi rimaneva molto amareggiato, lui voleva tutto e subito. Di fronte alle tante sue paure, cercai di comunicargli che quello di cui avevamo parlato non era un “tutto o niente”, che alla scuola dell’amore ci si va facendo a volte anche un lungo percorso il cui traguardo è molto bello, l’itinerario può essere anche impegnativo e tante volte una lotta.
Il passo successivo avvenne quando incontrandomi, mi racconto dell’ultima storia avuta, di come fosse finita un po’ rocambolescamente, di quella frecciatina che lo aveva fatto sanguinare più di quanto si aspettava, si era sentito dire: tu non ami altro che te stesso. Ci aveva riflettuto tutta la notte, stranamente dentro di sé non provava il dolore dell’orgoglio ferito, ma al contempo  l’amarezza e il non volersi arrendere di fronte a una cosa che sentiva vera. Mi disse: è ora di cambiare strada.
La questione non è tanto l’amare se stessi, ma quando questo chiude all’accoglienza dell’altra che diventa un qualcosa che serve solo a un fine mio. Così anche le persone vengono trasformate in cose da usare finché servono, da buttare via quando finiscono o scadono. Nonostante questo a volte le cose in apparenza possono anche funzionare, ma sono solo l’incontro di due “egoismi”, non di due cuori.
Gli presentai la battaglia che lo aspettava, quella della ricerca di un’autentica libertà, del governo dei propri desideri, di un amore non obbligato ma scelto. Così Adam, diversamente da quanto tanti si sarebbero aspettati, accettò la sfida, non mancavano però le sue obiezioni. Si chiedeva soprattutto dove stava l’amore in tutto questo visto la grande fatica da fare, ci volle tempo per aiutarlo a capire che proprio questi sforzi erano già l’amore da lui tanto cercato, come esso chiedesse di passare attraverso tanti volti, quelli delle tante persone che ogni giorno incontrava, perché per prepararsi ad amare la ragazza che ancora non sai chi sia, occorre cominciare ad amare gli altri che ti sono accanto.
Ci volle un po’, probabilmente il tempo necessario che è diverso per ogni ragazzo, ma qualcosa accadde. Rividi Adam dopo un po’, contento mi disse che aveva finalmente capito il senso di tante cose che in passato ci eravamo detti; mi parlò di un cammino che lo aveva visto passare dal desiderare il piacere che una ragazza gli poteva dare, al cercare poi qualcosa di più che lui definiva come “la tenerezza”, per scoprire che ancora era troppo concentrato su di sé e così cominciò a lavorare anche per la felicità degli altri, le ragazze finirono di essere degli oggetti e divennero persone da mare per loro stesse.
Il cammino non era sicuramente finito, sarebbe durato tutta la vita e non si sarebbe fermato con la scoperta dell’altra che per sempre avrebbe occupato la vita. La strada da fare era quella che ci eravamo detti tante volte, che oggi suonava più vera che mai in quelle parole prese in prestito da Michel Quoist: per amare, era necessario passare dal desiderio di prendere alla volontà di donare e di accogliere.

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